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La protesta in Parlamento contro l'autonomia differenziata

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CON la prosecuzione notturna dei lavori l’Assemblea della Camera ha approvato definitivamente il disegno di legge Calderoli sulla autonomia differenziata. La “seduta fiume”, imposta dalla maggioranza, può apparire una inutile restrizione del dibattito e una forzatura nei tempi; in fondo, ha agevolato una parallela e altrettanto sterile protesta delle opposizioni. Il prevedibile risultato della votazione, con 172 favorevoli, 99 contrari e un astenuto, avrebbe consentito, forse anche imposto, una più chiara analisi ed esposizione nel dibattito delle questioni sostanziali e dei punti critici che le istituzioni presentano nell’assetto dei rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie.

Con un dibattito rattrappito, il significato politico di questa non necessaria accelerazione dei lavori parlamentari si restringe nella manifestazione, da parte della maggioranza, della coesa determinazione nel perseguire l’obiettivo dell’autonomia regionale differenziata, si direbbe anche al di là dei contenuti e degli effetti che una riforma di questo tipo può avere. Con una parallela e contrapposta chiusura di principio da parte dell’opposizione, tra le quali le forze politiche che nel 2001 avevano aperto le porte alla possibile attivazione di autonomie regionali differenziate, con la riforma del Titolo V della costituzione. Eppure sarebbe stato utile un dibattito aperto e ricco di idee, per capire come le diverse forze politiche intendono il principio autonomistico, che la costituzione colloca tra quelli fondamentali, nell’articolo 5, e come le stesse forze politiche ne configurino la coerenza con l’unità e indivisibilità della Repubblica, che ne costituisce l’indispensabile corollario, forse anche il limite o il contrappeso, previsto dalla stessa disposizione costituzionale.

Ancora, sarebbe stata una utile occasione per un chiarimento opportuno, forse anche necessario, sugli aspetti finanziari nei rapporti tra Stato e Regioni e sulla ripartizione delle risorse necessarie per assicurare ai cittadini servizi individuali, collettivi e generali che qualificano il livello di vita nei diversi territori. Non limitandosi, quindi ad un generico richiamo ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che lo Stato deve garantire su tutto il territorio nazionale, e la cui determinazione viene ora rinviata mediante una delega al Governo. Difatti quale migliore occasione per fare il punto sull’attuazione, o sulla mancata attuazione, dell’articolo 119 della costituzione che già prevede che le Regioni, oltre ad avere tributi ed entrate proprie, partecipino al gettito di tributi statali riferibili al loro territorio. Ma parallelamente prevede un fondo statale perequativo da destinare ai territori con minore capacità fiscale per abitante e quindi con minore gettito. Inoltre come siano, possano o debbano essere assicurati lo sviluppo economico , la coesione e la solidarietà sociale che la costituzione richiede “per rimuovere gli squilibri economici e sociali” e “per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona”; formula, questa, che richiama il principio di eguaglianza e la pari dignità delle persone. Ne deriva l’obbligo di perseguire un obiettivo che è necessario raggiungere in tempi ragionevoli, destinando risorse adeguate.

Si potrebbe obiettare che il disegno di legge Calderoli delinea essenzialmente le procedure con le quali attuare l’autonomia differenziata: le modalità e i tempi per esaminare le richieste delle singole Regioni interessate, le modalità per la determinazione delle materie o dell’ambito di materie oggetto della trattativa, il negoziato, il procedimento per la definizione delle intese, la loro sottoscrizione e la approvazione da parte delle Camere, le modalità per il trasferimento delle funzioni con le relative risorse strutturali, umane e finanziarie. Non è poco, ma restano aperte le grandi questioni sostanziali. Quale contenuto dare alla espressione “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” che la costituzione consente di attribuire a Regioni a statuto ordinario. Una formula che non consente modifiche surrettizie o striscianti della costituzione, dismissione di competenze statali mediante leggi ordinarie, sia pure votate dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti e sulla base di una intesa con la Regione interessata. Anche con e per l’attribuzione di nuove funzioni alle Regioni, rimane fermo che è riservata alla legge dello Stato la determinazione dei principi fondamentali, Rimane, inoltre, compito dello Stato assicurare l’unità giuridica ed ‘unità economica del Paese, precisando gli strumenti necessari a questo fine. In definitiva la legge sull’autonomia differenziata è l’apertura di un percorso, una scatola vuota da riempire di contenuti. Richiede ora la capacità di analisi e l’approfondimento che sono fino ad ora mancati.


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