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Se la grande politica non prova a battere un colpo nei modi giusti il nuovo grande patto della crescita rischia di diventare il nuovo patto tedesco che la nega e diventa il luogo della vendetta. Il testo sarà così complicato che lo approveranno tutti per esaurimento nervoso e ognuno penserà di potere fare quello che vuole perché regole così complicate rimarranno inattuate. Serviranno solo a fare campagna elettorale perché ognuno troverà il codicillo che reputerà a suo favore e lo venderà al meglio. Ovviamente tutti non farebbero i conti con la storia e la responsabilità di avere contribuito a perdere una grande occasione.

Il nostro patto di stabilità e crescita ideale della nuova Europa avrebbe dovuto prevedere all’articolo 1 un impegno pluriennale di spesa europea comune di centinaia di miliardi in industria e ricerca per provare a competere nei grandi deal del futuro con Stati Uniti e Cina. Seguito da un articolo 2 che sancisce la regola del Next Generation Eu come metodo ordinario di raccolta pluriennale di provvista comune, attraverso l’emissione di nuovi eurobond, per sostenere investimenti anticiclici a sostegno della transizione digitale e ambientale e per la costruzione di una difesa comune all’altezza del nuovo quadro geopolitico segnato da due guerre ormai globali.

A fronte di questi due solenni impegni comuni che indicano con chiarezza che finalmente l’Europa orienta la sua bussola sulla crescita e lo fa fuori dalle miopie sovraniste, scegliendo la strada federale sul modello degli Stati Uniti, diventano altrettanto cogenti gli impegni dei singoli Paesi ad attuare quel ciclo di riforme strutturali che riguardano la concorrenza e il completamento dell’Unione bancaria come tutte le giustizie e tutte le burocrazie. Per permettere così al potenziale delle economie delle singole nazioni di esprimersi finalmente al meglio in un quadro armonico. Dentro, cioè, una politica di bilancio, estera e di difesa finalmente comuni.

Questo, a nostro avviso, significa uscire dalle gabbie del primo patto europeo affetto da zoppìa perché mancava la gamba della crescita, parola di Ciampi, o più semplicemente dichiaratamente stupido come ebbe a dire ormai diverso tempo fa Romano Prodi. Ho citato entrambi perché europeisti convinti e soggetti protagonisti della prima stagione dell’euro. È evidente che oggi la prima avvertenza per tutti dovrebbe essere quella di non ripetere gli errori a catena commessi soprattutto con la grande crisi dei debiti sovrani. Quando si sono imposte in modo ottuso politiche di controllo ferreo su disavanzo e debito ottenendo lo splendido risultato di condannare le economie più indebitate alla doppia recessione e di aumentare, invece che ridurre, i loro debiti pubblici in rapporto ai rispettivi prodotti interni lordi.

Adenauer, Schuman e De Gasperi, un tedesco, un francese e un italiano, tutti e tre uomini di confine che impersonificano l’Europa del dopoguerra e del mercato unico, di fronte agli obbrobri dell’Europa dell’austerità si sarebbero di certo ribellati e difficilmente non avrebbero capito la portata della nuova sfida della storia agendo di conseguenza.

Siamo invece a misurarci con il bilancino di fronte alla solita gabbia del nuovo patto tedesco che stringi stringi esprime la solita sfiducia nei confronti essenzialmente dell’Italia e vuole dare soddisfazione alla propria opinione pubblica, vale anche per gli olandesi, che la pensa più o meno così: continuiamo a svenarci per dare i soldi agli italiani, adesso abbassino il debito. Come si vede è proprio questo tipo di ragionamento che porta alle solite regolette che mirano soltanto a tenere sotto controllo il deficit e a fare calare il debito in modo miope.

Perché impediscono quella crescita che è l’unica strada che l’Italia, ma anche la Francia, hanno per fare scendere davvero il debito. Per cui si discute se il calo dello 0,5% di deficit annuo si può dimezzare. Oppure se si tiene fuori o no la spesa per interessi sul debito che è addirittura obbligatorio. Come e in che misura fare scattare su 4 o 7 anni la riduzione annuale in percentuale del debito in rapporto con il Pil e a quali condizioni.

Se la grande politica non prova a battere un colpo nei modi giusti il nuovo grande patto della crescita rischia di diventare molto seriamente il nuovo patto tedesco che la nega e diventa, di fatto, il luogo della vendetta. In questo caso, il testo del patto che verrà fuori alla fine sarà così complicato che lo approveranno tutti per esaurimento nervoso e, soprattutto, ognuno penserà di potere fare quello che vuole perché regole così complicate rimarranno inattuate.

Serviranno solo a fare una grande campagna elettorale in cui ognuno troverà il codicillo che reputerà a suo favore e lo venderà al meglio alla propria opinione pubblica facendo sparire tutto ciò che invece lo danneggia. Ovviamente tutti si guarderebbero bene dal fare i conti con la storia e dal riconoscere la responsabilità di avere contribuito a perdere una grande occasione.


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