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Roberto Vannacci

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DOPO neanche quindici giorni Roberto Vannacci è già diventato un caso per la Lega. Non è dato sapere se sia già iniziato il processo che possa mettere in discussione gli ultimi mesi di azione politica della Lega. È ancora troppo presto per isolare «mister preferenze», come lo chiamano ironicamente i leghisti del Nord. Di sicuro il Nord è in subbuglio, i governatori guardano con diffidenze alle mosse di Vannacci e lo stesso fanno tanti dirigenti a vari livelli della Lega. È un fatto che Vannacci oggi sia un indipendente.

Il punto è capire cosa sarà domani. Un fuoriuscito? Eppure c’è un passaggio che più di ogni cosa sembra aver innescato il processo nei confronti di Vannacci. Un’uscita che il generale della discordia – secondo diversi dirigenti di peso – avrebbe dovuto evitare. Fa discutere fuori dalla Lega ma soprattutto all’interno della galassia salviniana quello che Vannacci ha detto su un punto centrale del programma leghista. «L’autonomia differenziata? Non sono né favorevole né contrario». Con il quotidiano La Repubblica, il campione delle preferenze del neo-leghismo si è lasciato scappare: «Avrei voluto questa legge? Non voglio fare ipotesi. Le ipotesi saltano al primo colpo di cannone, come diceva Clausewitz». Frasi che planano nel Transatlantico di Montecitorio e nel salone Garibaldi di Palazzo Madama a poche ore dall’apertura dei seggi per i ballottaggi.

È un venerdì di campagna elettorale ma si trasforma in una puntata del processo nei confronti di Vannacci perchè le parole del generale agitano la galassia della Lega a via Bellerio. «Questa volta il generale l’ha fatta grossa, perché mettere in discussione l’autonomia differenziata significa sconfessare la Lega» è il refrain tra deputati e senatori di ogni livello. Non a caso i salviniani hanno continuato a battere il tasto del risultato ottenuto qualche giorno fa.

Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera di via Bellerio, ha voluto insistere su un concetto: «L’autonomia è da sempre la bandiera della Lega. Il presidente del Consiglio regionale della Calabria dovrebbe interrogarsi sul perché ha scelto proprio la Lega. «Se c’è un tema su cui non può esserci alcun dubbio è la posizione della Lega proprio sull’autonomia: possiamo discutere di tante cose, possono esserci sfumature su tanti argomenti, ma la Lega è il partito che nasce con l’obiettivo di fare dell’Italia uno Stato federale, questo credo sia arci-noto. La Lega nasce per questo e questo è un messaggio che Matteo Salvini è riuscito a portare anche al Sud». Come dire: Vannacci sei fuori strada. Qui ci sono alcuni principi cardine da cui non puoi prescindere. Primo fra tutti “la devoluzione” di bossiana memoria.

MATTEO E L’AUTONOMIA

Ed è tornato sulla questione anche il segretario Salvini: «Vorrei chiedere a qualche polemico distratto del Sud se oggi la sanità, infrastrutture e scuole del Sud e il lavoro non è ai livelli di altre regioni del Centro-nord, è perché un sistema centralistico non dà questa possibilità». Certo, le polemiche non sono mancate in questi giorni. Critiche alla riforma Calderoli sono arrivate anche dall’Europa. Salvini non ci sta: «Lascino che l’Italia cresca, corra e punti sul merito, l’Autonomia è questo, non una vittoria della Lega. È l’applicazione di quello che la Costituzione, per scelta della sinistra, prevede, e quindi è una possibilità per le Regioni di gestire a livello locale ciò che oggi lo Stato non riesce a gestire». Secondo Salvini «non c’è nessuno che perde un euro e se qualcuno non se la sente rimane nell’assetto di oggi. Fa strano – argomenta – che la sinistra abbia cambiato idea, perché l’Autonomia è l’applicazione di quello che la sinistra ha messo in Costituzione. La Lega non ha mai cambiato idea. Credo che sarà un’opportunità per le Regioni che l’hanno chiesta e per quelle che sono arretrate».

I SOSPETTI DELLA LEGA SU VANNACCI

Ma Salvini dovrà occuparsi adesso anche della gestione di mister Vannacci. Il generale fa il battitore libero, si muove senza seguire il perimetro definito dalla comunicazione di via Bellerio. Una strategia, quella di Vannacci, che ha insospettito più di un dirigente, anche tra quelli di rito salviniano. «E se il generale volesse farsi un suo partito?». Il sospetto c’è. C’è infatti chi ritiene che Vannacci si sia voluto pesare alle Europee – dove ha ottenuto 500mila preferenze – perché il suo vero obiettivo sia far nascere un partito a propria immagine e somiglianza. Un partito ex novo che sia collocato a destra e che possa intercettare tutti gli scontenti del centrodestra. Insomma, un contenitore che metta insieme i delusi di Fratelli d’Italia, di Forza Italia, del mondo leghista e anche dei cinquestelle. Non ci sono studi al riguardo.

C’è chi sostiene che oggi un partito di Vannacci potrebbe puntare al 10%. Una base potenziale che mette paura a tutto il comparto del centrodestra. E che, soprattutto, mette in guardia Salvini che ha corteggiato il generale, lo ha candidato e presto potrebbe ritrovarsi con 500mila voti in meno. «Matteo, cosa ti avevamo detto?», domandano con un filo di malizia gli avversari interni di Vannacci. Salvini non sembra essersi pentito della scelta, ma presto potrebbe farlo.


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