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Pronta la bozza che fissa linee-guida e chiede valutazioni analitiche sulla spesa. La sostanza è: sono finiti i tempi delle vacche grasse, riprogrammate le risorse e tagliate gli sprechi. Elogio pubblico al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che sul tax credit per il cinema anticipa questo spirito e esprime la moralità della politica con la P maiuscola. Con l’operazione verità su conti e futuro del Paese, richiesta dal nostro giornale, Giorgia Meloni fa le prove per diventare la nuova Thatcher.
L’idea è di palazzo Chigi e Giorgia Meloni ne ha già parlato in consiglio dei ministri. C’è un pacchetto di provvedimenti alla sua firma di cui uno è particolarmente importante. È la bozza di una lettera da inviare a tutti i ministri con la quale la Presidente del Consiglio fissa alcune linee-guida e chiede a tutti i ministri di fare valutazioni analitiche della spesa dei loro dicasteri. Caro ministro, ti scrivo, è la sostanza della lettera, perché i soldi sono pochi, di conseguenza non solo non potete chiedere più spese aggiuntive, ma dovete piuttosto fare analisi rigorose dei progetti che non hanno funzionato affatto o hanno funzionato solo in parte.
Dovete, per la precisione, fare anche di più: dovete riprogrammare e/o rivedere le risorse che vi sono state date per utilizzarle al meglio e, allo stesso tempo, tagliare tutti gli sprechi. Il messaggio è molto chiaro e, a nostro avviso, molto appropriato: sono finiti i tempi delle vacche grasse per tutti e tocca a voi fare una spending review delle singole voci della spesa. Da questo punto di vista, merita un elogio pubblico anticipato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, perché appartiene alla moralità della politica con la P maiuscola riformare il tax credit nel cinema a fronte di casi evidenti di compensi stratosferici pagati con un finanziamento pubblico e, spesso, di incassi inesistenti o, peggio ancora, di film finanziati e andati in sala per pochi giorni con il proliferare di società di produttori su cui aleggiano molte ombre.
Questo significa fare l’operazione verità sui conti e sul futuro del Paese che questo giornale ha chiesto ieri in un quadro di estrema volatilità dei mercati con l’Italia ormai sorvegliata speciale e i rendimenti del BTp decennale al 5%. Giorgia Meloni firmando la lettera che è in bozza sulla sua scrivania e dandone comunicazione pubblica comincia le prove da nuova Thatcher realizzando in Italia quel conservatorismo moderno fatto di rigore nella spesa pubblica e riforme di struttura a partire dalla concorrenza che sono l’unica traiettoria possibile di lungo termine da percorrere per dare stabilità sui mercati ai titoli sovrani italiani. Che sono quelli di un Paese che si presenta con un extradeficit superiore agli altri, che ha difficoltà perfino a stabilizzare il debito pubblico rispetto al Pil mentre dovrebbe farlo scendere, che ha assoluto bisogno di reputazione internazionale e fiducia interna per dare orizzonte e solidità al suo percorso di crescita interrottosi bruscamente dopo un biennio magico.
Queste scelte sono necessarie a prescindere per chi ha il più alto debito pubblico europeo e paga tassi di interessi superiori a greci, portoghesi, spagnoli, ma ha anche un’economia con un avanzo commerciale che i Paesi del Sud Europa e perfino la Francia possono solo sognare. Sono scelte addirittura obbligate con un rischio Medio Oriente che si cumula a quello della guerra mondiale delle materie prime legata ai carri armati di Putin in Ucraina e a sommovimenti geopolitici tra i Sud e i Nord del mondo che non permettono di escludere il rischio di una terza guerra mondiale globale. Diciamoci la verità. La spesa pubblica dei ministeri, ma ancora di più quella delle Regioni, è piena di mille casi di microprogetti clientelari o addirittura truffaldini stile superbonus in formato mignon.
Un lavoro così serio che vada in profondità, lo può fare solo la politica. Ci vuole la volontà della politica di fare certe cose. Ci vogliono ministri, espressione di questa volontà politica, che dimostrino con gli atti di volere almeno essere consapevoli di come si spendono i soldi che hanno pro tempore in loro affidamento. Solo così possono capire dove e come tagliare con efficacia la spesa pubblica, scelta straordinariamente necessaria, se la crescita italiana risente del rallentamento globale e se, di conseguenza, il peso del debito pubblico non si riduce. L’unico modo per farlo è essere pronti il più presto possibile per potere fare questo tipo di analisi dei singoli comparti della spesa pubblica e del tasso di efficienza nell’utilizzo delle risorse. Bisogna verificare voce per voce i singoli capitolati per vedere come possono essere efficientate le risorse destinandole a interventi più qualificanti.
Al posto di continuare a chiedere a chi non li ha 3/5/10 miliardi, si vadano a vedere le mille cose che non funzionano. Fai, insomma, prima pulizia in casa. Invece fino ad ora tutti hanno guardato sempre al preventivo, ma il consuntivo poi non lo guarda nessuno o lo si guarda comunque molto poco. I parlamentari di tutte le casacche politiche presentano mille emendamenti da un minimo di centomila euro a un massimo di uno o due milioni che non sono altro che marchette. Farebbero invece molto bene a spendere il loro tempo per andarsi a studiare la spesa dei ministeri. Per andare a controllare se hanno attuato o no quello che proclamavano e in che modo lo hanno fatto. Come hanno utilizzato o meno le risorse. Questo, non altro, significa esercitare il mandato della sovranità popolare.
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