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Le fratture militari, religiose e economiche, il lungo momento di sospensione americano, la crisi storica cinese che fa esplodere le diseguaglianze, mettono a nudo la miopia dell’Europa che non si rende conto di avere nel Sud italiano l’unico punto stabile di riferimento per questo mondo senza una governance all’altezza delle sue frammentazioni. È la sola parte regolamentata sicura dentro la grande polveriera dei 4 Mediterranei e l’unica opportunità del nuovo possibile equilibrio mondiale. Perché quando tutti i i punti di riferimento sono in movimento, chi è stabile fa da riferimento per gli altri. Quando tutti ballano, sta avanti chi ha il privilegio di restare fermo
Le fratture del mondo sono ogni giorno più numerose, pongono un problema non più rinviabile di nuova governance globale e di ricomposizione degli interessi tra i tanti Sud in gran parte autocratici e il Nord democratico sempre più ristretto e sfilacciato. Sono le fratture di due guerre regionali diventate ormai globali e intrecciate tra di loro. Sono le fratture putiniane determinate dall’invasione russa dell’Ucraina e quelle derivanti dalla rottura delle catene della logistica globale per le materie prime del futuro di origine pandemica cinese che hanno portato la Germania alla recessione.
Sono fratture che riguardano la presa russo cinese sul continente africano con l’espugnazione del Niger, unica roccaforte occidentale fino ad allora sopravvissuta, e con la formale acquisizione delle centrali nucleari del Sahel attraverso un intreccio neocolonialista che mette insieme le armi di Putin e i finanziamenti a usura del nuovo Mao cinese a vita. Sono fratture che si vanno a sovrapporre a quelle già prodotte dal secondo colonialismo francese e dal secondo colonialismo anglosassone. Sono fratture che la dicono lunga sulla bontà della intuizione strategica non predatoria del Piano Mattei, ma anche delle difficoltà che senza un approccio europeista compatto che coinvolga grandi e piccoli e privilegi la geografia ha concrete difficoltà di attuazione. Sono fratture che riguardano il conflitto interno ai musulmani.
Sono fratture che riguardano le bombe dell’Iran sul Pakistan che si vogliono contenere dentro uno schema anti-israeliano, di per sé grave, ma che purtroppo vanno oltre e riguardano una frammentazione ormai troppo diffusa del conflitto. Esattamente come è avvenuto prima in Mar Rosso e poi come reazione nello Yemen. Tutto questo avviene perché i grandi giocatori vivono momenti complicati e il mondo non si è dotato preventivamente di una governance globale che permettesse di gestirli. Abbiamo l’elefante Trump che con il suo carico di voti e di processi riporta indietro le lancette degli Stati Uniti e comunque rinvia tutte le decisioni che contano perché la più grande democrazia del mondo entra fino al responso delle urne di novembre in un limbo di sospensione proprio mentre il mondo è sconvolto da ogni genere di conflitto e avrebbe bisogno di ritrovare un suo nuovo equilibrio.
L’altro grande giocatore è la Cina che non è una democrazia e soffre la crisi storica delle sue esportazioni e la caduta della domanda interna e tutto ciò determina il blocco della crescita e l’aumento delle diseguaglianze che non è proprio ciò che serve per tenere unito un Continente esteso e popoloso dove la democrazia è un collante ancora sconosciuto. Tutte queste fratture del mondo che alimentano angosce diffuse e demoliscono le economie non aprono varchi di riflessione politica seria nella cabina di comando dell’Europa e vengono addirittura nascoste, mimetizzate, ridimensionate anche dal forum economico mondiale di Davos.
Che ha raggiunto quest’anno punte davvero surreali per il secondo livello dei personaggi coinvolti, ma soprattutto per le analisi staccate da un filo comune dove la presidente della Bce, Christine Lagarde, non molto stimata essenzialmente perché fa un lavoro che non è suo, può tranquillamente parlare di un 2024 di normalizzazione e di essere pronta a qualsiasi scenario americano senza alcuna argomentazione che segua una visione e un’azione coerenti da parte di chi ha nelle sue mani il governo della moneta europea. Non emergono guizzi dalla tolda di comando della Bce, anzi la solita confusione di messaggi, che contribuiscono a rendere Davos sempre più una passerella di capi di governo e di grandi capitani di imprese e banche che non sembrano cogliere il dato dominante della frammentazione mondiale che tutto cambia e ben altre consapevolezze e coerenze di comportamenti imporrebbe.
Emerge, oltre ogni decenza, la miopia di un’Europa che non si misura con il grande gioco politico frammentato che domina oggi la scena globale e che avrebbe nel Sud italiano, che si affaccia sul Mediterraneo, l’unico punto stabile possibile di riferimento per questo mondo senza una governance all’altezza delle sue divisioni e delle sue frammentazioni che moltiplicano giorno dopo giorno quelle già esistenti. Fare diventare il Mezzogiorno italiano un punto stabile di rifermento dell’Europa e del nuovo mondo è nelle cose perché è l’unica parte regolamentata e sicura dentro la grande polveriera dei quattro Mediterranei e è, allo stesso tempo, l’unica grande opportunità del nuovo possibile equilibrio mondiale. Perché quando tutti i punti di riferimento sono in movimento, chi è stabile fa da riferimento per gli altri. Quando tutti ballano, sta avanti chi ha il privilegio di restare fermo.
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