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Vladimir Putin

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La sconfitta a Nord di Kiev e le ingenti perdite subite hanno indotto la Russia a ridimensionare gli obiettivi dell’aggressione all’Ucraina e a modificare la strategia operativa e la tattica adottate. La “seconda fase” delle operazioni – quella che vede le forze russe concentrate nella battaglia del Donbas – è diversa dalla prima. Lo è però meno di quanto si prevedesse. Si pensava che il comando russo volesse accerchiare, per poi distruggere, la decina-dozzina di brigate ucraine schierate a Ovest della provincia di Luhansk – con una rapida offensiva a tenaglia da Nord, da Izyum, e da Sud, da Donetsk. Invece, non ha concentrato le forze per sfondare il fronte. Forse vuole risparmiare le sue fanterie. Sta effettuando un attacco frontale su tutto il fronte (oltre 200 km), basato su una grande potenza di fuoco di artiglieria, lanciarazzi e aereo, senza impegnare fanteria e forze corazzate.

La velocità d’avanzata russa è molto ridotta (circa 2 km al giorno, rispetto ai 20 previsti dalla loro regolamentazione tattica). In tal modo, può rischierare artiglierie e lanciarazzi e, soprattutto, far affluire ai loro schieramenti il munizionamento necessario. La battaglia è divenuta sostanzialmente un duello fra le artiglierie contrapposte. Le azioni principali consistono nella controbatteria, cioè nel distruggere o obbligare a spostarsi le artiglierie nemiche. Essa è prioritaria rispetto al bombardamento delle fanterie e delle vie di rifornimento nemiche. Non si conoscono i risultati dell’azione in corso. Entrambe le parti mantengono riservate le perdite subite. Certamente sono ingenti sia per i russi che per gli ucraini.

Anche l’Ucraina ha adattato la sua tattica. Il baricentro delle operazioni si è spostato da un lato nel Donbass, dall’altro nell’Oblast di Kherson verso Odessa. Continua la disperata resistenza del paio di migliaia di ucraini a Mariupol, nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal. Fissano fra sette e dieci battaglioni russi, rendendoli indisponibili per le offensive russe nel Donbass, o lungo la costa del Mar Nero. Tendono a resistere almeno fino al 9 maggio, per guastare a Putin la Cerimonia della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica contro la Germania nazista. Per guastargli la festa, gli ucraini stanno effettuando contrattacchi, soprattutto nell’area di Kharkiv.

Putin ha ridimensionato i suoi obiettivi iniziali. Dalla “de-nazificazione”, in pratica dall’annessione dell’Ucraina, dal mutamento del suo regime politico e dalla sua trasformazione in Stato vassallo della Russia, oggi sembra proporsi “solo” la conquista delle regioni – dal Donbas a Odessa – storicamente parte della “Novorossija” di Caterina la Grande.

Anche l’Ucraina e i suoi sostenitori hanno precisi obiettivi e strategie. Sono quelli brillantemente descritti da Danilo Taino sul Corriere della Sera del 6 maggio. In pratica, sono quelli che si pone ogni Stato aggredito da un nemico più potente e che sa di non poterlo sconfiggere completamente, costringendolo alla resa e al completo ripristino della situazione quo ante. L’Ucraina ne è consapevole, come lo sono i suoi alleati. Essi sono contrari non solo all’invio di truppe, ma anche ad ogni azione che possa provocare inevitabilmente un’escalation. Forniscono le armi necessarie all’Ucraina per resistere e provvedono all’addestramento, al supporto di intelligence, all’infowar e alla cyberwar, cioè alle attività che l’URSS aveva effettuato a favore dei Vietcong contro gli USA. Non si tratta di “cobelligeranza”, come sostengono invece taluni azzeccagarbugli nostrani, così come il Lend and Lease Act non comportava la cobelligeranza degli USA con l’UK contro la Germania e l’Italia.

