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È possibile occuparsi della demografia con un mondo che va verso una popolazione di 10 miliardi e un’Europa alla metà di un decimo? È chiaro che per sostenere i nostri livelli di vita servono una economia che vola e un Sud motore di pace e sviluppo nel nuovo mondo? Sappiamo che il progresso tecnologico in Europa è un disastro e che ciò che ha un’applicazione generale noi non lo produciamo? Che è tutto in mano a americani e cinesi? Che sui mercati siamo meno aperti in Europa che in America e in Italia ancora meno? Che il venture capital da noi non esiste? Sono tutte cose che deve fare la politica che dice che le fanno i tecnici e invece è la politica che deve indicare che cosa fare ai tecnici. Alla politica interessano solo il talk show e una risposta elettorale soddisfacente, se gli italiani vanno indietro per loro conta poco.

Viviamo la stagione dell’incognita totale, ma abbiamo una gran voglia di continuare a litigare sul nulla. Viviamo in un mondo scosso nelle fondamenta civili, morali e economiche da due guerre ormai diventate globali. Gaza si sveglia ogni giorno sotto le bombe e in Ucraina piovono missili senza soste. Siamo alle prese con l’incognita americana di Trump e quella di Putin che è vassallo del nuovo Mao cinese e cavalca dietro di lui la rabbia dei Paesi del Sud del mondo. Operano con le armi e con i prestiti a usura in Africa e si insinuano ovunque vedono varchi nelle economie che soffrono accompagnandosi agli autocrati di turno sodali con loro.

Hanno trasformato le relazioni internazionali in un conflitto moderno tra oligarchi e democrazia e ogni giorno di più scavano trincee e fossati perché non si possa più tornare indietro dallo scenario dei due baricentri del mondo che stanno costruendo. Che vuol dire la fine del nuovo multilateralismo e la sconfitta dell’Occidente frammentato. Nessuno sa come andranno a finire le due guerre in Ucraina e in Medio Oriente e come il mondo farà i conti con le questioni planetarie dei confini dell’intelligenza artificiale, della nuova logistica e dei nuovi commerci dopo il ciclone pandemico, non sappiamo neppure chi e con quali regole governerà il nuovo ordine mondiale, ma noi ci occupiamo solo di elezioni europee non in chiave europea che sarebbe giusto e sacrosanto perché dimostrerebbe che abbiamo almeno capito qual è la partita che stiamo giocando e che ci stiamo interrogando sul nostro ruolo.

No, noi ci occupiamo di elezioni europee e di una nuova ondata di elezioni amministrative con la stessa, identica, logica miope di politica interna dove contano solo voti e clientele e non c’è spazio neppure per occuparsi dei problemi veri che sono italiani e europei a volte in misura omogenea a volte no. È possibile occuparsi seriamente del problema della demografia e di una fertilità così bassa da farci viaggiare verso il futuro con una forza lavoro che è quella del 1990? Possiamo almeno porci il problema che oggi l’Africa riesce di suo a dare da mangiare a seicentomila persone e sono il doppio e presto saranno il doppio del doppio? Che la popolazione del mondo avrà presto due miliardi in più di persone e, secondo le previsioni più aggiornate a lunga scadenza, si va verso i dieci miliardi e noi in Europa siamo 448 milioni e si prevede di scendere a 430?

È possibile almeno interrogarsi sul fatto che per sostenere i nostri livelli di vita attuale serve una economia che cresca molto molto di più, che deve volare, che ha bisogno di fare lavorare molto di più giovani e donne e non può non vincere la battaglia del Mezzogiorno italiano come motore di pace e sviluppo dei quattro Mediterranei e del nuovo mondo? Vogliamo renderci conto che abbiamo fatto dei passi in avanti sulla produttività, ma dobbiamo allungare molto di più il passo? Che il progresso tecnologico in Europa è un disastro? Che siamo rimasti fermi alla macchina a vapore, che siamo indietro sulle macchine elettriche, ma soprattutto che il cloud, le tecnologie del futuro, tutto ciò che ha un’applicazione generale e genera uno sviluppo diffuso, noi non lo produciamo affatto e abbiamo lasciato tutto in mano a americani e cinesi?

Non solo abbiamo un problema di mancata spinta alla tecnologia, ma in più abbiamo un problema di mercati. Perché siamo meno aperti in Europa che in America e abbiamo un problema ancora più grande in Italia a causa di un mercato interno ancora meno libero per persone, merci e capitali. Siamo a carissimo amico come Unione Europea e a carissimo amico come Italia. A parte qualche piccolo sforzo che si è fatto per due o tre questioni di armonizzazione di norme di fallimenti societari, siamo un Paese che ha ancora troppi pochi strumenti finanziari che vanno a investire in tecnologia.

Non si attiva questo ineludibile processo virtuoso perché è difficile fare venture capital per un problema di giurisprudenza e abbiamo, dunque, una storia di investimenti in start up molto contenuti che sono pari a un decimo degli Stati Uniti e un finanziamento che avviene tutto con debito bancario contro il 25% degli Stati Uniti. Tutto il venture capital viene dall’estero e va a finanziare le grandi imprese che potrebbero già farlo con i loro fondi cross border mentre manca il sostegno finanziario di qualità per chi più ne ha bisogno e più lo meriterebbe. Non c’è mai stata un’attenzione politica della maggioranza dei governanti passati sui temi cruciali del governo europeo e italiano dell’economia che sono intrecciati tra di loro.

La principale preoccupazione di chi governa un Paese come il nostro, che ha una crescita demografica insufficiente e un capitale umano scarso, dovrebbe essere quella di porsi il problema strutturale di come migliorarlo, altro che declamare il vangelo del green deal senza nemmeno dotarsi prima di un sistema finanziario in grado di sostenerlo. Sono tutte cose che deve fare la classe politica che invece dice, se sollecitata perché si occupa di altro, che queste cose le fanno i tecnici e invece sono loro che devono capire che cosa devono fare i tecnici. Sono loro, come abbiamo detto già qualche giorno fa, che devono sapere fare le addizioni sommando gli effetti di questa o quella scelta politica e che quando fanno errori (anche gravi) come è stato con il Superbonus devono potere contare su un’organizzazione che sa come e quando agire per porvi rimedio. A loro invece interessa solo fare il talk show e avere una risposta elettorale soddisfacente, se gli italiani vanno indietro per loro conta poco. Per gli italiani no.


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