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Vagit Alekperov

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Il cerchio magico di Vladimir Putin va in pezzi. Anche Vagit Alekperov, 71 anni, il numero uno della compagnia privata Lukoil (secondo produttore di greggio della Russia) ha deciso di farsi da parte presentando ieri le sue dimissioni dal ruolo di presidente e direttore. La società non ha rivelato il motivo della scelta di Alekperov.

Secondo indiscrezioni, non confermate ma nemmeno smentite, le dimissioni potrebbero essere la conseguenza indiretta del dissenso, mai manifestato pubblicamente a differenza di altri magnati russi, di Alekperov nei confronti di Putin per la guerra in Ucraina e la tempesta di sanzioni adottate dall’Occidente, che stanno colpendo inesorabilmente e pesantemente asset, risorse, compagnie e magnati russi e che rischiano di aumentare nei prossimi giorni con lo stop anche all’export di gas naturale e di petrolio di cui Mosca è tra i principali esportatori globali con, rispettivamente, il 25% e l’11%.

Che Alekperov goda del gradimento del Cremlino e del suo potente inquilino è confermato dalla presenza a molti vertici internazionali, incluse le riunioni dell’Opec, il gruppo che riunisce alcuni dei principali paesi produttori di greggio: la Russia, insieme all’Arabia Saudita, guida la versione estesa del cartello, chiamata Opec+.

La Lukoil (un fatturato 2021 di 125 miliardi di dollari, un risultato netto di 10,266 miliardi di dollari, 15,3 miliardi di barili di petrolio equivalente come riserve e oltre 101.000 dipendenti) è proprietaria di Isab (Industria Siciliana Asfalti e Bitumi), una società che possiede impianti di raffinazione, gassificazione e cogenerazione di energia elettrica a Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa.

Nella raffineria siciliana (la più grande d’Italia e la terza in Europa) lavorano complessivamente 3.500 persone (1.000 occupati direttamente e 2.500 nell’indotto impegnato nella manutenzione degli impianti) che, dopo le dimissioni di Alekperov temono ancor di più per il disimpegno della compagnia dalla Sicilia. La decisione ora passa al suo successore. Chi sarà? Ancora non è dato saperlo.

Claudio Spinaci, presidente dell’Unione energie per la mobilità ha dichiarato nei giorni scorsi al Il Sole 24 Ore che, di norma, Isab acquistava greggio dalla Russia per meno del 20% del suo fabbisogno. Oggi, però, «è costretta ad acquistarne la quasi totalità per le difficoltà che sta incontrando con gli istituti finanziari sulle linee di credito e su altri strumenti finanziari, nonostante non sia destinataria di misure sanzionatorie». Spinaci sostiene che la situazione per la società potrebbe «diventare insostenibile» in assenza di un intervento del governo.

La Commissione europea sta valutando il divieto di importazione di petrolio dalla Russia come ritorsione all’invasione dell’Ucraina: la mossa mira ad aumentare la pressione sull’economia russa, colpendo la sua fonte di entrate più importante, e a facilitare le trattative tra il Cremlino e l’Ucraina per il cessate-il-fuoco. Nelle settimane precedenti allo scoppio della guerra in Ucraina, però, il futuro di Lukoil era già incerto. Secondo la Confindustria di Siracusa, l’azienda stava già valutando di andare via a causa del piano per la riconversione energetica che non prevede aiuti per la raffinazione, per cui gli investimenti previsti nella zona industriale siracusana sarebbero fortemente a rischio e potrebbero essere dirottati altrove.

L’Ue e l’Italia, nel piano di Transizione energetica, hanno “tagliato” il petrolio: a partire dal 2035 saranno bandite la vendita di veicoli alimentati a benzina e a diesel. «Fino al 2050 avremo sempre bisogno del petrolio, per cui ci ritroveremmo ad importare prodotti petroliferi, tra cui benzina e gasolio dai paesi in cui non ci saranno restrizioni, tra cui Cina ed Africa» dice il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona. Prima che scoppiasse la guerra, la Camera dei deputati ha approvato la mozione per la Transizione giusta che impegna il governo a concedere aiuti per la riconversione delle aziende legate alla raffinazione, alla chimica, al cemento e all’acciaio.

Un atto politico forte, considerato che la mozione porta la firma di 44 parlamentari di ogni schieramento politico. Questo piano, se adottato dal governo, prevede un pacchetto di investimenti e «comprende 7,5 miliardi di euro dal quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e 10 miliardi di euro supplementari dallo strumento europeo per la ripresa» spiegano i parlamentari. Insomma, sarebbero sufficienti per rimettere in moto il Petrolchimico e riconvertirlo, come chiedono le aziende, tra cui la Sonatrach, altro colosso della raffinazione.

In Italia, Lukoil ha acquisito nel 2008 dalla Erg il 49% dello stabilimento petrolchimico di Priolo Gargallo e la rete delle stazioni di servizio. Attraverso l’esercizio di successive opzioni put sulle restanti quote Erg, la partecipazione di Lukoil nella joint-venture ISAB è cresciuta al 60% nel 2011. Nel settembre 2012 ha acquistato l’80% delle quote, lasciando alla Erg solo il 20% della proprietà.

Forse non sapremo mai se le dimissioni di Alekperov sono espressione di disaccordo nei confronti di Putin, mentre è certo che altri oligarchi russi, i cui patrimoni in Europa sono stati sequestrati, hanno manifestato il loro dissenso nei confronti del Cremlino. Tra questi Alexei Mordashov (azionista di maggioranza del gruppo dell’acciaio Severstal), Oleg Tinkov (Tinkoff Bank), Michail Frudman (Alfa Bank), Oleg Deripaska (Basic Element) e Dmitry e Igor Bukhman (Playrix).


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