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Il Sud soffre: l’ultima classifica dell’Istat sulla qualità della vita relega ancora i Comuni del Mezzogiorno nelle posizioni di coda

“PRIMA conoscere, poi discutere, poi deliberare“. Nella più famosa delle sue “Prediche inutili” Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica Italiana, poneva una domanda che ancora oggi è fondamentale per ogni buon amministratore: “Come si può deliberare senza conoscere?”. Raccogliere i dati statistici è un fatto importante perché servono a dare informazioni utili per le decisioni conseguenti. La conoscenza e i dati sono fondamentali per capire la realtà. Quando perciò arrivano informazioni circa lo stato di salute dell’economia, dei diritti di cittadinanza, di qualunque attività che riguardi la collettività non si può che essere che soddisfatti. Le realtà più evolute si distinguono proprio per la qualità e la quantità delle informazioni possedute, quindi noi dobbiamo essere soddisfatti per lo stato delle statistiche diffuse. Perciò non si può salutare che con soddisfazione la pubblicazione da parte dell’Istat della “Percezione della qualità della vita nelle città italiane “.

Un confronto europeo relativo all’anno 2023. E da tale ricerca scopriamo che tra le città italiane con percentuali più alte (superiori al 90%), di persone che si considerano molto o abbastanza soddisfatte di vivere nella propria città troviamo Trento, Trieste, Cagliari, Bergamo, Brescia, Bolzano. Queste percentuali sono simili a quelle di varie città dell’Europa del Nord e di molte città afferenti sia all’Europa occidentale che all’Europa dell’Est, dove si registrano livelli mediamente alti di soddisfazione. Percentuali poco più basse di persone soddisfatte per la propria città, fra l’81,3% e l’87%, sono registrate a Bologna, Perugia, Firenze, Milano, Genova, Pescara, Torino e Bari (valori simili si riscontrano a Barcellona, Berlino, Budapest e Bruxelles), mentre percentuali inferiori all’81,3% caratterizzano Venezia, Sassari, Roma, Messina, Napoli, Palermo, Catania, Reggio di Calabria e Taranto.

Le percentuali più basse si riferiscono a città del Sud Italia, ad Atene e alla città ungherese di Miskolc. E’ un Sud che soffre. Scorrendo i dati si scopre anche qualche caso particolare che non è in linea con quelli attesi. Però se mettiamo insieme l’enorme mole di statistiche che riguardano la qualità della vita, misurata o percepita, da parte degli italiani ci accorgiamo che nel tempo esse si ripetono senza grandi cambiamenti. Per cui nei primi posti delle classifiche troviamo le città settentrionali e negli ultimi, ci potete scommettere, Enna, Caltanissetta e Agrigento. Il Sud che soffre. E allora la sensazione che si ha alla ennesima pubblicazione della classifica del’Istituto di Statistica Italiano, piuttosto che dei maggiori quotidiani economici o di qualunque altra rilevazione, è di noia e di dati vecchi. Nessuna novità che meriti questo nome e allora la la reazione più frequente è quella del “déjà-vu”, di una situazione che rimane uguale, per cui anche i dati diventano totalmente inutili. Perché per essere credibili, alla conoscenza deve seguire l’azione e ad essa la modifica della realtà.

Quando si tratta di previsioni economiche per esempio si dice che il miglior obiettivo che esse si propongono è quello che si ottenga che non si avverino. Nel senso che per esempio una previsione di crescita molto bassa ha il senso di dare gli elementi al governo di turno per intervenire e fare in modo che non si verifichi e che invece si possano avere tassi di crescita più elevati. Anche nel caso di dati a consuntivo essi dovrebbero servire per cambiare la situazione e migliorarla. Bene per quanto attiene a tutte le classifiche che riguardano il nostro Paese esse si ripetono pedissequamente, il che dimostra che in realtà tali dati non sono serviti per intervenire. Il tema del quale stiamo parlando è sempre lo stesso: un Sud che soffre e che in tutte le classifiche rimane marginale e periferico, nel quale le città restano sempre nelle code delle classifiche riportate. Ovviamente tale riflessione non riguarda l’operato del Governo in carica, ma quello che è stato fatto ormai da decenni, nell’alternanza tra governi di centrodestra e governi di centro sinistra.

E allora la domanda che viene spontanea e se la centralità del Mezzogiorno di cui si parla, della quale ogni anno i Governatori di turno della Banca d’italia ritengono esserci la necessità, che perfino l’Unione Europea ritiene fondamentale tanto da finanziare uno dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza più corposi, non si risolva in una serie di grida manzoniane, ripetitive e inutili. Tanto da portare la popolazione del Mezzogiorno ad essere talmente stanca, da pensare che votare é totalmente inutile e che l’unico modo per ottenere quei diritti di cittadinanza, che riguardano l’occupazione, la salute, la mobilità, sia solo quello di trasferirsi e lasciare che i problemi rimangano a chi resta, sicuri che nulla cambierà, così come è stato da decenni a questa parte. Talmente l’assuefazione è diventata l’elemento che contraddistingue l’approccio alla realtà dei meridionali che non vi è nemmeno più la delusione rispetto alla mancanza di cambiamento. E lo stesso annuncio di un’opera colossale, come quella del Ponte sullo Stretto di Messina, lascia alquanto indifferenti, non solo coloro che avranno espropriate le loro case per far posto ai piloni, ma tutto il resto della popolazione perché tanto la convinzione netta di tutti quanti é che non si farà. L’indifferenza diventa la cifra di qualunque approccio, mista all’incredulità che qualcosa possa cambiare. Non vi è nemmeno più alcun tipo di lamentela, perché anche quella sembra totalmente inutile e che non possa portare a nessuna reazione positiva.

Nel Sud che soffre ormai nessuno crede più a nulla, troppe promesse sono state deluse, troppo lunghi i tempi di intervento, troppo inaffidabile l’azione promessa. Ed anche quando le opere partono non è assurdo che qualcuno pensi che anche dopo l’inizio dei lavori ci possa essere un intervento che blocchi tutto, come peraltro è accaduto proprio con il Ponte sulloStretto Di Messina, grazie a Mario Monti. Il peggior risultato che si è ottenuto con questo stop and go, che riguarda qualunque tipo di intervento, che si chiami finanziamento del cuneo fiscale o invece ZES, che da tante diventano Unica, facendo ritornare tutto alla prima casella, come in un gioco dell’oca infinito, é quello di rendere il rapporto con l’Istituzione di grande scetticismo, tanto che ormai sono molti coloro che pensano di poter non pagare anche le imposte, perché tanto prima o poi arriverà un condono che consentirà di non punire un atteggiamento omissivo.

Il primo problema che ormai deve aversi perché tutti i cittadini, comprese le imprese, credano a una Istituzione che sia nazionale, regionale o comunale, é quello di recuperare credibilità. Anche di fronte a un ordine di demolizione di abitazioni, conseguente a sentenze passate in giudicato, lo si ritiene superabile, come spesso avviene, perché tanto alla fine lo Stato, con la S maiuscola, non interviene. E la vulgata fatta passare da una stampa nazionale che, alla fine, tali evidenze sono il risultato di una responsabilità della stessa popolazione fa sì che non vi sia nemmeno alcuna forma di ribellione. Proprio così la rana é bollita ma il cuoco si dimostra un lestofante.


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