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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il presidente tedesco Frank Walter Steinmeier

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Due statisti scrivono dalla Sicilia il manifesto per la governance della leadership europea in un mondo capovolto dove il nostro Sud è motore del cammino di pace e sviluppo dentro il Mediterraneo nel rapporto tra tutti i Sud e l’Occidente. È paradossale che Steinmeier ci indichi come capofila del dialogo civile e economico con tutti i quattro Mediterranei e il ministro Pichetto privilegi i rapporti con Paesi autocratici a discapito di Gioia Tauro e Porto Empedocle prigioniero non delle ottusità europee, ma del suo super consulente. Sul bilancio dell’Europa si faccia tesoro delle intuizioni di Panetta.

È BELLO che avvenga al castello di Maniace ad Ortigia, in una due giorni siracusana carica di messaggi simbolici, l’incontro tra i due presidenti italiano e tedesco del doppio mandato, Sergio Mattarella e Walter Steinmeier. Siamo davanti, per storia politica e peso istituzionale, ai due statisti in carica di più lungo corso che l’Europa ha oggi per costruire la sua nuova governance della solidarietà. Quella che butta giù i muri dei nazionalismi e combatte contro le derive ottuse che impediscono un vero bilancio europeo e tagliano, dunque, la base della possibile leadership dell’Europa in un mondo capovolto dove l’asse Sud-Nord ha preso il posto di quello Est-Ovest.

Parliamo di un mondo capovolto dove il nostro Mezzogiorno è candidato naturale ad essere motore del nuovo cammino di pace e sviluppo dentro nuovi processi decisionali europei e una governance globale nuova di zecca che dialoghi e coordini i rapporti tra tutti i Sud del mondo e l’Occidente che esprime a sua volta la potenza americana e la nobiltà decaduta di una vecchia Signora che si chiama Europa. Sono due grandi uomini della nostra patria Europa di degasperiana memoria che dalla Sicilia scrivono il loro piccolo-grande manifesto di regole condivise sul bilancio della Unione Europea. Che si traducono più o meno così: avanti certo con regole di bilancio rigorose, ma basta con il rigore ottuso e cieco che moltiplicò al cubo, a causa di errori della classe politica dirigente europea di allora, il conto della grande crisi dei debiti sovrani, e soprattutto si abbia come obiettivo condiviso e prioritario la crescita. Questo è il senso strategico profondo della proposta comune, che si muove nel solco di sanare la zoppìa tra stabilità e crescita del vecchio patto europeo come disse molto tempo fa Carlo Azeglio Ciampi, avendo peraltro l’obbligo di dovere tenere conto di fenomeni attualissimi come il rallentamento dell’economia cinese e le conseguenze della guerra in Ucraina. Si sono accorciate le catene globali della logistica e si è rivoluzionata la cartina geografica di materie prime e terre rare. Il bilancio europeo deve essere ambizioso per affrontare le sfide fondamentali come la transizione ecologica e assumere finalmente come strategici il rapporto con l’Africa e la centralità globale del Mediterraneo che è il segno più evidente della storia nuova. Quella di un mondo capovolto che ha l’Italia come confine determinante.

Siamo davanti al paradosso che debba essere il presidente della Repubblica federale tedesca a dare con i suoi comportamenti e le sue parole, la forza diretta dell’amicizia con Mattarella e quella indiretta dei gesti, l’indicazione strategica del sud italiano come primo sud del mondo e, quindi come capofila del nuovo dialogo civile e economico con tutti i quattro Mediterranei. Che significa vincere la sfida epocale delle grandi migrazioni, ma prima ancora quella altrettanto epocale del capitale umano e del futuro. Siamo passati dalla centralità atlantica alla centralità mediterranea. Che impone oggi di evitare di ripetere gli errori gravi del passato che discendono tutti dalla sottovalutazione dell’importanza dell’Africa, dei Paesi Brics ora allargati, del peso demografico-economico e allo stesso tempo dei rischi sociali che i Sud del mondo complessivamente rappresentano. Perché non si può ignorare il valore di queste componenti economiche e i rischi per la democrazia che portano con sé ed è, dunque, obbligatorio che l’Europa, e la sua nuova capitale che è il Sud italiano, intervenga prima che le frontiere del nuovo mondo capovolto siano interamente occupate dalle armi dei russi e dai soldi dei cinesi con alleanze di ferro turche e arabe dove ognuno mette il suo e nessuno di loro mette democrazia.

È molto bello, forse meglio addirittura fortemente simbolico, che l’incontro tra questi due grandi uomini della grande storia europeista avvenga in Sicilia e mi fanno tornare in mente Federico II che provò a fare incontrare il Nord è il sud dell’Europa dando la svolta umanista al Medio Evo. Il fatto stesso di parlare di nuovo patto, di Africa, di Expo, e di ottimo rapporto tra Italia e Germania e di amicizia personale tra i due leader politici significa non chiacchierare, ma lavorare per la costruzione della nuova Europa che è consapevole realmente del cambio della geografia e della ineludibilità di una nuova governance mondiale che non può non riflettere questo cambio della geografia mondiale. L’importante è che tutti abbiano la consapevolezza, a partire dal Piano Mattei per l’Africa, che è assolutamente giusto preoccuparsi di promuovere uno sviluppo alla pari con tutti i Sud del mondo, avendo però altrettanta piena consapevolezza che il primo di tutti questi Sud siamo noi in quanto la storia e la geografia ci pongono nella posizione di interlocuzione privilegiata tra i quattro Mediterranei e l’Occidente europeo e americano. È anche molto bello che nello stesso giorno da Francoforte, sia il futuro governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, con la forza che gli proviene dalla sua reputazione internazionale e dalla capacità anticipatrice di molte delle analisi riproposte oggi, a rimettere al centro l’esigenza dell’Europa di recuperare una capacità fiscale centrale comune e di utilizzare la spesa comune per la difesa anche perché sulla crescita abbiamo bisogno di un approccio integrato che esprima il giusto mix tra consolidamento fiscale, investimenti pubblici e riforme strutturali.

Stando molto attenti a eliminare quegli eccessi di complessità che hanno già nuociuto in modo pesante annullando quei comportamenti anti ciclici che sono invece decisivi in determinati momenti. Se anche dal mondo della finanza arrivano ragionamenti di questa intensità, che esprimono peraltro indicazioni fondate del passato rivelatesi anticipatrici, qualche speranza fondata che le cose possano cambiare c’è per davvero. Soprattuto c’è la speranza che si comprenda fino in fondo che il Sud d’Italia è al centro di un progetto politico europeo che guiderà il cambiamento in atto del mondo. Sarebbe non grave, ma addirittura imperdonabile, che ministri pro tempore come Pichetto, nel dominio assoluto di super consulenti molto chiacchierati, continui a privilegiare rapporti diretti con paesi autocratici, che dobbiamo certo avere, ma non a discapito di Gioia Tauro, Porto Empedocle e di tutto il nostro Sud perché prigionieri non delle ottusità tedesca ed europee, ma di quelle energetiche del suo super consulente e di una parte del Nord produttivo italiano.

No, questo non è più accettabile e, se dovesse passare il no alla strategicità dei rigassificatori di Gioia Tauro e Porto Empedocle per compiacere il super consulente, i contraccolpi nell’urna per chi governa questo Paese sarebbero incontenibili.


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