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Mario Draghi

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L’Europa guarda agli obblighi di bilancio e alla sacrosanta serietà che ogni Paese deve avere, ma non fa niente per la crescita. Dimostri di esistere con un nuovo intervento pubblico europeo urgente in investimenti industriali e ricerca. Faccia oggi quello che ha già fatto Biden in America dove i risultati si vedono. Altrimenti l’Europa sale sul treno della recessione e non è importante il decimale di deficit o debito che assegnerà la carrozza a Germania, Francia, Italia, Spagna e così via. Perché nello strapiombo ci cade il treno con tutti dentro. Guai a ripetere oggi gli errori della crisi finanziaria e dei debiti sovrani.

Basta fare meline e harakiri sui decimali intorno al tavolo del patto di stabilità e crescita europeo. Per non parlare della confusione del dibattito di politica interno italiano che ha superato la soglia del ridicolo occupandosi permanentemente del nulla e trattando le due guerre e il loro carico impressionante di vite umane perse in una indegna spettacolarizzazione a uso interno. La verità è che abbiamo un problema grande quanto una casa e possiamo ancora evitarlo. Questo problema si chiama recessione europea. È chiaro a tutti che se l’Europa continua ad occuparsi degli obblighi di bilancio e della sacrosanta serietà di conti pubblici che ogni Paese europeo deve avere, ma non fa niente per la crescita allora nello strapiombo ci cadiamo tutti.

L’Europa deve dimostrare di esistere con un nuovo intervento pubblico europeo urgente, anzi due volte urgente, in investimenti industriali e ricerca e basta. Deve fare oggi quello che ha già fatto da tempo Biden in America se no abbiamo già perso il treno della crescita possibile nel mondo delle due guerre e non sarà minimamente importante qual è la carrozza che su questo treno occuperanno Germania, Francia, Italia, Spagna e così via. Perché dovremo tutti scendere dal treno della crescita ancorché debole e salire su quello della recessione europea. Un treno che quando parte porta tutti nello strapiombo e, quindi, bisogna agire prima che cominci la sua corsa.

Bisogna fare più specificamente quello che hanno fatto gli americani mettendo sul piatto circa 400 miliardi di dollari di investimenti pubblici (370 per la precisione). Siamo grandi come l’America, facciamo come l’America se no ripetiamo i comportamenti miopi europei della grande crisi finanziaria. Quando furono gli americani a provocarla, poi loro fecero una forte accelerata e noi europei pagammo il conto dei loro intrallazzi sui subprime e, in genere, sui cattivi derivati.

È vero o no che gli Stati Uniti con Biden hanno messo tutti insieme un sacco di soldi sugli investimenti industriali? È vero o no che hanno scommesso tutti insieme con soldi pubblici sulla ripresa? Hanno fatto Keynes, sì o no? La risposta è sempre affermativa e i risultati ora si vedono. Perché aumentando gli investimenti pubblici, si mobilitano quelli privati, si aumenta l’occupazione e si accresce il reddito delle persone, si sostengono i consumi. Questo è quello che ha fatto Biden e questo è esattamente quello che deve fare l’Europa oggi, non domani.

Perché il tema sul tappeto oggi è la recessione, non la disciplina sacrosanta dei bilanci pubblici nazionali che andranno tutti in difficoltà sempre crescente se si continua a navigare a vista nella nebbia globale senza vedere il muro contro cui si sta andando tutti insieme a sbattere.

Anche perché nel nuovo ordine mondiale che nessuno conosce e nessuno sta seriamente costruendo, siamo costretti a muoverci dentro un quadro geopolitico ribaltato e non ricomposto. Perché siamo nel pieno di un conflitto tra autocrazie e Occidente che non si è mai visto prima in queste forme e dimensioni al punto da delineare due baricentri del mondo contrapposti. Alimentati dal fuoco e dall’orrore civile della guerra regionale del Medio Oriente e di quella di Putin all’Ucraina nel cuore dell’Europa.

In un quadro globale che ha già fatto i conti con l’economia del mondo chiusa dalla pandemia e che si ritrova in uno scenario competitivo totalmente cambiato con le catene della logistica accorciate, non si riesce neppure a capire niente sulla Cina che non è solo il dominus delle autocrazie dei Sud del mondo riuniti, ma è anche il player globale più importante sul quale si interrogano tutti per capire come andranno i commerci e l’economia del mondo.

Non si capisce più bene che cosa sta succedendo in Cina se non che è diversa da prima. Non si capisce se la crisi che attraversa sia transitoria o sia destinata a durare. Perché si hanno ancora ora troppo pochi elementi di conoscenza reale. Non si capisce bene in che misura sta virando davvero sulla crescita del mercato interno, 1,4 miliardi di persone, visto che scende la quota di esportazioni globali. La scelta di sostenere la domanda interna sembra esserci, ma si scontra con l’aumento della disoccupazione, ci sono milioni di professori del doposcuola mandati a casa, diminuiscono gli stipendi e le pensioni, si comprime il potere di acquisto.

Abbiamo perso le tre certezze del mondo di prima, che erano le esportazioni cinesi, la difesa americana e il gas russo, come ha più volte ricordato Draghi, è arrivato dunque il momento che la bella addormentata europea si svegli e combatta il primo dei suoi mali di questa stagione. Si chiama recessione e può ancora scongiurarla, ma deve agire entro la fine dell’anno. Non siamo ancora usciti dalla crisi globale, anzi siamo nel pieno di quella stessa crisi.

Le autorità politiche europee, Commissione e Consiglio, i Capi di Stato e di governo, la guida monetaria della Bce, non ripetano oggi gli errori commessi con la crisi finanziaria che portò all’Europa la recessione e quelli ancora più gravi commessi con la crisi dei debiti sovrani che portò ai Paesi del Sud Europa la seconda recessione e all’Europa intera il rischio più grande in assoluto che è quello della deflazione. Oggi la bestia da domare è la recessione europea e lo si può fare solo con un grande piano di investimenti pubblici europei in ricerca e industria smettendola di fare harakiri sui bilanci pubblici nazionali pensando solo alle proprie opinioni pubbliche interne. Che, peraltro, quando dovranno pagare il nuovo conto dell’ennesima miopia, non ne avranno più per nessuno dei governanti pro tempore di qualunque colore politico siano.


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