L’entità del territorio che rimarrà occupato dai russi sarà definito dagli eventi sul campo di battaglia e dai negoziati quando questi ultimi saranno ritenuti opportuni da Putin e Zelensky. Qualsiasi negoziato definirà una linea di separazione, garantita internazionalmente. In pratica, dagli USA. Per evitare la ripresa dell’aggressione e rendere sostenibile la garanzia, è necessario che i russi vengano sufficientemente indeboliti. E’ quanto ha detto il Segretario alla Difesa USA, Lloyd Davis, nella conferenza di Ramstein. A parer mio, si trattava di un’affermazione abbastanza innocua, ma che ha sollevato proteste e critiche da parte del “partito putiniano”. Tutto in Italia fa brodo per le “baruffe chiozzotte” della politica interna, insensibili allo scherno che causano verso il nostro Paese.

Nella “grande battaglia” del Donbas, si fronteggiano le migliori unità ucraine e russe, all’incirca 40.000 delle prime, contro 120-150.000 delle seconde. Gli esiti sono incerti. Il terreno è più aperto e meno suscettibile a inondazioni di quello della vallata del Dnepr a Nord di Kiev. I corazzati russi possono muovere fuori strada. Le vie di rifornimento sono più brevi per i russi. La popolazione è meno russofoba. La resistenza ucraina può avvalersi di una fitta rete di fortificazioni campali e può concentrarsi negli incroci stradali rappresentati da villaggi fortificati.

I russi hanno semplificato la loro catena di comando, con la nomina di un comandante in capo in Ucraina. Prima era accentrata su Mosca che, a 700 km di distanza, dava ordini ad armate e divisioni. Essa era spesso priva di una visione aggiornata della situazione. Si basava su informazioni inesatte o obsolete. Incontrava difficoltà anche per le sorprendenti capacità dimostrate dagli ucraini nella “guerra elettronica”. Sono state esse a obbligare i generali russi ad abbandonare i loro posti comando e a raggiungere le prime linee, dove hanno subito varie perdite ad opera dei tiratori scelti ucraini, ai quali soprattutto l’UK aveva fornito fucili di precisione a lunga gittata. La “caccia al generale” attribuita all’intelligence USA e UK è una “balla”. Le unità ucraine avanzate hanno nuclei di tiratori scelti, specializzati nell’uccisione dei “capelli grigi”, cioè degli ufficiali di una certa età, preparati in vista della condotta da parte degli ucraini di una guerra di guerriglia, dato che nessuno pensava che avrebbero resistito con tanto vigore.

La tattica impiegata dai russi nel Donbass è quella tradizionale russa del “rullo compressore”. La battaglia è stata finora soprattutto una fra le opposte artiglierie. La Russia ha una superiorità di fuoco, senza tener conto dell’apporto degli aerei e dei missili, di almeno 5:1. In realtà la superiorità è maggiore se si considera l’enorme quantità di munizioni di cui dispongono i russi rispetto agli ucraini. Sembra che i russi necessitino da 25 a 30.000 ton di munizioni al giorno. Gli ucraini ne hanno molto meno. Compensano, in parte, questa loro inferiorità, con la maggiore precisione della loro intelligence e con l’impiego dei drones-kamikaze forniti dagli USA per azioni di controbatteria e, soprattutto, per la distruzione dei convogli russi di rifornimento munizioni. Stanno ricevendo gli M777, obici americani da 155 mm, e radar contro-artiglierie. E’ preannunciato l’arrivo dei semoventi M-109 italiani e dei pezzi d’artiglieria più moderni al mondo: gli Archer svedesi r i Caesar francesi. Tutti e tre sono semoventi, quindi in grado di sparare e di cambiare posizione prima che l’artiglieria russa, che ha tempi di reazione di 4.5 minuti, possa aprire il fuoco. In ogni modo, in questa guerra di logoramento, l’Ucraina dovrà fare affidamento sul valore delle proprie fanterie, capaci di assorbire un numero di perdite superiore a quello delle fanterie russe e, comunque, di quelle che Putin può permettersi.


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