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L'esercito russo a Kiev

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La Cina è l’unica potenza che potrebbe esercitare una pressione su Mosca per indurla a cessare il fuoco, a ritirare le sue truppe nei territori in cui si trovavano prima dell’inizio dell’aggressione e a iniziare serie trattative di pace con l’Ucraina. Perché? Perché a Putin non è rimasto altro amico importante se non la Cina. L’India è troppo infida e ricattabile dagli Usa e dall’Europa.

Su quali basi potrebbero iniziare serie trattative di pace? A parer mio, le proposte presentate da Zelensky possono costituirne una base: cessazione delle ostilità e ritiro delle forze russe sulle posizioni del 23 febbraio contro neutralità garantita da potenze esterne, rinuncia alle armi nucleari e alla Nato, rispetto della lingua russa, decisione entro 15 anni dello status della Crimea e delle repubbliche secessioniste di Donetsk e Luhansk. In caso di successo ucraino nella seconda fase, gli Usa saranno sempre in grado di imporre a Zelensky di non aumentare le sue richieste di base.

LE MILLE MAGAGNE RUSSE

Perché non sono stati allora già avviati negoziati concreti? Attualmente non esistono i presupposti né per il loro inizio né per il successo di pressioni della Cina sulla Russia. Si determineranno solo se le forze russe saranno sconfitte nella seconda fase dell’aggressione: quella iniziata dopo il ripiegamento da Kiev e il riposizionamento delle forze per attaccare il Donbas a Est e forse Odessa a Sud.

Una vittoria russa non farebbe invece cessare il conflitto. Di certo, consentirebbe l’occupazione russa dell’Ucraina orientale, a Est del Dniepr. Ma gli ucraini continuerebbero a combattere una guerra di guerriglia, sostenuta dall’Occidente. Potrebbe durare anni, fino alla completa “rieducazione”, come dicono i russi, del popolo ucraino, che potrebbe richiedere 25 anni.

A parer mio, non è detto che i russi, pur avendo raschiato il fondo del barile delle forze disponibili, ce la facciano a eliminare il grosso dell’esercito ucraino concentrato fra Kharkiv, Luhansk e Dniepro, a meno che non ricorrano a una massiccia mobilitazione di riservisti.

Resta un grande problema, già apparso in tutta la sua gravità nella prima fase dell’Aggressione russa. Forse per non dividere con altri il merito di una vittoria ritenuta sicura, non è stato nominato un comandante in capo delle operazioni in Ucraina. Le grandi unità sono comandate dal Cremlino, forse direttamente da Putin, cioè da 6-700 km di distanza dal fronte. È così mancata la possibilità di manovrare le forze fra le varie direttrici d’attacco e anche di concentrarle all’interno di ciascuna.

L’integrazione interforze è stata carente. Esercito, Marina e Aeronautica non hanno una pianificazione congiunta. Non si scambiano neppure le informazioni, come nel caso della nave anfibia Orsk, andata ad ancorarsi in un porto che le unità terrestri avevano detto di aver conquistato, mentre era ancora pieno di artiglieria ucraina. Mi sembra che, per motivi che ignoro, non si sia provveduto a porre rimedio a questo caos. È probabile, quindi, che esso pesi negativamente sui risultati conseguibili nel prossimo attacco russo.

CINA IN AGGUATO A FARI SPENTI

Perché la Cina dovrebbe impegnarsi per la pace in Ucraina? Un conflitto prolungato rischia di coinvolgerla. A parer mio, Xi Jinping dovrebbe avvertire Putin che la loro «eterna amicizia senza limiti» decadrebbe qualora ricorresse all’uso di armi di distruzione di massa (biologiche, chimiche e soprattutto nucleari), che potrebbero provocare un’escalation del conflitto con gli Usa.

La Cina non vuol farsi coinvolgere in una guerra mondiale. Esperti strategici cinesi hanno fatto ripetutamente cenno alla Germania guglielmina, trascinata nella I Guerra mondiale dall’avventurismo austriaco. Xi Jinping, profondo conoscitore di Sun Zu, il “Clausewitz cinese”, è di certo d’accordo.

