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La premier imbocchi la strada che costruisce un’alleanza europea, non italiana. Perché o l’Europa conquista una sua autonomia o è un condominio di nazioni dove ognuna pensa a strappare un po’ di fondi o di mercato comune in più. Questa alleanza si fa con tedeschi e francesi sfruttando le loro debolezze economiche e di leadership congiunturali. Una finestra di opportunità non dura all’infinito. Siamo riusciti a capitalizzare le buone relazioni sul Pnrr e non sul Patto a causa di debolezze interne. Giorgia Meloni corra il rischio di mettersi in gioco. Può vincere se mette a posto chi in casa la fa sbandare.

Il cancelliere Olaf Scholz è messo malissimo. Al di là della copertina dell’Economist che definisce la Germania il grande malato d’Europa, è la reale crisi strutturale della sua economia manifatturiera a dovere preoccupare. Questo quadro clinico impone iniezioni di sostegni pubblici nazionali e europei giganteschi per ribaltare il doppio scacco russo-cinese che incide in modo irreparabile sulla competitività delle sue imprese avendo perso la Germania il doppio vantaggio di gas russo e chip cinesi a basso prezzo. Il quadro clinico sul piano economico è chiaro, ma la cura necessaria non scatta perché il quadro economico è a sua volta peggiorato sul piano politico.

A causa della caduta di consensi sul cancelliere e sulla coalizione semaforo che lo sostiene e incontra forti difficoltà a tenere insieme Verdi e liberali che non vanno d’accordo quasi su nulla. Il risultato finale di questo doppio pasticcio è che la gabbia tedesca che la Germania si è autoimposta con il freno al debito e che oggi la danneggia micidialmente è stata esportata al livello più alto del nuovo Patto europeo di stabilità e crescita a fini puramente elettorali. Soprattutto dei liberali, rappresentati dal ministro Lindner al tavolo delle trattative europee, per potere raccontare ai tedeschi lo schema elettorale che si sono messi in riga gli spendaccioni italiani e rassicurarli che loro non pagheranno mai i nostri debiti.

Quello che, però, sfugge a molti osservatori è che il rapporto tra il cancelliere tedesco e la presidente del Consiglio italiano è eccellente e ancora migliore è quello della Meloni con la von der Leyen. Si tratta di un doppio rapporto di fiducia reciproca tra i vertici tedeschi-europei e quello italiano che si deve misurare con le difficoltà politiche interne nei rispettivi Paesi. Questo rapporto, però, esiste, è più solido di quello che si pensi, può essere prezioso per sistemare nel medio termine le ricadute oggettivamente negative per Europa, Italia e Germania del nuovo Patto europeo.

Soprattutto questo rapporto si è sostanziato nel nuovo Piano di azione tra Germania e Italia che, come il Trattato del Quirinale con la Francia, esprime la forza internazionale di uno strumento di strategia politico-diplomatico a livello istituzionale che va sfruttato. Dentro questo schema di alleanza del futuro tra Italia e Germania il ministro che di certo si è mosso con più efficacia è quello della cultura, Gennaro Sangiuliano, che ha avuto ieri una giornata di lavoro con relativa cena con la sua omologa tedesca, la verde Claudia Roth, nell’ambito di esecuzione del programma correlato legato al Piano di azione.

Così come non è sfuggito agli osservatori più attenti che i due direttori tedeschi di musei in Italia, unanimemente stimati, sono stati uno riconfermato alla guida di Pompei, l’altro reduce dal successo della guida degli Uffizi è stato chiamato a gestire la sfida impegnativa di Capodimonte. Bisogna avere la consapevolezza strategica che questo Piano di azione può salvare l’Europa e dare un posto all’Italia nel gruppo di guida che cambia quella stessa Europa. Giorgia Meloni è davanti a un bivio politico e, se vuole avere un futuro politico duraturo, non può sbagliare strada.

Deve imboccare quella che la conduce a costruire un’alleanza europea, non italiana. Perché o l’Europa riesce a conquistare una sua autonomia che vuol dire regole davvero comuni di politica di bilancio con la necessaria flessibilità, politica estera e di difesa comuni, o continua viceversa ad essere un condominio di nazioni dove ognuna, sempre più debole, pensa solo a strappare un po’ di fondi in più o un po’ di mercato comune in più. Se si continua così, non c’è futuro per nessuno perché l’Europa viene mangiata da una crisi internazionale dopo l’altra. Questo è il contesto che prepara la definitiva crisi strutturale europea dentro il quale emerge un dato politico inconfutabile: per motivi diversi sia la Germania sia la Francia non sono più quelle che possono dettare legge per tutti.

Per queste ragioni si apre uno spazio politico incredibile per l’Italia che Giorgia Meloni può sfruttare, ma a patto che si verifichino due condizioni. La prima è che si liberi di tutti quelli che sono la sua palla al piede, tipo Salvini, facendoli ragionare una volta per tutte perché è evidente che sono questi tipi di comportamenti che la fanno guardare con i denti alti da Germania e Francia. La seconda è che deve uscire da una contrapposizione feroce con le opposizioni cercando di dividerle per costruire una dialettica civile con la parte con cui la può avere. Senza cadere nella trappola dei Cinque Stelle che se ricevono l’offerta di qualcosa che a loro serve vengono dietro e se la prendono, ma per la Meloni sarebbe la fine.

Se la Presidente del Consiglio italiana non trova questa stabilizzazione interna in modo relativamente strutturale diventa come Macron e come Scholz e perde il suo valore aggiunto. Che, a partire dal Piano di azione con la Germania e agendo all’interno del nocciolo duro franco-tedesco, è di certo l’arma più importante che ha in mano e può giocarsi con buone possibilità di successo. È ovvio che tutto ciò esige che lei faccia un salto di qualità correndo il rischio di mettersi in gioco. Questa finestra di opportunità non durerà all’infinito e va sfruttata ora. Siamo riusciti a capitalizzarla con le buone relazioni sul Pnrr e non sul nuovo Patto a causa di queste nostre debolezze interne. C’è tempo per recuperare perché il nuovo pasticcio europeo va rimesso a posto, ma questo tempo è stretto e esige raddrizzamenti immediati. Questa è la vera, unica, grande partita politica che ha davanti a sé Giorgia Meloni. Se la può giocare facendo la grande alleanza europea e mettendo a posto chi in casa rischia di farla sbandare.


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Francesco Ridolfi

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