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Nel Mezzogiorno viene dispersa il 90 per cento di quella che arriva dal cielo: La grande sete fa impazzire il mondo, l’acqua strumento di pace e di guerra
A volte la sopravvivenza è legata a qualche goccia di acqua in più. Acqua per la vita, acqua per la pace. Come il cibo anche la risorsa idrica è un elemento strategico per garantire la sicurezza e la stabilità politica dei Paesi. Senza acqua non si coltiva e non marciano i sistemi industriali.
La filiera estesa dell’acqua coinvolge nel nostro Paese una vasta gamma di attività economiche, dalla produzione agricola al settore energetico, interessando circa 1,4 milioni di aziende agricole, 330.000 aziende manifatturiere e 10.000 imprese energetiche. L’acqua è il motore della produzione eppure nonostante la scarsità del bene si continua a sprecarlo con leggerezza. E anno dopo anno una fetta sempre più ampia di territori si lecca le ferite profonde della siccità.
Il 15% dell’intero territorio dell’Unione Europea è in allerta arancione per la siccità e l’1% è in allarme rosso. Lo evidenzia un’analisi della Coldiretti su dati dell’Osservatorio europeo sulla siccità relativi alla prima decade di marzo diffusi in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua celebrata il 22 marzo scorso. Ogni anno si dedica una giornata all’acqua, si elencano le criticità, si delineano terapie d’urto e poi tutto torna nel dimenticatoio. Ormai non è più una sorpresa. Il cambiamento climatico con temperature primaverili che hanno caratterizzato l’inverno e la mancanza di pioggia e neve hanno favorito le condizioni per una nuova stagione di siccità. E l’Italia è assetata. Dal monitoraggio dell’Osservatorio dell’Anbi emerge infatti che la grande sete sta già assediando il Mezzogiorno.
Negli invasi pugliesi mancano 107 milioni di metri cubi d’acqua rispetto all’anno scorso e l’impatto ha colpito le produzioni agricole a partire dalle clementine finite al macero dopo essere state compromesse dalla scarsità di acqua che ne ha inibito l’accrescimento, con i costi di produzione anche per l’irrigazione di soccorso schizzati alle stelle. A mancare anche il foraggio e a rischio sono grano e legumi. Se la Puglia piange, non ride la Sicilia dove c’è poca acqua per irrigare i campi. Strutture idriche fatiscenti e un commissariamento dei consorzi di bonifica che dura da oltre 30 anni, stanno mettendo in difficoltà le imprese agricole che devono fare i conti con raccolti bruciati. La “sete” non risparmia neppure la Sardegna, soprattutto nel sud dell’isola, dove la siccità colpisce carciofi, pomodoro da industria, frutta e foraggi, con ripercussioni sull’allevamento. Ma si teme anche per vino, riso e mais.
Situazione compromessa in Basilicata dove le piogge degli ultimi giorni non sono riuscite a salvare cereali, foraggi e colture proteiche. E così mentre si torna ad affrontare soprattutto al Sud ( ma la siccità a periodi alterni colpisce tutte le aree del Paese) l’emergenza acqua, l’Italia continua a permettersi il lusso di sprecarla. Il nostro infatti è comunque un paese piovoso, ma si perde ogni anno l’89% dell’acqua che cade. Da anni Coldiretti e Anbi hanno presentato un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di invasi che dovrebbero essere realizzati, secondo il piano, senza cemento, con pietra locale e con le terre di scavo.
Dei veri e proprio laghetti da incastonare nel territorio in grado di mettere in cassaforte il 50% dell’acqua piovana per poi distribuirla quando serve all’agricoltura, ai cittadini e agli usi industriali, oltre all’utilizzo per produrre energia pulita. Una multifunzionalità che potrebbe essere l’arma vincente, ma a distanza di anni i laghetti restano ancora sulla carta.
Attualmente, secondo una radiografia tracciata dall’Ispra, l’Italia è caratterizzata da quattro diverse condizioni di severità idrica: alta in Sicilia, media (anche se con alcuni sistemi in severità alta) in Sardegna, bassa nei distretti dell’Appennino Centrale e dell’Appennino Meridionale (quest’ultimo però con tendenza a severità media). Situazione normale si registra per i distretti idrografici del Fiume Po, delle Alpi Orientali e dell’Appennino Settentrionale.
L’Italia viene da un anno difficile, nel 2023 infatti è proseguito il trend negativo che si ripete ormai da molti anni con una disponibilità di risorsa idrica per l`anno di 112,4 miliardi di metri cubi, a fronte di un valore di precipitazione totale di 279,1 miliardi di metri cubi. Gli studi effettuati dall’Ispra evidenziano comunque “un aumento della frequenza di accadimento di condizioni di siccità estrema e della percentuale del territorio italiano soggetto a tali condizioni”. Certo in Italia si continua a investire. I dati di Blue Book 2024 (promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis sul servizio idrico
Integrato) e del Libro Bianco 2024 “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti, hanno indicato in 64 euro annui per abitante nel 2022 gli investimenti realizzati nel settore idrico, con un aumento del 94% rispetto al 2012 (circa 33 euro per abitante). Ma non è ancora abbastanza anche perché l’Italia resta distante dalla media europea degli ultimi cinque anni pari a 82 euro per abitante. Un altro male cronico è la manutenzione. “E’ da 70 anni – ha denunciato il commissario straordinario contro la scarsità idrica, Nicola Dell’Acqua,- che non facciamo le giuste manutenzioni. I canoni demaniali, che sono sostanzialmente l’unico reddito che ha il sistema di approvvigionamento idrico primario, non sono assolutamente sufficienti a fare la manutenzione del sistema. Gli invasi in Italia sono da rivedere e sistemare”.
Dell’Acqua ha ricordato anche che “su 13 miliardi di metri cubi di invasi costruiti 3 miliardi non vengono invasati per vari problemi”. Un impulso sta arrivando dal Pnrr che, grazie alla rimodulazione, ha messo in campo circa un miliardo di euro in più per la riduzione delle perdite, che sono ancora a livelli elevati pari al 42% dell’acqua immessa in rete. Ma il fabbisogno di settore è stimato in almeno 6 miliardi l`anno. Quello dell’acqua è un enorme problema mondiale.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) e il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (Unicef) nel globo una persona su quattro non ha ancora accesso all’acqua potabile gestita in modo sicuro. E con una sempre maggiore scarsità a rischio è la stabilità geopolitica del pianeta. L’acqua infatti viene utilizzata troppo spesso anche come arma di guerra. Garantire l’acqua significa dunque garantire la pace e la sostenibilità. L’Unione Europea, si legge in un documento della Commissione, sta lavorando per migliorare l’accesso all’acqua e/o ai servizi igienico-sanitari per 70 milioni di persone entro il 2030 e si sta anche impegnando per proteggere, conservare e ripristinare gli ecosistemi legati all’acqua.
La resilienza idrica viene pertanto ritenuta essenziale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e per combattere il cambiamento climatico. Le dichiarazioni di intenti ci sono, il punto è che riemergono troppo spesso solo nelle occasioni “celebrative”, mentre la desertificazione avanza senza attendere le ricorrenze.
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