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piani fiscali strutturali della nuova governance incidono sulle regole contabili nazionali. Non parlano più di obiettivi a medio termine, ma di traiettoria della spesa netta e monitoraggio a vista del debito. Non è detto che spariscano Def e Nadef, ma sono rivisti i contenuti e si verifica con scadenze europee inderogabili ciò che non funziona. Per spegnere il marchettificio italiano dobbiamo sperare nel nuovo vincolo esterno che interviene. È l’unico modo che abbiamo per non pensare più solo all’anno in corso, ma anche a quelli che vengono dopo.

Siamo all’atto finale del grande marchettificio italiano che va sotto il nome pomposo di procedimento legislativo di bilancio. L’ul – timo atto di questo processo dove è vietato pensare al domani e si opera invece confusamente per l’oggi va sotto il nome di Milleproroghe e segna il punto massimo di decadenza dell’intera struttura legislativa e esecutiva del Paese di finanza pubblica. Tutto ciò che non si è potuto scaricare sulla legge di bilancio già inzeppata di disposizioni ordinamentali e di riorganizzazioni ministeriali che non c’entrano niente, viene nottetempo recuperato dentro il cosiddetto Milleproroghe, che è una specie di grande calderone, dove tutto quello di cui hanno bisogno la Regione Lazio come quella della Calabria e così via, viene puntualmente inserito tra un emendamento e l’altro.

Ovviamente quasi mai nulla c’entrano queste marchette con scadenze da rinnovare, che è la ratio dei provvedimenti del Milleproroghe, e ovviamente il capo dello Stato monitora, controlla, ha più volte avvertito, ma la furbizia e l’abilità estrema dei parlamentari di tutte le fazioni fanno sì che la spuntano sempre e riescono così a soddisfare le richieste dei loro clientes. Perché hanno dalla loro un sistema dove i regolamenti parlamentari fanno acqua da tutte le parti, nessuno vede e controlla niente, i servizi tecnici e di bilancio si fanno i fatti loro. Vengono tutti presi anche per stanchezza visto che gli emendamenti a favore degli amici degli amici vengono sempre presentati all’ultimo secondo e la distorsione del bicameralismo perfetto impedisce per i tempi contingentati anche solo di pensare di correggere al Senato ciò che tutti sanno che è stato fatto di pasticciato alla Camera. Mattarella ha già messo tutto nero su bianco.

Ha scritto perché è giusto e, forse, perché così rimane anche agli atti. Il primo, vero tema è cambiare i regolamenti parlamentari di Camera e Senato per mettere le strutture tecniche nelle condizioni effettive di dichiarare inammissibile ciò che lo è perché non conferente con il documento di economia e finanza (Def) e la nota di aggiornamento (Nadef) nonché con il parere degli uffici tecnici di bilancio sulla legge contabile del Paese. Tutto questo non avviene mai durante le stagioni politiche di qualunque colore siano. Anche perché chi potrebbe, benché messo oggettivamente alle corde dal trucchetto dei tempi contingentati e delle proposte presentate al voto all’ultimo istante, non fa mai da diga per la legge di bilancio contro gli interventi microsettoriali che non dovrebbero esserci e che vengono invece sempre fatti entrare con gli emendamenti concordati e approvati.

Arrivati al Milleproroghe siamo poi al mega-carrozzone perché è l’ultima stazione utile per fare salire sul treno ciò che la legge di bilancio era stata costretta a lasciare a terra e perché ogni fazione politica ha nel frattempo accumulato nuove marchette da rifilare dentro e non può perdere l’ultima occasione che ha a disposizione. Questo schifo collettivo è la dura realtà con cui da troppo tempo siamo costretti a fare i conti e qui dovremmo sporcarci le mani per cambiare le cose invece di inseguire nuove frammentazioni decisionali con la cosiddetta autonomia differenziata o affidarci a soluzioni salvifiche che tali non sono come il premierato pasticciato di cui si parla ogni ora. La soluzione al primo dei problemi italiani di contabilità pubblica potrebbe paradossalmente venire da quei piani fiscali strutturali che la nuova governance europea sancisce come inderogabili.

È così perché vanno a incidere sulle riforme contabili nazionali e sulle regole disciplinandole. Questi Piani fiscali strutturali, ad esempio, non parlano più di obiettivi a medio termine, ma di traiettoria della spesa netta, guardano molto di più al debito con monitoraggio a vista, dispongono che il miglioramento tendenziale delle entrate non può essere recuperato a copertura di niente, roba buona o marchetta che sia. Non è detto che esistano proprio più il documento di economia e finanza (Def) e la nota di aggiornamento (Nadef), ma di certo andranno rivisti i contenuti per potere verificare a tempo debito con scadenze europee inderogabili ciò che funziona e ciò che non funziona. Per spegnere il marchettificio italiano dobbiamo solo sperare nel nuovo vincolo esterno europeo che prima avverte poi interviene. Se ci pensate bene, è l’unico modo che abbiamo davvero per non pensare più solo all’anno in corso, ma anche a quelli che vengono dopo.


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