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Sullo scenario globale è bene essere presenti in modo misurato senza fare i fenomeni, ma creando fiducia nella nostra capacità di fare bene la parte che ci compete. Sul piano interno la sfida riguarda la capacità di creare fiducia in casa per moltiplicare il consenso diffuso sulla tutela dell’interesse nazionale. Bisogna guidare il dibattito della pubblica opinione del Paese per farlo uscire dal rumore del talk show all’italiana con angeli e demoni che non portano mai da nessuna parte.
Se il quadro complessivo peggiora mettendo a rischio la crescita che è la chiave di tutto e alimentando una percezione sbagliata del Paese in termini di credibilità, è evidente che per Giorgia Meloni si profila una doppia sfida cruciale. La prima è quella di non farsi travolgere dalla nuova crisi internazionale dovendo essere presente in modo misurato senza fare i fenomeni perché non siamo in grado di farlo, ma creando piuttosto fiducia nella nostra capacità di fare bene la parte che ci compete. La seconda sfida è tutta interna e riguarda la capacità di creare fiducia in casa lavorando giorno e notte per moltiplicare il consenso diffuso sulla tutela dell’interesse nazionale che si costruisce con gli investimenti, creando nuovo lavoro di qualità, trasferendo fiducia a imprese e famiglie.
Bisogna guidare il dibattito della pubblica opinione del Paese per farlo uscire dal rumore del talk show all’italiana con angeli e demoni che non portano mai da nessuna parte. La difficoltà del quadro internazionale con le due guerre, quella di Hamas in Israele che si aggiunge a quella di Putin in Ucraina, realizza i presupposti di quell’incastro da guerra globale che determina per la vulnerabilità italiana lo stato di massima allerta. È probabile che il nuovo scenario porti la Russia di Putin ad approfittare della crisi mediorientale sul versante ucraino. Almeno un punto interrogativo grande come una casa viene posto a tutti da questo nuovo scenario che svuota i depositi militari.
Poi c’è la crisi mediorientale in senso stretto con il suo carico di problemi a partire da quelli delle materie prime partendo dalla banalissima constatazione che siamo passati dalla dipendenza esclusiva negli approvvigionamenti energetici dalla Russia a un buon 40% oggi in mani libiche e algerine che non sono di certo un modello di stabilità. Con l’aggiunta che i secondi si sono anche affrettati a schierarsi con Hamas contro Israele. Infine, c’è la terza vera grande crisi che riguarda direttamente il peso dell’Europa che già a 27 non decide niente e che si vuole invece ancora allargare. Siamo a fare i conti con la von der Leyen, che con tutto il rispetto non è né Delors né Prodi, ed è dentro fino al collo nei problemi della Cdu tedesca dove Weber lavora esplicitamente per sostituirla.
Dobbiamo renderci conto fino in fondo che l’Euro – pa è per noi fondamentale nelle due grandi partite del nuovo patto di stabilità e crescita e del meccanismo europeo di stabilità (Mes), ma ancora di più lo è perché solo un’Europa politica può garantire all’Occidente e a noi direttamente una posizione strategica in un assetto geopolitico che viaggia verso un mondo diviso in due baricentri, Sud-Nord, contrapposti tra autocrazie e modello democratico. Per l’Europa è, ad esempio, molto importante la Banca centrale europea (Bce) che è e deve essere indipendente, ma che non può non sentire l’influsso di un indirizzo politico.
Anche perché quando è venuto a mancare è stato sostituto da quello della guida monetaria che a volte eccezionalmente può andare bene, se c’è una figura stimata e carismatica come era Draghi, ma che viceversa tendenzialmente va sempre male perché figure di questo tipo scarseggiano e le oscillazioni delle debolezze di personalità pesano e fanno guasti seri all’economia. Sul piano interno, tanto per cominciare, dovremmo almeno avere la consapevolezza che noi siamo parte di questa Europa e che dobbiamo contribuire a guidarla, non a viverla come una entità con cui ci poniamo in una finta contrapposizione che ha minato la nostra credibilità facendoci superare reputazionalmente sui mercati da portoghesi e spagnoli. Non possiamo in casa continuare ad essere il solito Paese che passa il tempo a giocare tra i Montecchi e i Capuleti.
La fiducia dei mercati si recupera senza fare i fenomeni fuori e i pasticci dentro. Sono tutti chiusi, soprattutto quando arrivano nelle stanze del potere di Palazzo Chigi, nei loro circoli ristretti della politica politicante per cui vedono complotti ovunque e si isolano, perdono il senso profondo della sfida che hanno davanti. I grandi politici del passato, una parte ovviamente, si imponevano di essere circondati da persone che erano in grado di parlare con competenza dei problemi che avevano davanti, che trasmettevano loro il sentimento del Paese e l’opinione internazionale che il Paese stesso riscuoteva. Dove non arrivavano con le competenze dirette, cercavano i contatti giusti a livello internazionale. Sapevano di doversi muovere così perché avevano in mano il destino di una delle tre grandi democrazie europee e quella che allora era diventata una potenza economica mondiale.
Forse la sera, anche tardi visti gli impegni, ci permettiamo di suggerire la lettura di “C’era una volta Cavour – La potenza della grande politica”. Sono otto discorsi, quattro di politica estera, quattro di politica interna, commentati da Giuliano Amato che nell’introduzione affianca la statura di Cavour a quella di De Gasperi. Per vincere la doppia sfida cruciale che ha oggi sulla sua strada una scorsa al libro può fare molto bene a Giorgia Meloni. Perché questi sono momenti in cui la testa deve essere lasciata libera dal racconto delle lotte intestine, dai giudizi sugli altri politici e da complotti e complottini di volta in volta inventati. Servono solo ad aumentare le paure e fanno sparire i risultati.
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