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Papa Francesco con Giorgia Meloni durante il G7 in Puglia

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L’effettività delle conclusioni prese al G7 non è automatica, in un mondo che aspetta di sapere quali forze guideranno Europa e Usa

FORSE è solo una leggenda perché non erano in tanti ad ascoltare le conversazioni dei leader degli Alleati (Roosevelt, Churchill e Stalin) quando in vista della vittoria nella Seconda Guerra mondiale, si spartivano le zone di influenza in Europa. Si racconta, tuttavia, che Winston Churchill ad un certo punto della discussione abbia richiamato l’attenzione dei suoi interlocutori sull’opportunità di tener conto anche del Papa, suscitando così una pronta reazione di Stalin: “Il Papa, ma quante divisioni ha?’’. Nessuno dei leader radunati da Giorgia Meloni nel cuore della Puglia si è posto questo problema quando al G7 tra i grandi del mondo per la prima volta nella storia si è presentato il successore di San Pietro. Anzi, in quel giorno il vertice ha fatto il tutto esaurito e ben dieci capi di Stato (compreso il presidente Zelensky ospite d’onore) hanno avuto degli incontri bilaterali con Francesco, al quale è stato chiesto di ‘”dare la linea” sul grande tema dell’Intelligenza artificiale e dei suoi effetti sul complesso del vivere civile: un tema che con l’intervento del Papa è stato riportato – come era giusto perché sono i più importanti – ai principi e ai valori etici che devono tracciare dei confini invalicabili.

In sostanza, il senso di quella discussione ha costituito una sorta di autocritica nei confronti dell’accettazione degli sviluppi prodigiosi della scienza che vanno oltre i principi del diritto naturale sconfinando con l’eugenetica, la manipolazione dell’identità naturale dell’essere umano in spregio al miracolo della creazione: tutto ciò in nome di presunti nuovi diritti di cui è ignota la fonte. Lo dimostra il fatto che il dissenso più significativo (segnatamente tra Meloni come padrona di casa e Macron alle prese con una drammatica consultazione elettorale) ha riguardato l’inserimento del diritto d’aborto nel documento conclusivo.

È fin troppo evidente che la mediazione proposta da Giorgia Meloni, di richiamare il testo votato ad Hirosima, ha risolto formalmente il problema, ma l’operazione segna comunque l’avvio di un cambio di indirizzo su di un tema tanto delicato, ma trasformato e assurto, negli ultimi anni, a simbolo delle libertà e dei diritti delle donne. Ecco perché se si è convinti della necessità di una revisione della relativa disciplina, non ha senso giocare sul rinvio.

Tutto ciò premesso, che giudizio complessivo si può dare del G7 a guida italiana? Bisogna soffrire di frequenti travasi di bile – una patologia in forma acuta da cui è affetta l’opposizione – per parlare di fallimento del G7. Questi incontri al vertice hanno sempre degli aspetti diplomatici, celebrativi e vacanzieri. E così è avvenuto anche a Borgo Egnazia. Il servizio d’ordine è stato impeccabile. Nei momenti salienti erano presenti capi di Stato che non fanno parte del G7, ma che occupano una posizione (si pensi all’India) determinante e crescente per gli anni a venire del mondo intero. Anche le contestazioni consuete sono state civili e non hanno provocato incidenti con le forze dell’ordine per l’effetto di deterrenza messo in campo dalle autorità. Quanto ai contenuti, sono state prese quelle decisioni che dovevano essere assunte in questo momento: prima di tutto, prosegue e si rafforza il sostegno all’Ucraina non solo sul terreno della fornitura di assistenza militare, ma anche con la confisca dei patrimoni (50 miliardi) sequestrati agli oligarchi russi in Europa. È stata confermata la posizione tradizionale (due popoli, due Stati) per quanto riguarda il conflitto in Palestina: un obiettivo per ora irrealizzabile, ma che consente di smorzare le sbandate filo palestinesi delle opinioni pubbliche occidentali. In proposito sono intervenuti due fatti che stanno a dimostrare il livello di follia che sta spirando sul vecchio Continente (e non solo). È stato documentato dalla stampa internazionale il cinismo con cui Hamas (si vedano le ammissioni di Yahya Sinwar) considera i civili palestinesi carne da macello, comprese le donne e i bambini, fino al punto di fare il conto di quante decine di migliaia di morti rafforzano la causa dei nemici di Israele e lo isolano presso la comunità internazionale.

L’altra vicenda singolare è quella dei gruppi LGBTQ+ che, in questo frangente, si mobilitano per la Palestina, i quali rappresentano una contraddizione perché sostengono il loro carnefice: un po’ come se un tacchino celebrasse il Natale per finire nei piatti del pranzo di famiglia. Sotto il governo di Hamas o di altri regimi in Medio-Oriente, le persone LGBTQIA+ sarebbero perseguitate e uccise. Ecco, sostenere la resistenza palestinese sarebbe un errore suicida. Così un omosessuale palestinese potrà festeggiare il Gay pride soltanto recandosi di nascosto in Israele. Tornando al G7, l’effettività delle conclusioni non è automatica, in un mondo che sta ancora attendendo i nuovi assetti in divenire: quali forze guideranno l’Europa, chi vincerà le elezioni in Usa. Per intanto la nave va… nella precedente direzione.

E in Italia? La banda del buco che suona il piffero all’antifascismo non riesce ad uscire dalle sue ossessioni. Ogni episodio (il caso del portavoce del ministro Lollobrigida, la rissa in aula alla Camera, l’emissione di un francobollo in cui è effigiato un personaggio che era considerato un fascista anche dai fascisti, ma che aveva fondato la Roma AS), viene interpretato dalle opposizioni come la prova che Annibale è alle porte; che in Italia sono in atto quei tentativi di neofascismo applicato che in varie forme sono scaturite dal voto europeo. Meloni deve stare attenta e ricordare che, all’apertura del suo primo vertice mondiale nel 1994, il pool di Milano fece trovare, tramite stampa, al mattino dell’apertura dei lavori, un avviso di garanzia per un reato gravissimo e infamante. A Giorgia per ora è andata meglio. Due media d’assalto (uno ci aveva già provato un’altra volta a Milano ma gli era andata male) hanno incaricato una giornalista sotto copertura di infiltrarsi nella comunità romana di Gioventù nazionale (il movimento giovanile di Fratelli d’Italia). Il servizio – che riporta tanti gesti di apologia del fascismo conclamato – è andato in scena, in occasione del G7, su Piazza Pulita, rimbalzando la sera dopo come una palla nel salottino di Lilli Gruber, con l’immancabile invito a Meloni a chiarire la posizione del suo partito su quegli atti di fascismo nostalgico esibito. E’ la tecnica definita dell’agente provocatore. Anche sul fronte delle alleanze Meloni ha dei problemi. Matteo Salvini sta intessendo giri di valzer con Marine Le Pen, mentre Macron tenta di salvare il salvabile in Francia.


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