Militari in missione all'estero
7 minuti per la letturaÈ di gran moda fra tutti coloro che in un modo nell’altro non credono realmente nella democrazia rappresentativa o parlamentare tipica dell’occidente ripetere come un mantra che la democrazia non si esporta con le armi. Chi lo dice, un nome a caso quello di Enrico Letta, implicitamente pensa che non tutti gli esseri umani siano adatti alla democrazia o perché non la meritano o perché sono di un rango inferiore rispetto a quello dei popoli padroni che ci sono dati questa forma di governo e che tendono a diffidare di qualsiasi regime fondato sulla prepotenza e la forza.
Un caso per tutti, quello del Giappone. Il Giappone prima della guerra cominciata nel 1941 e terminata con la resa senza condizioni dopo un duplice attacco atomico, si vide imporre a mano armata dagli americani la democrazia parlamentare così come si pratica in ogni paese dell’occidente. Fu il generale Mac Arthur con la pistola in pugno ad intimare allo stesso imperatore celeste di firmare uno strano libretto chiamato costituzione e che lui stesso, il generale, si premurò di dettare che di correggere. Poi Mac Arthur fece edificare un Parlamento e ne spiegò l’uso. Fece fare dei codici penali e civili in linea con quelli del nostro emisfero e la cosa più straordinaria e felice di questa imposizione fu che da allora il Giappone è un perfetto stato democratico con libere elezioni, primi ministri che raggiungono o perdono la maggioranza nel Parlamento, sicché sono trascorsi ormai due generazioni di giapponesi e si è perso completamente il ricordo del vecchio stato fondato su una dittatura militare autonoma da qualsiasi potere civile compreso quello dello stesso imperatore che poteva muovere guerra a chiunque senza dover rispondere mai al suo stesso popolo.
In Giappone da allora è diventato una grande potenza occidentale tecnologica culturale e tutti siamo felici che giapponesi abbiano imparato talmente bene da avere ormai di che farci lezione.
Qualcuno ha da ridire su questo processo l’interrogativo e poi: forse che non è stata imposta con le armi la democrazia i paesi come l’Italia e la Germania che avevano iniziato il più immane conflitto della storia dell’umanità? Certo, la parte tedesca occupata dall’Unione sovietica non ebbe subito questo privilegio perché ad essa fu imposto un finto regime democratico che stava tutto quanto solo nel suo nome: Repubblica democratica tedesca. Ma di fatto era una dittatura del partito comunista tedesco allo scrupoloso servizio dell’unione sovietica.
L’unione sovietica era così attenta quello che succedeva in questa sua colonia tedesca da mantenere nella città di Dresda una centrale del KGB particolarmente addestrata e guidata nel momento in cui quello stato si risolse da tenente colonnello Vladimir Putin. Soltanto quando Mikhail Gorbaciov acconsentì a sganciare tutti i paesi dell’est europeo affinché tornassero all’autonomia e alla libertà, la democrazia tornò anche in Polonia Ungheria Cecoslovacchia Romania e persino nell’ultra-fedele Bulgaria.
Tutti questi paesi hanno firmato i due anni fa un documento che è stato discusso e approvato con molta riluttanza dal Parlamento dell’unione europea in cui hanno ottenuto il riconoscimento di paesi che dopo le angherie nazista, avevano anche dovuto subire quelle comuniste. È stato allora che si aprirà una grottesca discussione perché tutti comunisti occidentali insorsero in nome del principio secondo cui non è possibile equiparare nazionalsocialismo tedesco e dittatura comunista sovietica. Di fatto la mozione passò e anche i deputati del partito democratico italiani la votarono salvo precisare che non erano poi totalmente convinti di quel che facevano. Che cosa significa questo interrogativo significa che la dove la forza delle armi occidentali principalmente quella americana e inglese non riuscirono ad imporre subito una costituzione democratica parlamentare fondata sulla molteplicità e pluralità dei partiti e delle idee e della rappresentanza attraverso libere elezioni, quei paesi non poterono ottenere subito ciò che noi avevamo già ottenuto nel 1946. Ma c’è di più: americani e inglesi litigarono aspramente fra loro sulla questione se l’Italia avesse dovuto mantenere un monarca come capo dello Stato o dovesse diventare una Repubblica.
