5 minuti per la lettura
Non si accorgono né i potenti a Davos (il Nord Globale) né i diseredati a Kampala (il Sud Globale) con Cina e India che fanno il doppio gioco, di avere tutti un problema: dare al sistema internazionale una governance per i cambiamenti strutturali. La Cina vuole un nuovo ordine economico globale, l’India l’integrazione e le riforme del suo mercato. Noi in Europa ci occupiamo di numeretti e in Italia di dibattito Meloni- Schlein, non della posizione in una crisi che paghiamo più di tutti. La speranza è il ponte che l’India vuole costruire tra Nord e Sud del mondo. Democrazia americana e Europa dimostrino di esistere e prendano atto che sono saltate le vecchie gerarchie.
ADavos si sono riuniti i ricchi e hanno fatto la solita passerella. Non succede niente a Davos ormai da tempo. Si fanno previsioni sbagliate. Non vedono quello che succede nel mondo. Eccezioni rare a parte. Ci sono state la sorpresa dello show ultra-liberale del presidente argentino, Javier Milei, e le gincane più o meno umoristiche di questo o quello per non fare i conti con l’elefante Trump o con la Russia che si è presa il Sahel. Non è mancata neppure la sortita di un vice presidente della Commissione europea che senza alcun senso del ridicolo parla di riallineamento del bilancio italiano dopo averlo chiesto alla maggioranza assoluta dei Paesi europei e averne bocciati altri quattro tra cui Francia e Olanda. Come se questo piccolo particolare non volesse dire di per sé che l’Euro – pa non esiste e che chi la rappresenta ha perso nove gradi su dieci di vista se non si accorge neanche che due guerre regionali sono diventate globali, che il Sud e il Nord del mondo si sono organizzati in due baricentri alternativi, che il rallentamento globale e la recessione tedesca sono il frutto avvelenato di questo quadro geopolitico ribaltato e che i loro numeretti di finanza pubblica più o meno allineati sono il concentrato di massima stupidità di un mondo che sopravvive a se stesso solo nelle loro teste. Non è chiaro fino in fondo se c’è stata o meno una regia cinese, ma è un dato di fatto che in contemporanea con le giornate di Davos a Kampala, in Uganda, si è tenuto il vertice del Movimento dei Paesi Non Allineati e sta per iniziare il G-77 (“Non lasciare nessuno indietro”) che rappresentano insieme mal contato il 60% del Pil mondiale. A Davos la Cina è presente con il suo primo ministro che sembra essere più lì in veste di spettatore che di protagonista. A Kampala la Cina e l’India esprimono il massimo di enfasi politica possibile sul peso del Sud globale nel mondo e non nascondono l’obiettivo strategico di rivendicare un loro ruolo sempre più importante nel Movimento dei Paesi Non Allineati e nel G-77. A Davos ovviamente raccontano sottotono un’altra storia, annunciano nuove mosse, garantiscono un maggiore impegno con il mondo occidentale. Anche perché l’incontro annuale dei ricchi è partito dal riconoscimento – a tratti tortuoso, ma oggettivo – che la globalizzazione è cambiata, non è sparita certo ma è cambiata, stretta come è dentro il nuovo conflitto tra le grandi potenze del mondo, l’indebolimento di quelle occidentali, e un miope nazionalismo economico – soprattutto europeo – che sopravvive a ogni evidenza e resta impermeabile a ogni decadenza.
Aloro volta, chi guida il Movimento dei Paesi Non Allineati, gli “allargati” BRICS che hanno già perso per strada l’Argentina, e quello che rimane del G-77 riunitisi tutti a Kampala, avvertono sulle spalle il peso dell’arretratezza, di vecchi e nuovi colonialismi, di mille distorsioni economiche e civili. Intuiscono, però, che qualcosa sta cambiando, ricevono attenzioni e lusinghe mai viste prima, possono cadere in tentazioni e alleanze sbagliate e rischiano concretamente di scoprire molto presto che la rinnovata euforia politica nei confronti del Sud Globale è insufficiente per affrontare le incognite, le sfide e le opportunità del cambiamento dell’ordine mondiale. Non si accorgono né i ricchi e i potenti del mondo a Davos (il cosiddetto Nord Globale) né i diseredati a Kampala (il cosiddetto Sud Globale) che hanno tutti loro insieme, con Cina e India che svolgono due parti in commedia, non un problema comune da discutere, ma da risolvere molto presto. Devono tutti e tre i grandi raggruppamenti del nuovo mondo affrontare il problema dei problemi che è quello di dare al sistema internazionale una nuova governance in grado di gestire i cambiamenti strutturali in atto uscendo dagli slogan del globalismo e del collettivismo che appartengono a un passato che non può più tornare. C’è una differenza rilevante, da non sottovalutare, negli obiettivi strategici di Cina e India. La prima ha una grande ambizione che è quella di rivedere l’ordine economico globale. La seconda pone la massima attenzione sull’integrazione e sulle riforme del suo mercato nazionale. Dei due chi fa più di tutti il doppio gioco è la Cina che, da un lato, si presenta come grande player del commercio globale dell’attuale ordine mondiale e, dall’altro, si presenta a Kampala come l’alternativa all’attuale ordine costruito ed amministrato dagli Stati Uniti. L’India, tutto sommato, appare più lineare e non nasconde la sua ambizione di essere il ponte tra il Nord e il Sud del mondo. Noi in Europa ci occupiamo di numeretti e in Italia se ci sarà o meno il dibattito tra Giorgia Meloni e Elly Schlein. Non abbiamo tempo di occuparci se non altro della posizione con la quale stiamo dentro questa crisi globale che sta montando sempre più. Per capire, ad esempio, che se non rivitalizziamo l’Europa, saremo noi e la stessa Europa due pedine meno importanti della stessa Inghilterra che se ne è andata, sbagliando, per i fatti suoi. Perché l’Inghilterra paga il conto di avere sempre meno finanza anche se rimane comunque una piazza finanziaria, ma in ogni caso nel mondo pesa più di noi perché ha una forza militare che l’Europa e l’Italia non hanno e, quindi, può dire la sua sulla situazione in Yemen e Mar Rosso di cui noi, non loro, paghiamo il prezzo più pesante.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA