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Dopo i tentativi falliti, la formula del campo largo per il centrosinistra sembra svanire. Si cerca una figura che tenga insieme la futura coalizione. Ipotesi Sala per l’anno zero


Non chiamatelo più campo largo. E allora, come? Cercasi disperatamente nuovo nome per definire la coalizione di centrosinistra. Per rendere tutto più attrattivo, più accattivante. E soprattutto, è il non detto, competitiva nel 2027, anno della scadenza naturale della legislatura.
È iniziata la fase zero della compagine che dovrebbe spodestare la maggioranza di governo.

Prima ancora di discutere di programmi e di leadership ecco una sorta di sondaggio tra gli azionisti di maggioranza e minoranza. Per dire, Carlo Calenda vorrebbe «abolire quell’espressione», anche Stefano Bonaccini, oggi eurodeputato e dirigente di peso del Nazareno, sostiene che «sia un termine che significa nulla». Tutti d’accordo, allora, per una volta. Urge individuare un nome che possa entrare nella testa degli italiani. «Come Forza Italia» ironizza un parlamentare del Pd. Il dibattito è aperto. E include tutti: chi è parte del centrosinistra e chi potrebbe un giorno diventarlo.

CONTE SEPPELLISCE IL CAMPO LARGO, PER RENZI UN “NUOVO CENTROSINISTRA”

Nel frattempo Giuseppe Conte ha già seppellito il campo largo, che avrebbe voluto chiamare “campo giusto”, perché indisponibile ad affiancare il M5S al partito di Renzi, e minaccia di far saltare l’accordo in Umbria ed Emilia Romagna. Mentre Renzi, autore di una recente giravolta delle sue in direzione Pd, ritiene che il nome giusto sia «Nuovo Centrosinistra». C’è poi chi butta proposte del tipo “L’altra Italia”, “Fronte popolare”, “La sinistra al centro”. Insomma, sembra quasi diventato un gioco.
La certezza, mentre scriviamo questo articolo, è che il campo largo appartenga al passato in tutti i sensi. Anche perché qualcuno osserva che fin qui «ha solo portato più sfortuna che altro».

Nell’attesa di capire quale sarà il nuovo nome che conquisterà progressisti e riformisti di rito popolare, ogni giorno si muove qualcosa. E ogni giorno emerge un dettaglio che può far spostare l’asse da una parte oppure dall’altro.
L’ultimo dettaglio rimanda alla ricerca del papa straniero. Una figura, in sostanza, che possa tenere insieme le diverse anime della futura coalizione di centrosinistra. Un profilo «largo e inclusivo», dunque, sul modello della leadership di Romano Prodi: a rigor di memoria, l’ultimo leader che riuscì a far vincere le elezioni al centrosinistra, era il 2006.

L’APERTURA DI BEPPE DOPO L’INCONTRO CON ELLY

“Cercasi papa straniero” è dunque il refrain di queste ore. Forse perché in passato ha portato fortuna. O forse perché è meglio pescare al di fuori dell’agone politico per riuscire a rendere l’offerta più spendibile.
Non è un mistero che oggi l’unico nome fuori mazzo – fuori, cioè, dalle leadership dei partiti di centrosinistra – sia quello di Beppe Sala, sindaco di Milano, che diventa politico ma nasce manager, dirigente d’azienda, e che proprio per questo motivo non si può certo definire un profilo di sinistra-sinistra.

Già questo dice tutto sulla rotta del centrosinistra. Lunedì Sala si è confrontato con la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. Ufficialmente, ha fatto sapere il primo cittadino del capoluogo lombardo, «abbiamo parlato delle politiche industriali, tema che mi è molto caro, e di come lavorare su questo punto con il mondo del nord, che non è fatto solo di imprenditori, ma anche di chi lavora. Lo vedo anche da Milano, i servizi vanno bene e anche il turismo, ma dobbiamo avere la capacità di competere anche nella produzione. Quindi ho invitato Elly Schlein a riflettere, dandole il mio supporto su come proporci al mondo del nord che lavora».

In realtà il confronto tra i due è ruotato anche attorno al dossier centrosinistra. Non a caso è stato lo stesso Sala ad ammettere: «Elly Schlein sa che io ho certamente la disponibilità a dare un contributo al futuro del centrosinistra, ma sa altrettanto che ce l’avrò davvero in maniera compiuta quando sarà il tempo giusto».
Non si sbilancia, Giuseppe Sala. È un uomo prudente, rispettoso della grammatica istituzionale. Oggi riveste il ruolo di sindaco di Milano e non intende deludere i cittadini meneghini. Domani chissà, insomma. Allo stesso tempo, sembra più che evidente che non si tratti di un “no”, ma di un’apertura a tutti gli effetti. Segno, come si diceva sopra, che sia tutto in movimento.

EMILIA, UMBRIA E LIGURIA I TEST DELLE ELEZIONI

A questo punto non è dato sapere quali saranno i prossimi step. Sulla carta l’appuntamento segnato in rosso è rappresentato dalle prossime Politiche che si terranno nel 2027. Ma risulta evidente che il centrosinistra, o come si chiamerà, vorrà farsi trovare preparato, con un candidato, un programma e una coalizione ben definita. Saranno di sicuro un test le elezioni regionali che si celebreranno a fine mese, quando torneranno a votare i cittadini di Emilia Romagna, Umbria e Liguria.

I sondaggisti danno quasi per scontato che nelle prime due regioni l’opposizione avrà la meglio. Diverso il discorso della Liguria, dove pochi giorni fa si è consumata una rottura con Italia viva. Un risultato positivo di Andrea Orlando con il sostegno del M5S sposterebbe l’asse della coalizione verso sinistra. In caso contrario si ripartirebbe con il tormentone Renzi sì – Renzi no.

Certo, il leader di Italia viva non disdegnerebbe l’ipotesi Sala, visto che il sindaco di Milano, per toni e storia, piace e incarna quel riformismo propugnato dal leader di Italia viva. Una leadership, quella di Sala, che però per molti sembra essere «troppo milanese» e poco conosciuta all’esterno.
Le perplessità sono diverse e vanno nella direzione di questo quesito: chi conosce Sala al di fuori di Milano e della Lombardia? Domanda non peregrina che certifica la difficoltà del momento. E così la ricerca del papa straniero continua. Con una certezza: non chiamatelo più campo largo.


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