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Macron e Draghi

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Attenti a quei due. Con un editoriale sul Financial Times a doppia firma Draghi-Macron, Italia e Francia aprono la battaglia sulle regole del bilancio europeo. Il messaggio è chiaro – la ripresa non si può garantire attraverso tagli insostenibili – ed è diretta alla Germania ai Paesi “frugali” che dopo la pandemia vogliono tornare a bilanci austeri di una volta, cioè a prenderci per la gola.

Draghi si è accorto subito che con il nuovo governo post-Merkel in Germania era cambiata la musica. In un primo momento la visita del nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz a Roma aveva fatto sperare in un nuovo corso della Germania sulle regole fiscali europee, accusate di promuovere l’austerity frenando la crescita dei Paesi del Sud.

Ma per il momento Berlino non intende toccare il Patto di stabilità: “Le norme che abbiamo hanno già la loro flessibilità, sulla loro base possiamo lavorare anche in futuro”, ha detto il leader socialista. Che è poi quello che a Bruxelles i sostenitori del rigore dei conti ripetono da 20 anni.

Va letto anche in questo contesto la presa di posizione, per certi versi inedita, dei leader di Francia e Italia sulle colonne del Financial Times: “Il Patto ha fallito”, è in sintesi quanto hanno scritto il presidente francese Emmanuel Macron e il premier italiano Mario Draghi in un editoriale congiunto sul quotidiano britannico. Che sa molto di risposta a Scholz e ai falchi del suo governo, a partire del nuovo ministro delle Finanze, il liberaldemocratico (e liberista) Christian Lindner.

Già prima della pandemia, le regole di bilancio dell’Ue andavano riformate – ricordano Macron e Draghi – Sono troppo opache ed eccessivamente complesse. Hanno limitato il campo d’azione dei Governi durante le crisi e sovraccaricato di responsabilità la politica monetaria”. I due leader insistono sulla necessità di “una strategia di crescita dell’Ue per il prossimo decennio e dobbiamo essere pronti ad attuarla attraverso investimenti comuni, regole più adatte e un miglior coordinamento, non solo durante le crisi”.

“Le nuove proposte meriteranno una discussione approfondita, non offuscata da ideologie, con l’obiettivo di servire al meglio gli interessi dell’Ue nel suo insieme”, scrivono ancora Draghi e Macron, ricordando che “l’Unione è stata spesso accusata di fare troppo poco e agire troppo tardi nell’affrontare le crisi”. In realtà, sottolineano “la risposta collettiva alla recessione causata dal Covid-19 non è stata né troppo poco, né è arrivata troppo tardi: piuttosto, ha dimostrato l’importanza di agire in modo tempestivo e coraggioso. E ha confermato i vantaggi di un coordinamento nelle politiche tra Paesi e istituzioni”.

Draghi e Macron sfoggiano anche ottimismo. Il premier italiano e il presidente francese ritengono che la ripresa sia “ben avviata: l’economia dell’Ue non è ancora sulla traiettoria che aveva prima della pandemia, ma è sulla buona strada per tornare ai livelli pre-crisi nei prossimi mesi”. “In Italia e in Francia – sostengono i due leader – abbiamo già realizzato riforme ambiziose per proteggere i cittadini e aiutarli a realizzare il loro potenziale, e abbiamo già ottenuto risultati tangibili”.

Ma adesso, scrivono, bisogna andare oltre. Come? “Dobbiamo accelerare il programma di riforme e completare questa trasformazione con investimenti su larga scala nella ricerca, nelle infrastrutture, nella digitalizzazione e nella difesa”. Un riferimento non solo europeo ma anche al Patto del Quirinale tra Francia e Italia.

E poi la stoccata. Le regole fiscali europee, oscure e complesse, devono essere riformate. “Dobbiamo costruire un’Europa più forte, sostenibile e giusta”, osservano Draghi e Macron. “Non c’è dubbio sulla necessità di ridurre il livello del nostro indebitamento – scrivono Draghi e Macron – ma non possiamo pensare farlo attraverso maggiori tasse o tagli insostenibili alla spesa sociale”. “Piuttosto – continuano – la nostra strategia è quella di mantenere sotto controllo la spesa pubblica ricorrente attraverso riforme strutturali ragionevoli. Così come non abbiamo permesso che le regole ostacolassero la nostra risposta alla pandemia, allo stesso modo non dovranno impedirci di intraprendere tutti gli investimenti necessari”, sostengono Draghi e Macron, secondo i quali “il debito per finanziare tali investimenti, che certamente gioveranno alle generazioni future e alla crescita di lungo termine, dovrà essere favorito dalle regole di bilancio, dato che questo tipo di spesa pubblica contribuisce alla sostenibilità di lungo termine del debito”.

Come ricordano nella lettera, da gennaio a giugno prossimi la Francia guiderà i lavori del Consiglio Ue, ossia l’organo dove i 27 governi nazionali approvano in via definitiva le regole comuni. Ma pensare che una riforma del Patto, sospeso a tempo indeterminato con lo scoppio della pandemia, possa arrivare in tempi brevi è forse troppo. La Commissione europea ha lanciato una consultazione, e i negoziati sono in corso da tempo. Macron proverà, di concerto con l’Italia, a sviluppare “una strategia condivisa e completa per il futuro dell’Unione” nei sei mesi a disposizione, nella speranza che possa accelerare un accordo tra Paesi del Sud e frugali prima del ritorno in vigore del Patto”.

Tutto molto bello, tutto molto giusto, ma in aprile in Francia si va a votare per il presidente e Macron dovrà superare l’ostacolo di Marine Le Pen, senza sottovalutare i repubblicani, dati in ripresa, oltre alla mina vagante Éric Zemmour.


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