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La sede dell’Agenzia per la gestione dei beni confiscati

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“SEGUI i soldi e troverai la mafia”, un insegnamento che Giovanni Falcone proponeva e che aveva ereditato da un altro protagonista dell’antimafia, Boris Giuliano, brillante e innovativo Capo della Squadra mobile di Palermo, ucciso il 21 luglio 1979, su ordine di Riina, per le sue qualità investigative che disturbavano Cosa Nostra; ma seguendo i soldi non trovi solo la mafia ma anche i suoi patrimoni e a quel punto si pone il problema di cosa fare con i tanti beni che vengono confiscati.

Quando si tratta di beni immobili, case, ville, la loro gestione può anche essere semplice. Se invece si tratta di terreni con aziende agricole o attività imprenditoriali, con dipendenti e attività, il loro blocco può essere più complesso e, nel caso di inadeguatezza della gestione successiva, può produrre danni incredibili. E ciò anche se si rimane all’interno delle regole e si é in buona fede; se poi vi sono comportamenti illeciti nella gestione da parte di magistratura o dei curatori individuati, come é accaduto nel caso Saguto, allora tutto diventa molto più complesso. Nel caso di comportamenti corretti per evitare che imprese sane possano essere distrutte, visto che sono un patrimonio collettivo, bisogna stare attenti ad individuare un management che non abbia caratteristiche e capacità solo amministrative, perché bisogna avere dei veri imprenditori che sostituiscano o integrino le capacità gestionali rimaste, quando spesso le attività vedono il top management tagliato per la loro collusione con le proprietà precedenti.

É incredibile quanti siano i beni che sono stati confiscati dall’antimafia. Vi è un archivio realizzato grazie al contributo di Fondazione Tim, espressione dell’impegno sociale di questa Fondazione. Una piattaforma open source realizzata da Libera in collaborazione di OnData e Fondazione TIM, che rileva quanti sono, dove sono, come vengono riutilizzati i beni confiscati in Italia. E non si ferma alla rilevazione perché promuove anche il riutilizzo sociale dei beni sottratti alle mafie e fornisce dati, fruibili, aggiornati, sul bene e sulla sua destinazione, in una sorta di “monitoraggio civico”.

Ad oggi, in Italia, i beni confiscati dall’antimafia sono oltre 23 mila, di cui 14 mila già destinati agli enti locali e pronti per essere riutilizzati dalla cittadinanza. La prima regione in Italia per presenza di beni confiscati destinati è la Sicilia, con oltre 6 mila immobili. Secondo una ricerca di Libera, inoltre, sono più di 750 le realtà sociali che gestiscono beni confiscati. Tra queste, 400 sono associazioni non profit e di volontariato, oltre 180 sono cooperative sociali che prevedono il reinserimento lavorativo di persone con disabilita’ e 13 sono scuole di diverso ordine e grado, che riutilizzano i beni confiscati per attività didattiche. Bisogna stare attenti però perché, come nell’antimafia si infiltrarono molti professionisti della lotta, in realtà solo approfittatori, anche nella gestione dei beni confiscati possono infiltrarsi faccendieri, lontani dagli scopi che lo Stato si prefigge, magari collusi con i precedenti proprietari espropriati, che hanno trovato una via più semplice di utilizzare beni diventati pubblici e di tale attività hanno fatto una loro professione. Non solo ma bisogna stare anche attenti alle posizioni ideologiche estreme anche di associazioni che si sono specializzate in tali attività.

Libera è un organismo che ha accumulato tanti meriti nella lotta alle mafie e nell’opera di sensibilizzazione su tali problematiche. Ma non si possono non ricordare le affermazioni di Don Ciotti, che in una posizione estrema contro il Ponte sullo Stretto dice che “non collega due coste ma due cosche”, dimostrando una incapacità di vedere lontano e di capire che il tema vero della diffusione della criminalità organizzata è nella mancanza di sviluppo. Quindi attenti alla santificazione di apprezzati difensori della legalità che non possono poi diventare anche pianificatori di sviluppo.

Ritornando al tema intanto arrivano tante risorse, quindi il pericolo di infiltrazioni terze diventa sempre più pesante. Il Commissario straordinario per la rifunzionalizzazione e la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, Prefetto Paola Spena, ha disposto l’assegnazione di oltre 15,8 milioni di euro relativi a 83 progetti, in precedenza finanziati con risorse del PNRR. I progetti – in totale 252 iniziative individuate dalla graduatoria approvata nel marzo 2023 dalla soppressa Agenzia per la Coesione Territoriale – si propongono infatti di favorire l’inclusione sociale, supportare la creazione di nuove opportunità di lavoro per i giovani e le persone esposte al rischio di emarginazione, aumentare i presidi di legalità e sicurezza del territorio e creare nuove strutture per l’ospitalità, la mediazione e l’integrazione culturale, per un valore di oltre 7 milioni e 700mila euro. Cifre importanti, ma sempre molto contenute.

Dichiara il Sottosegretario all’Interno Wanda Ferro, che ha delega alle materie di competenza dell’Agenzia per i beni confiscati: “Un lavoro che ha un valore importante non solo perché consente di colpire le cosche aggredendone i patrimoni, ma anche perché afferma con una forte potenza simbolica la vittoria dello Stato, trasformando le espressioni del potere mafioso sul territorio in luoghi di partecipazione civile, di inclusione sociale e di solidarietà, ma anche in opportunità di lavoro e di crescita sociale”. Non vi è dubbio che con tutti i rischi paventati prima, si tratta di un lavoro importante seppur contenuto nelle somme previste.


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