X
<
>

Share
5 minuti per la lettura

Tra Italia ed Europa odio e amore, un rapporto ambivalente che, dopo l’annuncio della Commissione Ue mette lo stivale davanti a un paradosso


Con la presentazione di ieri all’Europarlamento di Strasburgo della nuova (e discussa) compagine di commissari comincia la navigazione della Commissione von der Leyen II. L’Italia si trova di fronte a un paradosso.
Da un lato, con i report di Mario Draghi sulla competitività dell’Europa e di Enrico Letta sul futuro del mercato interno, mette al servizio dell’Unione il suo massimo di competenza tecnica e di intelligenza politica. Per la stessa ammissione pubblica della presidente, i due documenti definiscono e qualificano in maniera profonda l’agenda politica europea del prossimo quinquennio. Dall’altro lato, il governo Meloni, pur avendo ottenuto per il suo commissario Raffaele Fitto il ruolo di vicepresidente esecutivo, non è capace di interpretare il ruolo di protagonista di una più elevata integrazione europea. I fasti del governo Draghi, che per circa ventuno mesi – dal febbraio 2021 all’ottobre 2022 – ha di fatto guidato l’Ue come mai nessun altro esecutivo tricolore aveva fatto in passato, sono lontanissimi.

Ma il paradosso non deve stupire. Il rapporto degli italiani – sia come cittadini, sia come classe dirigente – con l’Europa è sempre stato ambivalente e, in qualche passaggio storico, perfino ambiguo.
Da una parte, c’è un filone di classe dirigente profondamente convinta dell’integrazione europea. Il primo esponente di questo filone – impossibile non citarlo – è lo statista trentino Alcide De Gasperi. Che con il francese Robert Schuman e il tedesco Konrad Adenauer, è tra i padri fondatori dell’Unione europea.

Tre cattolici, tre uomini di frontiera, tre perseguitati dalle dittature nazifasciste: con loro comincia il sogno di libertà, prosperità e unità dell’Europa. Se l’Unione europea è riuscita a garantire la concreta realizzazione di questo sogno, conquistando pure il Nobel per la Pace nel 2012, è grazie al contributo di questi personaggi visionari. Sulla scia di De Gasperi, nel corso della storia repubblicana, la classe dirigente italiana è stata in grado di esprime diversi campioni di europeismo capaci di svolgere la loro parte in frangenti storici cruciali per l’Ue, dai Trattati di Maastricht e di Lisbona all’introduzione della moneta unica: basti citare fra tutti Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi. Dal canto suo, il magistero dei presidenti della Repubblica ha rappresentato un contributo altissimo all’affermazione dei valori europei nel nostro paese: basti pensare, in anni recenti, alla lezione di Giorgio Napolitano e di Sergio Mattarella.

Tuttavia, a questo filone di pensiero e di azioni che ha tenuto la barra dritta della Repubblica verso l’obiettivo dell’integrazione si è sempre opposto un filone alternativo, frutto di pregiudizi ideologici, di ritardi culturali, di atteggiamenti opportunistici.
Le ragioni della diffidenza verso l’Europa sono antiche e numerose: uno Stato nazione costruito troppo tardi e per questo fragile, il fascismo come modello di nazionalizzazione autoritaria dall’alto, la frattura profonda tra il nord e il sud, l’arretratezza delle élite meridionali che hanno usato il Mezzogiorno come serbatoio di conservazione, l’acculturazione (anche politica) tardiva dei cittadini, un certo populismo conservatore e ostile alla modernizzazione liberale che ha attraversato i due partiti maggiori (Dc e Pci), la mancanza di una Bad Godesberg del Pci che non ha mai compiuto la medesima conversione socialdemocratica dei partiti omologhi europei, una destra nazionalista autorinchiusa in un ghetto esclusivo antimoderno e antiliberale, un sistema dei partiti che ha favorito lo sperpero proporzionalistico delle risorse pubbliche creando un debito pubblico smisurato che oggi è la roccia di Sisifo del nostro paese nel consesso europeo.

A dispetto di tutte queste debolezze, dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla caduta del muro di Berlino, la prospettiva dell’integrazione europea nella cornice di sicurezza assicurata dall’Alleanza atlantica non è mai stata messa in discussione, vista la divisione dell’Europa stessa in due grandi blocchi contrapposti: sul versante occidentale, l’ordine liberaldemocratico; sul versante opposto, l’ordine del totalitarismo comunista. Con la fine della Guerra Fredda, l’affermazione – in apparenza definitiva – del mondo occidentale e democratico ha fatto ipotizzare la ‘fine della storia’ (è proprio questo il titolo del celebre testo di Francis Fukuyama). Ma si trattava di un’illusione. All’inizio del nuovo secolo, la crisi della globalizzazione – che ha portato con sé il terrorismo internazionale, l’aumento delle migrazioni e le crisi economiche – ha fatto esplodere anche in Italia le pulsioni e i movimenti populisti.

La diffidenza nei confronti dell’integrazione europea è diventato uno dei pilastri della narrazione populista: non soltanto ha fatto riemergere i ritardi culturali del nostro paese – primo tra tutti un pessimo rapporto con il liberalismo politico e con il liberalismo economico – ma ha focalizzato e alimentato la rabbia dei delusi della globalizzazione contro l’Europa. Così, in una profonda e pervasiva ambivalenza culturale, gli italiani sono passati, nella stessa fase storica, dal “Ce lo chiede l’Europa” – il fortunato slogan europeista della campagna elettorale del Pd del 2014 – alle campagne “No Euro” alimentate dai partiti populisti emergenti, in primo luogo la Lega e il M5s. Il governo gialloverde è stato probabilmente l’apice del pessimo rapporto degli italiani con l’Europa. In quegli anni, l’Ue è diventata lo zimbello degli strali populisti, ricettacolo di tutte le colpe del malessere degli italiani.

Una narrazione falsa (della quale oggi anche il governo Meloni fatica a liberarsi completamente) che trascura il fatto che, senza il quadro di regole, vincoli e opportunità definiti dalla dimensione comunitaria, l’Italia oggi non sarebbe una delle sette principali economie del globo, ma una zattera disperata nel Mediterraneo, più simile al Venezuela o alla Moldavia. Del resto, il rapporto Eurobarometro del dicembre 2023 fotografa un approccio ancora ambivalente nei confronti dell’Unione europea.
Solo per fare qualche esempio: esprime fiducia nell’Ue solo il 43% degli italiani, la fiducia per Commissione europea e Consiglio europeo è al 46%, di poco superiore alla percentuale degli scettici, i giudizi negativi verso la Banca centrale europea superano quelli positivi. Allo stesso tempo, il 66% degli italiani (ben al di sopra del 53% del campione europeo) ritiene efficace il piano europeo di 800 miliardi di euro di investimenti per il rilancio economico dell’Ue e il 74% degli intervistati giudica opportuno che fondi pubblici siano utilizzati per stimolare investimenti nel settore privato nell’Ue.

Letti in negativo, questi dati rivelano un approccio opportunistico alla partecipazione alla vita dell’Unione che può assimilare l’atteggiamento di molti italiani a quello di paesi free rider come l’Ungheria di Viktor Orbán. Letti in positivo, gli stessi dati ci dicono che la voglia di Europa degli italiani potrebbe aumentare se le istituzioni di Bruxelles fossero sempre più capaci di rispondere alla domanda di benessere che viene dal basso. La proposta di Mario Draghi di un debito comune europeo ai fini della crescita va proprio in questa direzione. Un’occasione da non sprecare, per l’Europa e per l’Italia.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE