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Vladimir Putin

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Vladimir Putin sulla scacchiera della guerra gioca la mossa del cavallo per neutralizzare l’effetto delle sanzioni. Ha annunciato che la Russia accetterà per il gas pagamenti solo in rubli dai Paesi considerati ostili: vale a dire Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito e Svizzera. Dopo l’annuncio i prezzi del gas sono schizzati al rialzo con un incremento di oltre il 30%, superando i 125 euro per megawatt/ora. In serata è tornato un po’ indietro fermandosi intorno a 114 euro. Putin ha ordinato che i cambiamenti per rendere possibile i pagamenti in rubli siano attuati nel giro di una settimana.

Cambierà la moneta ma non le forniture che resteranno inalterate. Ogni giorno i Paesi europei versano alla Russia circa un miliardo di euro per gli acquisti di gas e petrolio. Da ora in avanti potrebbero essere costretti a pagare in rublo. L’obiettivo è quello di creare una domanda obbligata di moneta russa sollevando la Banca centrale di Mosca dalla necessità di intervenire a sostegno della moneta nazionale. Un lento dissanguamento che ovviamente aveva allarmato la governatrice Elvira Nobiulina sul cui destino si è sviluppato un giallo internazionale. Fonti attendibili parlano di ben due lettere di dimissioni inviate a Putin subito dopo l’inizio delle ostilità. La Nobiulina giudicava troppo debole l’economia della Federazione per sostenere le spese di una guerra e della successiva occupazione dell’Ucraina. Entrambe le lettere sono state respinte e anzi il Cremlino ha deciso di confermarla per un altro mandato di cinque anni.
Tuttavia qualche crepa comincia a prodursi nel cerchio dei collaboratori di Putin. Ieri è stata confermata l’uscita di Analtoly Chubais, inviato di Putin per il clima. E’ la prima defezione, per quanto marginale, dal governo russo. Tuttavia si tratta di una figura marginale nel cerchio del potere dell’autocrate russo.

La partita grossa si gioca sul forniture di energia e sul loro pagamento. Ieri, dopo l’annuncio di Putin, il rublo è schizzato verso l’alto: la quotazione è scesa da 140 per un dollaro a meno di cento. Un livello, comunque ben lontano dal cambio di 75 cui viaggiava prima della guerra.

Mosca mette l’Europa di fronte a una mano di poker tutta basata su bluff e contro-bluff: davvero Bruxelles ha in mano un’alternativa valida al gas russo oppure naviga a vista, fra Qatar, Algeria e Israele? Se i Paesi dell’Unione dovessero cedere al ricatto e pagare in rubli, la disfatta sarebbe doppia. Svelerebbe il bluff sullo stop alla dipendenza dalla Russia da raggiungere entro l’anno e metterebbe la Ue nella sgradevole posizione di imporre sanzioni spacciate per bazooka ma ridotte a mera pistola ad acqua, proprio dall’apprezzamento della divisa russa grazie alla domanda europea. Senza contare il fatto che la bolletta energetica, pagata con una moneta debolissima come il rublo, andrebbe alle stelle alimentando l’inflazione e facendo scendere il Pil. Ed è proprio su questo fronte che Putin conta di ottenere la sua vittoria più grande: la maggior parte dei 630 miliardi di dollari di riserve valutarie della Federazione è stata bloccata dalle sanzioni nelle banche occidentali. L’obiettivo è arrivare al lento strangolamento dell’economia russa che tanto preoccupa la governatrice Elvira Nabulina.

L’obbligo di pagare in valuta nazionale renderebbe le sanzioni irrilevanti: a sostenere il rublo (e tutta l’economia) sarebbero Fed e Bce costrette a vendere dollari ed euro per acquistare la moneta russa. Non è chiaro come Mosca possa costringere i suoi clienti a cambiare valuta di pagamento. È vero infatti che il taglio delle forniture provocherebbe grandi disagi all’Europa, ma il Cremlino vedrebbe crollare le sue entrate. Inoltre l’approvvigionamento di rubli per gli stati occidentali e le loro aziende potrebbe essere difficile se non impossibile. Il commercio nella valuta russa è stato gravemente ostacolato dalle sanzioni e dai controlli sui capitali della Russia. La mossa è mirata ad aumentare il valore del rublo e ridurre la dipendenza della Russia dal sistema finanziario di Ue Usa. Tuttavia lo svantaggio è che ridurrebbe ulteriormente il già basso afflusso di valute forti necessarie a Mosca per pagare le importazioni. Un passo decisivo verso quell’autarchia che trasformerebbe la Russia in una gigantesca Corea del Nord: avulsa dai circuiti commerciali e finanziari mondiali, governata da un dittatore e potentemente armata.


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