Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta
4 minuti per la letturaNon nascondiamoci dietro il dito della solita ipocrisia e diciamo chiaro e tondo che il Mezzogiorno fa fatica a convivere con il metodo nuovo. Vedo in questi episodi lo stesso atteggiamento di chi continua a chiedere soldi non investimenti dal Pnrr e a presentare al soggetto sbagliato (la Regione) i progetti che riguardano capitolati già chiusi ignorando i bandi di gara aperti. Si continuano a chiedere posti e soldi quando si devono comprare competenze e eseguire buoni progetti. È amaro dirlo, ma assolutamente doveroso
C’è una questione strisciante che mi fa paura. La difficoltà a convivere con le regole e la difficoltà a capire che non esistono pasti gratis.
La difficoltà a capire il valore del merito, il primato della fatica, la cultura dello sforzo che premia.
Si racconta che nei saloon americani di molto tempo fa c’era un cartello con su scritto: pasto gratis, si pagano solo le bevande. Il cartello non precisava che l’oste offriva solo cibi salatissimi e che dopo i primi assaggi dovevi bere così tanto che pagavi più di quanto avresti pagato per un pranzo completo in trattoria.
Diciamoci la verità. Un elenco ormai decennale di bonus, la grande famiglia di ristori e sostegni, peraltro soprattutto nella prima fase anche mal mirati, hanno inquinato i comportamenti collettivi. Si è prodotta una bolla dove conta chi urla di più e nessuno è contento di niente.
Dove nessuno accetta più nulla. Si diffonde la convinzione che tutto è possibile con i trasferimenti pubblici, tutto è possibile con i bonus. Si chiedono, anzi pretendono, soldi e posti, non investimenti e lavoro. Questa è l’insidia più pesante che si è infilata nelle crepe di una società meridionale svuotata di risorse per decenni, logorata da una conseguente decadenza del contesto sociale, costretta a fare i conti con padrinaggi della politica e di lobby burocratiche-corporative sempre più fameliche intorno al desco sempre più modesto.
Questo circuito perverso produce i cartelli del concorso Campania nella pubblica amministrazione, dove in tanti – protetti da chi ha in mano le redini della politica regionale – scrivono: non vogliamo il concorso. Molti, troppi, non volevano la prova meritocratica finale, stringi stringi volevano essere assunti come si è sempre fatto con i corsi “addomesticati” di formazione perché sarà un caso ma alla fine entrano alla Regione sempre gli amici degli amici.
Adesso, con il nuovo concorsone per le amministrazioni pubbliche del Sud per 2800 unità di profili specialistici, prima si è provato in tutti i modi a fare saltare la preselezione per titoli con punteggi che si vanno a cumulare a quelli della prova d’esame, poi addirittura a sorpresa non si sono presentati al concorso dal 50 al 65% dei profili ammessi a seconda delle regioni, in alcuni casi a presentarsi è stato addirittura meno del 50% dei soggetti ammessi. Stiamo parlando di esperti “amministrativo-giuridici”, “gestione, rendicontazione e controllo”, esperti “tecnici” e in “progettazione e animazione territoriale”, analisti informatici.
Questi sono i profili che servono alle nostre amministrazioni territoriali se vogliono cominciare a spendere bene i fondi comunitari dove da vent’anni collezioniamo figure pessime e, soprattutto, se si vuole essere capaci di portare a rendicontazione nei tempi prestabiliti la parte dei progetti del Recovery Plan di cui regioni e comuni sono soggetti attuatori.
Non sappiamo se su una componente più qualificata e già occupata ha pesato la triennalità del primo contratto pubblico che poi diventerebbe a tempo indeterminato mentre molti altri hanno invece deciso di saltare la prova perché consapevoli in partenza di non essere in grado di superarla.
Fatto sta che non dovremmo mai smettere di ringraziare il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, per avere fatto muro sul concorso in Campania e per avere gestito questo nuovo concorso di 2800 unità in maniera molto seria e rigorosa e, quando si è trovato di fronte a una così massiccia e imprevista caduta di partecipazione, di avere aperto la prova agli altri idonei ma partendo tutti con i punteggi acquisiti e garantendo per i posti messi a concorso le stesse chance e con la stessa procedura semplificata.
L’esperienza continuerà a fare punteggio e si sommerà ai risultati della prova. Verrà rispettato l’impegno di assicurare al territorio entro fine luglio il personale che serve e quello del nuovo decreto reclutamento di attingere da queste categorie così selezionate anche le “riserve” che serviranno in altri ambiti dell’amministrazione per l’attuazione del Pnrr all’interno di quegli stessi profili di specializzazione. Che sono, poi, quelli che possono cambiare il nostro rapporto con l’Europa e, cosa ancora più importante, sbloccare la macchina italiana inceppata degli investimenti pubblici.
Non nascondiamoci, però, dietro il dito della solita ipocrisia e diciamo chiaro e tondo che il Mezzogiorno fa fatica a convivere con il metodo nuovo. Vedo in questi episodi lo stesso atteggiamento di chi continua a chiedere soldi dal Pnrr e a presentare al soggetto sbagliato (la Regione) i progetti che riguardano capitolati già chiusi ignorando i bandi di gara aperti. Si continuano a chiedere posti e soldi quando si devono comprare competenze e eseguire buoni progetti. È amaro dirlo, ma assolutamente doveroso.
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