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Giorgia Meloni in conferenza stampa

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Ha detto che c’è un tempo buono per tagliare la spesa pubblica e che giustizia, burocrazia e messa a terra del Pnrr sono priorità. Ha aperto con distinguo su concorrenza e privatizzazioni e rilanciato il Piano Mattei. Sono punti di un programma conservatore moderno. La partita cruciale è attuarlo. Ci sono due piani in politica. Uno è lo spettacolo, come è avvenuto ieri, anche se di livello. Un altro è dove si decide. Conta il piano di Meloni, Tajani, Fitto e Giorgetti che devono fare le cose dentro un disegno organico percepito come tale dagli italiani, dalle istituzioni europee e internazionali, dai mercati. Un disegno organico di cui ci si assume la responsabilità. Questo è il punto di sintesi di un’azione di governo, ma anche il più rischioso perché se ne dovrà dare conto.

GIORGIA Meloni ha dato risposte chiare sul valore del senso dello Stato da tutelare sempre che questo giornale ha posto a lei direttamente, a maggioranza e opposizione, sui casi Pozzolo e Degni. Avrebbe potuto dire qualcosa di più sul caso Verdini non tanto sul piano politico quanto piuttosto su ciò che attiene ai doveri di chi governa e deve fare sentire il fiato sul collo della società (Anas) al centro dell’inchiesta.

La prima risposta forte è venuta da ciò che ha deciso di fare nei confronti del parlamentare “pistolero” Pozzolo di Fratelli d’Italia, deferito ai probiviri e sospeso dal partito, cogliendo il dato di quella responsabilità a cui è venuto meno sul quale noi abbiamo molto insistito perché lede la credibilità delle istituzioni e impone una condanna esemplare. Discorso analogo vale per il giudice della Corte dei conti Degni che con il suo tweet in cui condanna il Pd per non avere favorito l’esercizio provvisorio si macchia di una prima responsabilità che è proprio quella di essersi abbassato a un livello di polemista da osteria e, soprattutto, di una seconda responsabilità che è quella di auspicare da tutore dei conti dello Stato il loro peggioramento per esclusive ragioni politiche.

Andare in bilancio provvisorio non giova all’economia italiana. Sarebbe bene che, oltre alla Corte dei conti, si levassero anche dal Pd voci di assoluta fermezza nella condanna di questi comportamenti. Sulla vicenda Verdini-Anas Giorgia Meloni ha scelto di legare il suo giudizio sui fatti accertati a valle, non a monte, escludendo che il vicepremier Salvini debba rispondere di alcunché in Parlamento essendo l’inchiesta partita in una stagione di governo precedente ed essendo del Pd l’unica tessera politica detenuta da Tommaso Verdini, ora agli arresti domiciliari, fratello della compagna Francesca del capo leghista, ministro dei Trasporti e suo braccio destro al governo. Su questa vicenda crediamo, però, che la premier debba fare qualcosa di più: promuovere l’apertura di un’inchiesta interna all’Anas e tagliare tutte le teste interne che vanno tagliate. Non serve a niente aprire polveroni politici su Salvini, se non emergono fatti specifici, ma sarebbe invece opportuno fare quello che si ritiene giusto fare subito dentro la società.

Questo deve fare la politica e questo deve fare il governo perché i tempi della giustizia sono troppo lunghi e impediscono di curare subito la piaga. Il secondo elemento caratterizzante di questa conferenza stampa fiume di Giorgia Meloni è che ha usato sempre un tono pacato. Ha dimostrato di avere imparato a usare un tono istituzionale. Non si è mai tirata indietro neppure sui contenuti, in particolare su quelli che sempre da queste colonne sono stati richiesti a partire dal coraggio di fare un nuovo bilancio dello Stato ricorrendo allo stesso metodo utilizzato nella riscrittura del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) da tutti ritenuta impossibile e attuata invece con successo. Ha detto con chiarezza la premier che “abbiamo un tempo buono per fare i tagli giusti alla spesa pubblica”. Che la priorità sono la riforma della giustizia e della burocrazia per attrarre gli investimenti internazionali e farne di più in casa mettendo prima di tutto bene a terra i cantieri del Pnrr. Perfino sui 20 miliardi di incassi previsti da privatizzazioni non è stata sfuggente indicando logica delle privatizzazioni vendendo quote dove resta saldo il controllo dello Stato e rafforzandolo dove è strategico e messo in discussione, indicando anche le società e il modo in cui intende operare. Non si è tirata indietro neppure sui capitoli più scottanti della concorrenza dove, però, a nostro avviso, serve ancora più coraggio. Su ambulanti, balneari e molto altro perché questo serve al Paese e questo fa un governo moderato.

Complessivamente, tuttavia, i punti esposti dalla premier, rispondendo alle singole domande, sono oggettivamente quelli di un programma conservatore moderno che rappresenta un salto culturale e istituzionale rilevante. Ciò che conta di più ora, a questo punto diventa la partita cruciale, è attuare questo programma, farlo diventare realtà, un pezzo alla volta. Cosa che è possibile solo se la compattezza della maggioranza non sarà di facciata e se la premier avrà come metodo operativo il passo del montanaro-maratoneta di De Gasperi. Questo dovrà farlo in Italia e in Europa. La stessa cosa vale, ancora di più per il Piano Mattei e la centralità del rapporto con l’Africa, dove l’intuizione è senza dubbio lodevole, ma necessita di passaggi che non possono prescindere dall’Europa e dal ruolo attivo degli altri grandi Paesi. Sia sul piano interno che su quello estero verrà giudicata dagli atti di governo. Dovrà dimostrare con i fatti se è capace di attuare ciò che dice e se riuscirà a venire a capo di manovre e manovrette evitando che i suoi alleati si mettano di traverso in modo paralizzante.

Quello che, a mio avviso, è mancato è l’indicazione esplicita di una visione organica che, forse, sarebbe stato utile fare in premessa. Probabilmente ha compiuto questa scelta per dare, come ha detto, il massimo spazio alle domande dei giornalisti volendo dimostrare che non intende fuggire e che non sarà un processo mediatico a metterla in crisi, ma che viceversa la sua partita si giocherà sulla gestione effettiva dei problemi, di tutti i problemi, dall’economia alla violenza, dalle incognite geopolitiche al rallentamento globale che ne discende. È un piccolo segnale da Presidente del Consiglio molto importante che va cementato con la solidità di alleanze europeo nel solco della storia italiana e su una collocazione internazionale che spazia dalla fedeltà atlantista a un rapporto privilegiato con le grandi economie e i grandi Paesi del Sud globale. Per una volta si è sottratta con determinazione a una politica in cui tutti cercano la rissa e ha provato a cercare un approccio da donna delle istituzioni e da capo del governo, non da leader di una fazione politica mostrando la volontà di confrontarsi su tutto.

Ci sono due livelli in politica. Uno è quello dello spettacolo, anche se di alto livello, come è avvenuto ieri. Un altro livello è quello dove si prendono le decisioni e si fa la politica. Quello che conta è il livello dove Meloni, Tajani, Fitto e Giorgetti fanno le cose e tutte queste cose devono stare dentro un disegno organico che sia percepito come tale dagli italiani, dalle istituzioni europee, dagli osservatori internazionali e dai mercati. Un disegno organico che sia disvelato e di cui ci si assume la responsabilità. Questo è il punto forte di sintesi di un’azione di governo, ma è anche il punto più rischioso perché ti espone a doverne dare conto.


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