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Partire dal cibo per costruire un percorso di pace. Nella guerra in Ucraina il grano si sta rivelando un’arma strategica per avviare una trattativa. Grano e pace dunque. Mentre ieri nel Mar Nero si sono aperti i primi spiragli sullo sblocco delle navi cariche di cereali ucraini, dalla festa dell’educazione alimentare e della pace organizzata dalla Coldiretti, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha lanciato un messaggio molto chiaro: un patto sul food security può essere un primo passo verso un percorso di pace.

LE NUOVE STRATEGIE

Di Maio ha ricordato che l’Italia sta lavorando a iniziative a livello globale sulla sicurezza alimentare per scongiurare il peggio. In particolare con la Fao, il ministero delle Politiche agricole, la Germania e partner mediterranei, dalla Turchia al Libano, è stato promosso un vertice l’8 giugno sulla sicurezza alimentare «che ci permetterà di coordinare una serie di politiche a livello Mediterraneo per fare in modo che il grano esca dall’Ucraina e che alcuni Paesi possano approvvigionarsi da altri mercati».

Il peggio per il ministro è rappresentato dal rischio di nuove guerre che vengano scatenate non per motivi militari, ma per quello che accade nel campo energetico e soprattutto agroalimentare. Dopo la pandemia l’esercito dei nuovi poveri potrebbe ulteriormente allargarsi aumentando così le tensioni sociali. In alcuni Paesi africani, che finora si sono approvvigionati da Ucraina e Russia, la dieta è strettamente dipendente dal pane e dunque «l’instabilità alimentare sta provocando instabilità politica».

Dietro l’angolo ci sono rivolte, terrorismo e guerre. Nelle crisi si scoprono le fragilità e il conflitto in corso ha messo in chiaro tutte le criticità della filiera agroalimentare mondiale. Bisogna proteggere – ha detto Di Maio – la nostra “Dieta mediterranea” da dinamiche speculative e finanziarie.

La Dieta mediterranea rappresenta infatti occupazione, tessuto economico, esportazioni che consentiranno anche di fronteggiare il calo della domanda interna. E deve dunque essere difesa dall’attacco dei cibi sintetici e del Nutriscore. Le nuove strategie geopolitiche stanno facendo rotta su energia e alimentazione. Un’attenzione che potrebbe però rivelarsi anche un’arma a doppio taglio.

Secondo il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, con la guerra spuntano le tentazioni di abbassare la guardia sui requisiti dei prodotti alimentari consentendo l’ingresso anche a quelli coltivati con fitofarmaci pericolosi per la salute e che per questo motivo sono stati banditi dall’Unione europea.

CIBO E DEMOCRAZIA

Per il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, l’equazione è cibo e democrazia. E c’è un vuoto di democrazia non solo quando manca, ma anche quando non si può scegliere cosa consumare. La dieta universale è per questo un pericolo per la democrazia. Anche per il vice direttore della Fao, Maurizio Marina, per aprire varchi di pace si deve partire dal cibo. Martina ha definito la Dieta mediterranea uno strumento di pace e ha sottolineato il ruolo che l’Italia ha nel Mediterraneo assegnandole il compito di sviluppare «la democrazia alimentare».

Il cibo diventa così centrale nelle nuove strategie geopolitiche, ma anche un elemento chiave per i negoziati di pace. Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha invitato da un lato a investire nell’agricoltura, sfruttando anche i nuovi ettari messi a disposizione nella Ue e in Italia (200mila), dall’altro a impegnarsi in uno sforzo collettivo per rifornire di prodotti alimentari i Paesi, anche vicini all’Italia, messi in ginocchio dalla fame per evitare di alimentare i flussi migratori.

L’agricoltura, secondo Prandini, deve essere rimessa al centro di un progetto Paese investendo sulle infrastrutture, a partire da quelle idriche necessarie per triplicare le rese. Una risposta importante anche nei confronti dei cambiamenti climatici che stanno desertificando il pianeta e stanno creando guasti anche all’Italia. L’obiettivo resta sempre quello dell’autosufficienza alimentare.

L’ALLARME DELLA UE

E quanto sia importante per un Paese garantirsi il cibo sta emergendo con evidenza in questi giorni in cui sempre più al centro dell’attenzione c’è la crisi alimentare. Un allarme rilanciato due giorni fa dalla presidente della Commissione Ue, Ursula, von der Leyen, che ha ricordato come i campi di grano della fertile Ucraina siano stati bruciati e si stia procedendo a confische delle scorte dei cereali e dei macchinari.

«I prezzi globali del grano sono alle stelle – ha detto von der Leyen – e sono i Paesi fragili e le popolazioni vulnerabili a soffrirne di più. I prezzi del pane in Libano sono aumentati del 70% e le spedizioni di cibo da Odessa non sono riuscite a raggiungere la Somalia. E per di più, la Russia sta ora accumulando le proprie esportazioni di cibo come una forma di ricatto, trattenendo le forniture per aumentare i prezzi globali o commerciando grano in cambio di sostegno politico. Questo significa usare la fame e il grano per esercitare il potere».

Von der Leyen ha ricordato che sono più di 20 milioni le tonnellate bloccate nei porti ucraini. La questione è complessa: da un lato c’è l’Ucraina da sostenere, dall’altro i Paesi africani, e non solo loro, che si sono ritrovati a corto di materie prime. Ecco perché i segnali di apertura di Mosca sul grano ucraino (anche se bisognerà attendere la partenza dei primi cargo) hanno riacceso una luce. Con la partenza delle navi – ha dichiarato la Coldiretti – si libera lo spazio nei magazzini per accogliere i nuovi raccolti di grano in arrivo tra poche settimane per un quantitativo di stimato di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione, che collocano comunque l’Ucraina al sesto posto tra gli esportatori mondiali di grano. Un cambiamento importante anche per l’Italia che dall’Ucraina acquista il 2,7% delle importazioni di grano tenero per un totale di 122 milioni di chili ma anche il 15% del mais, pari a 785 milioni di chili.

Russia e Ucraina – ha sottolineato l’organizzazione agricola – rappresentano insieme circa il 28% delle forniture mondiali di grano che sono in parte bloccate per la chiusura dei porti sul mar Nero, con un impatto drammatico su 36 Paesi che dipendono da Mosca e Kiev per oltre la metà delle importazioni di grano, come Libano, Siria, Yemen, Somalia e Repubblica democratica del Congo. Nei tre mesi di guerra i prezzi del grano sono schizzati infatti del 36%.

Tra quotazioni stellari e mancanza di prodotto, gli approvvigionamenti nei Paesi fragili sono diventati impossibili. Il controllo delle scorte alimentari rischia così di sconvolgere gli equilibri geopolitici mondiali. Una situazione che riguarda direttamente anche l’Unione europea, dove il livello di autosufficienza varia dall’82% al 93% per il mais fino al 142% per quello tenero. Situazione ben diversa per l’Italia che invece importa il 64% del grano tenero e il 53% del mais.

IL PROGETTO GIOVANI

Intanto Coldiretti investe sui giovani per educare alla sana alimentazione e formare così quelli che dovranno tenere alta la bandiera del made in Italy alimentare.

Sono stati 500mila i bambini coinvolti quest’anno nel progetto di educazione alimentare, molti dei quali hanno seguito anche stage nelle oltre tremila fattorie didattiche. Ieri è stato dato il via alla stagione dei campi estivi che vuole aiutare i bambini a recuperare serenità dopo la pandemia e la guerra, ma che ospiteranno anche molti piccoli ucraini fuggiti dai bombardamenti.


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