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Siamo cittadini italiani e europei. Non abbiamo più la lira ma l’euro, conteremo se l’Europa avrà una politica di bilancio comune e se saremo forti in Europa al punto da determinarla come nella politica estera e di difesa. Tuteleremo l’interesse italiano con efficienza se il nostro assetto istituzionale darà il peso che meritano all’Europa e al gioco internazionale. È la stabilità europea che la politica italiana ignora o, se volete, la stabilità politica italiana che serve per costruire la nuova Europa.

Non ci si può illudere che la stabilità di governo venga definita per legge se non c’è stabilità nel Paese. Bisogna arrivare a un sistema stabile dove la politica non vuole mettere bocca su tutto. Dalla nomina degli alti funzionari fino ai presentatori di programmi tv. Nessuna forza politica riuscirà mai a determinare le condizioni per una riforma istituzionale che funzioni se non si porta questo Paese a un livello di stabilità della sua pubblica opinione. Che vuole dire, prima di tutto, acquisire la consapevolezza che siamo cittadini italiani e cittadini europei. Non abbiamo più la lira ma l’euro, che conteremo o meno se l’Europa avrà una politica di bilancio comune e se noi saremo forti in Europa al punto da condizionarla e determinarla come nella politica estera e di difesa ugualmente comuni.

Conteremo e tuteleremo l’interesse italiano con il massimo di efficienza istituzionale se avremo o meno voce in capitolo nella riforma del nuovo patto di stabilità e crescita europeo e se l’assetto istituzionale che tiene in piedi questo Paese, che alcuni vogliono riformare e altri no, che alcuni vogliono riformare in un modo e altri in un altro modo ancora, sarà in grado di dare ai temi europei che cambiano la nostra vita ogni giorno il peso che meritano. Tutto questo consentirà di contare nel grande gioco internazionale tra autocrazie e Occidente, che è la temperie politica che cambia tutto, attraverso quella nuova Europa di cui dovremmo essere timonieri stimati. Siamo nel mezzo di due grandi guerre che non sono più locali e condizionano la vita dei cittadini italiani da mattina a sera e dovrebbero essere al centro di tutte le riflessioni importanti della Politica con la P maiuscola.

Per queste ragioni sono rimasto sorpreso che alla riunione affollatissima degli ex parlamentari nell’aula dei gruppi in via Campo Marzio a Roma con testimonianze eccellenti di ex presidenti della Camera segnati da interventi di spessore politico e storico, non mi sia capitato mai, dico mai, di sentire che qualcuno pronunciasse una parola composta di sei lettere che si chiama Europa. L’importanza fondante per questo Paese del ruolo del Parlamento si tutela, a nostro avviso, di certo ricordando la lunga stagione della politica che faceva le grandi riforme che hanno cambiato l’Italia nel Dopoguerra trasformandola da Paese agricolo di secondo livello prima in un’economia industriale poi in una potenza economica mondiale.

Ancora di più, però, lo si tutela se il Parlamento diventa il luogo dove si discute e si decide sulle grandi trasformazioni in atto. Se diventa uno dei centri che governano la grande trasformazione in atto per non essere travolti da questa trasformazione. Si scelga il cancellierato tedesco, si scommetta sulla Repubblica parlamentare, si insista sul premierato correggendone gli errori costitutivi, non si smarrisca mai il valore di garanzia e di credibilità della Presidenza della Repubblica che va rafforzato nei suoi criteri elettivi non più appannaggio esclusivo delle forze parlamentari ma dell’intero tessuto sociale, produttivo e del grande pensiero del Paese.

Si faccia tutto quello che si vuole e si ritiene più giusto, ma si parta dalle parole di Scognamiglio che, quasi scusandosi per il fatto di parlare più da economista che da uomo delle istituzioni, ha avuto l’intelligenza politica di ricordare a tutti che nei consessi internazionali multilaterali dove si decide quasi tutto sull’energia come sul clima e sull’economia in genere, potremmo contare sempre molto poco se continueremo ad avere una stabilità politica italiana di brevissimo respiro che priva chi decide di interlocutori italiani riconosciuti e riconoscibili. Perché lì si decide tutto per il nostro futuro e lì, a differenza del passato, ci deve essere l’interesse italiano che sia espressione comune di chiunque lo rappresenti politicamente.

È questa la vera stabilità che serve al nostro Paese. Soprattutto per chi sostiene che oggi non c’è temperie politica come se Lavrov che dice che dopo 500 anni è finito il dominio occidentale o i paesi Arabi che con le loro ricchezze accumulate vogliono essere il centro del nuovo mondo e impongono la dittatura del petrolio non valessero niente, bisogna aggiungere che la forza della Germania, della Francia e dell’Inghilterra è che chi le governa, a nostra differenza, non parte mai con lo smantellare ciò che ha ricevuto in eredità.

Da questo punto di vista le parole della premier, Giorgia Meloni, in Parlamento sul nuovo patto di stabilità e crescita europeo dovrebbero rappresentare per tutti un punto di riferimento da condividere che nulla toglie alla puntualità delle critiche sul pastrocchio di riforma istituzionale che sconta la volontà di accontentare un po’ tutti. Quello che conta, però, è altro. È la stabilità europea che pezzi troppo rilevanti della politica italiana ignorano o, se volete, la vera, grande stabilità politica italiana che serve oggi come non mai per costruire la nuova Europa. Era una delle grandi intuizioni di Ciampi che veniva da una istituzione fuori dal dibattito fazioso qual è la Banca d’Italia ed è, allo stesso tempo, la forza politica che Draghi ha espresso sia alla guida del governo della moneta europea, come presidente della Bce, sia come capo del governo italiano sia come nuovo Delors della nuova Europa senza bisogno di incarichi.


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