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Marine Le Pen

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Le ultime elezioni francesi sono state una sorpresa ma a pensarci bene fa tutto parte di quel pragmatismo tipico dei francesi


Le ultime elezioni francesi? Per tutti una sorpresa. Ma a pensarci bene non è così. È il loro carattere. Possono forse prendere alla leggera l’Europa e tutto il mondo fuori dalla “patrie”. Ma quando si tratta di toccare i loro interessi non esitano un secondo a scendere a miti (e saggi) consigli. E va benissimo anche per noi Italiani, che tra i tanti tratti in comune con i cugini d’oltralpe, sicuramente quello della mobilitazione comune e popolare non è certo il più evidente. Anche a destra.

Il Front National, fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen, ha tentato per 52 anni di uscire dall’isolamento impostogli dal sistema istituzionale francese. Questo partito, oggi noto come Rassemblement National (RN), è stato sempre visto come fuori dall’arco costituzionale francese, e ogni volta che un membro della famiglia Le Pen ha raggiunto il ballottaggio, è stato contrastato dal fronte repubblicano, un’alleanza di “tutti contro uno” per escluderlo.

Non è singolare. I francesi hanno memoria lunga (in entrambi i sensi) e non possono ignorare la fascinazione dei Le Pen per Movimento Sociale, Pétain e i collaborazionisti di Vichy, laddove il Front National non aveva rinnegato nulla del suo passato fino al 2015, quando si dichiarò che le camere a gas erano “un dettaglio della Seconda Guerra Mondiale. Marine iniziò a capire che era il momento di prendere le distanze dal padre, abbandonando l’ostilità verso il popolo ebraico e aprendo su temi come i diritti LGBT, l’aborto e la laicità dello Stato. Il coming out di Florian Philippot, vicepresidente del partito, fu un momento storico, con Marine che difese pubblicamente le sue scelte di vita privata nel 2014.

Nonostante queste aperture, in un paese laico e libertario come la Francia, il Rassemblement National, ancora oggi, fatica a essere accettato dagli altri movimenti politici. Nelle recenti elezioni legislative, il partito guidato da Jordan Bardella ha basato la sua campagna su un attacco agli stranieri, proponendo misure considerate incostituzionali che avrebbero messo “i francesi prima di tutto”. Oltre a dure posizioni contro la minoranza musulmana e magrebina, Bardella e Le Pen hanno attaccato i cittadini con doppia nazionalità, proponendo di escluderli da ruoli nella pubblica amministrazione.

Queste proposte, ricordando le leggi discriminatorie degli anni ’30 contro gli ebrei, hanno impedito al RN di replicare il successo del primo turno ai ballottaggi. La storia dell’Italia è diversa. In primis, la frattura culturale e sociale simile con il mondo islamico. La comunità di persone con doppia cittadinanza è meno numerosa e attiva. In Italia, la comunità islamica è composta principalmente da asiatici di prima generazione, come pakistani e bengalesi, che tendono a non politicizzare l’Islam e non nutrono risentimenti legati al colonialismo. Oltralpe, il RN, ha assunto la postura di principale oppositore della comunità magrebina, cercando di attrarre i voti sia di chi vive nelle banlieues sia di chi le teme.

Ma guardiamo a destra. Giorgia Meloni, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, si è schierata nettamente a favore di Kyiv. Da Presidente del Consiglio, ha rafforzato il legame con gli Stati Uniti e il ruolo italiano nella NATO, instaurando una stretta relazione con Ursula von der Leyen. Marine Le Pen, invece, ha sempre preso posizioni opposte, criticando Washington e sostenendo Putin. Nel 2014, il suo partito ottenne un prestito da 9 milioni di euro da una banca ceco-russa, giustificandolo con la mancanza di credito dalle banche dell’UE. Durante la campagna elettorale per le europee, Marine Le Pen ha attaccato Giorgia Meloni per il suo rapporto con Ursula von der Leyen, accusata di essere la causa dei problemi economici e sociali europei.

Le differenze tra la destra francese e quella italiana rimangono notevoli. Fratelli d’Italia ha sfruttato al massimo l’effetto anti-establishment, vincendo le elezioni nel 2022. I Le Pen, invece, hanno avuto vita difficile all’Assemblea Nazionale a causa del sistema uninominale a due turni, che ha limitato la loro rappresentanza fino al 2022, quando ottennero 89 seggi e riuscirono a formare un gruppo per la prima volta. In Italia, la sinistra guarda spesso ai modelli stranieri come strategia per riconquistare il potere. Dopo il successo di Keir Starmer e l’avanzata della sinistra francese, torna il desiderio di emulare leader come Blair o Zapatero.

I francesi, invece, non hanno ancora trovato il modo di far convivere il partito comunista e Horizons, la “gamba destra” del gruppo macronista, due ruoli che in Italia potrebbero essere rappresentati da Calenda. Il campo largo italiano, che non esiste a livello nazionale ma si manifesta nelle elezioni amministrative con alterne fortune, dovrà trovare al suo interno il modo di creare una coalizione strutturata.

In conclusione, queste differenze storiche, politiche e sociali che vengono da lontano, fanno bene al presente. Giorgia può tranquillamente ringraziare l’integralismo di Marine (e l’“autoesclusione” di una formazione che, forse, nell’essere outsider ha trovato la sua comfort-zone), dal momento che avrà vita più facile tra i corridoi di Bruxelles e nei rapporti con Ursula von der Leyen. Dove è decisamente più accettabile una visione critica e riformatrice dell’Europa. Molto meno quella che la vorrebbe ridotta a un manipolo di staterelli un po’ straccioni e destinati a essere facile preda delle superpotenze mondiali. Cina in primis.


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