Tutti sappiamo che vinse la Repubblica con il referendum del 1946 contestatissimo e di cui è lecito sospettare un massiccio broglio per far vincere i repubblicani e cacciare i Savoia. Ma ciò che si nasconda dietro quel risultato e il fatto che nella lite violenta fra Truman presidente americano succeduto a Roosevelt e Winston Churchill e poi il suo successore laburista, gli americani vinsero perché odiavano i re e le monarchie, detestavano le colonie e imposero alla Gran Bretagna di rinunciare al suo impero perché questi erano i patti in forza dei quali gli Stati Uniti avevano aiutato Londra a resistere contro la Germania. Sono state le armi a vincere.
La retorica sostiene che furono le armi della guerra di resistenza a portare alla democrazia. Non è così, perché la resistenza fu un grande evento etico e politico in ma certamente non fu in grado di vincere i tedeschi che furono invece battuti dalle armate inglesi, americane e resino francesi. Comunque, la retorica successiva ha insegnato e tuttora insegna che la Repubblica italiana è una democrazia figlia di una guerra: la guerra di Resistenza. Dunque, come è possibile fare affermazioni così assurde come quella secondo cui i regimi dittatoriali e i dispotismi di qualsiasi natura, religiosa o politica, sono semplicemente delle espressioni indi autonoma e genuina conseguenza della natura dei popoli cui si applicano?
Secondo questa assoluta sciocchezza si darebbero dunque popoli di serie AE di serie B, aggiungiamo anche una serie C e se volete possiamo andare anche oltre in cui soltanto quelli della serie a sono degni di avere una democrazia perché se la sono costruita da soli. Gli unici popoli che si sono costruiti da soli la democrazia sono stati quelli di lingua inglese e tutti gli altri sono venuti dietro con grande ritardo se solo pensiamo gli esiti immediati della Rivoluzione francese che portarono prima al terrore e poi alla lunga dittatura militare del Bonaparte. È molto strano che pochi abbiano il coraggio di protestare contro questo slogan miserabile, quello secondo cui la democrazia non si esporta. La storia insegna che la democrazia si esporta. È preferibile che nasca come un frutto genuino locale, ma non è detto.
Certamente se l’India e un paese estremamente complesso, culturalmente elevato, con grandissime sacche di sofferenza ma anche di eccellenza, dobbiamo ricordare che quel Paese fu amministrato introducendo le regole della democrazia parlamentare imposte dal colonizzatore in inglese nel quale le aveva già imposte in precedenza alle sue colonie americane da cui nacquero gli Stati Uniti, che disponevano già tutte delle loro elezioni locali e generali, che leggevano i congressi e disponevano persino di un grande esercito territoriale comandato da un certo generale George Washington che prima di insorgere contro la patria coloniale britannica indossava con orgoglio una uniforme blu solo nel colore diversa da quella delle giubbe rosse.
È un fatto che tutte le democrazie di lingua inglese siano figlie di colonizzazioni più o meno violente perché sostenute anche dalle baionette. Non stiamo dicendo ovviamente che le baionette siano buone. Il fatto è che le baionette possono portare risultati fra loro opposti. Ma laddove la democrazia è stata portata con le baionette, ha attecchito e si è sviluppata. È vero che nei paesi musulmani tutto è più difficile perché esiste una resistenza profonda al riconoscimento dell’eguaglianza e della libertà specialmente delle donne. L’unico Paese in cui arabi musulmani possano contare sulla libertà di rappresentanza è Israele.
Certamente in Afghanistan nessuno ha tentato di importare la democrazia ma soltanto di difendere un popolo contro un invasore esterno, i talebani che sono poi semplicemente gli imperatori dell’eroina in concorrenza con i loro avversari colombiani e in genere sudamericani. Quindi cerchiamo di rimettere le cose a posto: la democrazia si può introdurre anche con la forza e la guerra, ma certamente è necessario che attecchisca come è attecchita in Giappone. Quando si deve combattere contro i signori dell’eroina mascherati da talebani, è meno probabile. Tuttavia, la democrazia può essere esportata e quando mette le sue radici i popoli che la ricevono ringraziano e la includono nel loro stesso DNA.
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