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A furia di provare ad ammucchiare voti si ammucchia la sacrosanta difesa dei diritti civili con gli egoismi nazionali che li calpestano. Per la stessa ragione quando un viceministro preparato come Leo vuole dare una spinta alla sacrosanta lotta all’evasione fiscale con gli strumenti digitali, è obbligatorio aggiustare per non spaventare nessuno. Sui trattori siamo alla farsa di lotta e di governo. Abbiamo sostituto il partito pigliatutto degli anni ‘60 che faceva sintesi sociale con operai, ceto medio e capitalismi con il partito pigliatutto che ammucchia corporazioni grandi e piccole e non potrà che scontentare tutti. Così non arrivano neppure i voti.
La battuta più feroce e sicuramente fuori luogo è quella che per raccattare voti alla fine si farà anche finta di fare pace con i mafiosi. In questo siamo fuori dalla realtà, oltre che al cattivo gusto. Il punto vero, però, è un altro. Che nella stessa coalizione di governo si sta con Orban e con la Nato o, se possibile ancora peggio, convivono chi vuole fare la lotta all’evasione fiscale con i soli strumenti veri, che sono quelli digitali, e chi subito lo mette in riga e, di fatto, lancia segnali chiari a tutela di chi evade il fisco. Sui trattori, poi, siamo alla farsa di lotta e di governo ignorando che i trattori che marciano contro l’Europa sono stati tutti pagati dall’Europa e che senza le casse europee la nostra agricoltura chiude. Che il 40% del reddito medio agricolo italiano è fatto dai soldi europei e che sui furori ambientalisti e sulla carne sintetica l’Europa ci ha già dato ragione. È sbagliato, oltre che grave, che ci sia chi soffia sul fuoco mescolando i piani delle giuste rivendicazioni con una protesta populista, ma purtroppo è così.
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Abbiamo detto sostanzialmente no alla Turchia perché in Europa non puoi andare con i ceppi in tribunale e abbiamo chiesto alla Georgia di lasciare perdere perché entrambe non si adeguano. Per chi invece ha già avuto il sì e è già in Europa, ma non si adegua, allora invece facciamo finta di niente. Purtroppo, Orban non può essere costretto a cambiare le sue aberranti regole perché l’Europa non ha un sistema di poteri e di moral suasion compatibile con quello che vige per le Regioni italiane in quanto l’Europa è ancora una confederazione dove chiunque può di fatto decidere a modo suo e non si può espellere nessuno come se fossero tutti cittadini di una storia non scalfibile che in realtà non esiste.
Siamo davanti a un sistema curioso, anche sbagliato. In Italia non puoi cacciare la Sicilia e nemmeno la Valle d’Aosta, ovvio anche perché qui la storia parla davvero, ma l’Italia ha gli strumenti per costringere la Sicilia e la Valle d’Aosta ad adeguarsi se decide che nei loro territori non viene rispettata una legge italiana. In Europa puoi dire che non sei d’accordo, ma una vera sanzione ancora non c’è. È questo uno dei tanti grovigli europei dove diventano negoziabili su altri piani e per altre convenienze anche diritti civili mai negoziabili come dimostra proprio il caso Salis-Orban.
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Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, è una persona preparata e ha detto cose di assoluto buon senso sulla lotta all’evasione fiscale, ha indicato la strada digitale che è di sicuro quella più appropriata e ha fatto un ragionamento importante che tocca i principi fondanti di una comunità civile dove non è tollerabile la condizione diffusa di chi guadagna molto e non paga nulla.
Subito, da dentro la sua stessa maggioranza, si è alzato il solito polverone di distinguo e insopportabili correzioni del giorno dopo che suonano come una maldestra difesa di chi si colloca fuori delle regole. È un disastro assoluto perché si paga la tolleranza verso l’evasione in quanto esprime un’illusione elettorale che non può durare più a lungo. Perché il problema lo pongono gli altri e perché i soldi vanno cercati lì anche per ragioni di stabilità e di equità che investono direttamente la politica. Sono finiti i tempi in cui si scambiava la sicurezza del posto fisso e delle annesse protezioni sociali con la tolleranza verso l’evasione di un lavoro autonomo privo di sicurezze e di protezione sociale.
Oggi non è più così e sottovalutare questo problema significa non vedere la bomba sociale di cui la gente è portatrice ed è destinata ad esplodere. Prima c’era una tolleranza diffusa, ora non è più così. Se non vuoi avere la rivoluzione, la lotta all’evasione fiscale va fatta e basta. Ovviamente senza giacobinismi, che peraltro non servono a niente, ma va fatta e farà la distinzione tra una Destra di governo che ha una sua serietà e cerca gli evasori e chi invece continua a pescare nel torbido. Tra altro con le ristrettezze di bilancio, non ci sono neppure più margini contabili di flessibilità. Questa è la realtà, il resto sono chiacchiere.
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La politica, al governo come all’opposizione, non rinuncia purtroppo al solito copione fatto di rumore di demagogie. Nel contesto geopolitico attuale non potrebbe esserci nulla di peggio. La Lega e Salvini, in particolare, sono i primi attori, ma tutti giocano demagogicamente sul filo dei decimali dei presunti consensi elettorali. Si illudono di rubarne qualcuno a qualcun altro accontentando la corporazione di turno o solleticando le pance populiste perfino sui diritti civili che sono inviolabili senza neppure capire che alla fine si scontenterà tutti e si perderanno anche voti.
Lo storico tedesco Otto Kirchheimer nell’altro secolo scrisse che la Cdu vinceva in Germania perché metteva insieme l’interesse di tutti, mentre i socialdemocratici della Spd perdevano perché erano e rimanevano solo il partito della classe operaia. Se vogliamo rimanere in Italia la Democrazia Cristiana prima della fase finale degenerativa fu la sintesi che teneva insieme il Paese e lo faceva correre trovando un punto comune dove non si misero insieme egoismi e privilegi, ma si attuò un grande patto sociale che fece progredire la società, l’economia e la convivenza civile. Il partito pigliatutto di oggi è il luogo dell’ammucchiata che si illude di ammucchiare voti, ma in realtà mette insieme l’inconciliabile. Può strappare qualcosa nel breve termine, ma è destinato a scontrarsi contro un muro fatto di pietre corporative invalicabili che lo costringerà a prendere atto di avere scontentato tutti.
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