Una vittoria ucraina sarebbe considerata una vittoria degli Usa. Evidentemente Xi non lo vuole. Solo un accordo con gli Usa di sponsorizzazione congiunta dei negoziati fra Russia e Ucraina potrebbe evitarlo. Ciò consentirebbe a Pechino di partecipare al prestigio del “responsabile costruttore di pace”.

Finora Xi Jinping ha seguito una cauta strategia di “attesa strategica”, pur rimanendo fedele all’«eterna amicizia» con Putin. Ha sostenuto la Russia, “mandando al diavolo” Biden quando gli aveva telefonicamente chiesto di non fornirle armi e di non aiutarla ad aggirare le sanzioni occidentali.

Ha sostenuto che l’aggressione all’Ucraina era giustificata dalle preoccupazioni di sicurezza russe e dalle provocazioni degli Usa e della Nato. Ha però ribadito la fedeltà cinese ai principi di sovranità e d’integrità territoriale ucraina e si è astenuta all’Onu nella mozione che condannava Mosca per la sua aggressione. Non ha nemmeno condannato- seppure con un certo imbarazzo – le violenze e le stragi di civili compiute dalle forze russe.

Sta approfittando della debolezza di Mosca per comprare taluni suoi gioielli industriali a prezzo di svendita. Sinopec, la grande società petrolifera cinese, ha dilazionato alcuni investimenti in Russia. L’amicizia non diventerà alleanza, Anzi, è prevedibile che con il tempo i rapporti fra Pechino e Mosca si raffreddino, come avvenuto negli anni ’60 dello scorso secolo.

XI JINPING DELUSO

Pur non rinnegando gli accordi di «perenne amicizia» presi con Putin il 4 febbraio, la Cina sta certamente considerando che il suo commercio con gli Usa e con la Ue ha un valore di oltre dieci volte maggiore di quello con la Russia, che un atteggiamento troppo favorevole a Putin sarebbe considerato una “pugnalata” da parte dell’Ucraina (che aveva aiutato la Cina per la sua prima portaerei e per il reverse engineering del Su-27) e che manderebbe a monte l’accordo “17+1” con gli Stati dell’Europa Orientale, fondamentale per la Bri e il suo raggiungimento dei ricchi mercati dell’Europa occidentale, nonché per i rapporti economici fra la Cina e la Ue.

La Cina deve essere rimasta inorridita per il fallimento del piano di Putin di aggressione dell’Ucraina. Xi Jingping ne era a conoscenza. Aveva creduto alle affermazioni di Putin che la questione si sarebbe risolta in poco tempo e aveva chiesto solo che l’attacco iniziasse dopo la chiusura dei Giochi Olimpici Invernali. Sperava certamente in una rapida vittoria russa, che avrebbe umiliato nuovamente gli Usa e l’Europa, che Xi considera in inarrestabile declino. Nel contempo, essa avrebbe allontanato l’incubo di una Russia alleata dell’Occidente contro la Cina, come era stato proposto da Trump e da Macron.

PUTIN SI DIA UNA REGOLATA

Certamente alla proposta di Biden di collaborare al processo di pace in Ucraina, Xi gli aveva risposto: «Come fai a pensare che io ti aiuti a vincere un tuo nemico, dato che una volta che ti sarai liberato di esso, potrai concentrare le tue forze contro di me?». Ma con un fallimento della seconda fase dell’aggressione russa Xi Jinping perderebbe ogni fiducia in Putin. Sa benissimo di non potere sfidare la forza del dollaro e le inevitabili “sanzioni extraterritoriali” americane, che la escluderebbero di fatto dai più ricchi mercati mondiali. L’economia cinese non può permetterselo, soprattutto nel periodo di crisi che sta attraversando.

I fatti che più stanno influendo sul mutamento della posizione cinese sono la dimostrazione dell’incredibile debolezza della Russia e la caduta della sua reputazione nel mondo. A nessuno conviene avere alleati deboli. Inoltre, Pechino domina già economicamente la Russia e teme di doverla mantenere, Che cosa può guadagnarci dal sostenerla, rischiando anche le “sanzioni extraterritoriali” americane, in un periodo di crisi economica come quello che sta attraversando? Ben poco. Putin dovrebbe ormai rendersene conto e “darsi una regolata”.


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