Giancarlo Giorgetti
4 minuti per la letturaLa manovra prova finale per rimettere in carreggiata l’economia. Serve il coraggio della azione, non solo delle parole. Si taglino le spese improduttive per finanziare lavoro e famiglia. Non si sopravvive ai disastri populisti e ai loro effetti. Tocca a Giorgetti agire su incentivi fiscali, privilegi stratificati e accresciuti, dentro la spesa di ministeri e Regioni, tassisti e balneari. Per la Meloni è la chance di diventare la nuova Thatcher. Può riuscirci o non riuscirci, ma l’alternativa è perdere senza combattere. Un mea culpa del Pd per i guasti fatti con Conte non guasterebbe
A Cernobbio si è percepito un atteggiamento nei confronti del governo di non ostilità e di non entusiasmo da parte della comunità economica, anche se è rappresentata in modo sempre più minoritariamente sfilacciato.
A scaldare, però, gli animi è stato comunque il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con il suo discorso che ha ricevuto applausi a scena aperta. Ha detto con un linguaggio diretto chiarissimo che la politica dei superbonus è una politica economica che guarda solo alla domanda e relega lo Stato a un ruolo di Re Sole come dispensatore- erogatore di sussidi, rendite, vitalizi, prebende, senza mai produrre nulla. Colpiremo queste rendite nella manovra, è il messaggio forte lanciato da Giorgetti, a partire dal Superbonus del 110% che è la madre di tutte le categorie di rendite come caso da manuale di un incentivo che va ben oltre i due terzi e tende, dunque, in modo naturale verso la truffa.
Questo calcolo algebrico è un vecchio pallino di Romano Prodi e ci si è scrupolosamente attenuto nella sua doppia stagione di governo in tema di incentivi. Quando arrivi poi a finanziare una spesa fino a una cifra superiore addirittura al 100% della spesa stessa, entri oggettivamente in una zona d’ombra. Altro che due terzi, qui siamo molto di più. Siccome la crescita del prodotto interno lordo rallenta. Siccome non abbiamo grandi margini da utilizzare per fare scendere il debito pubblico. Siccome i vincoli europei non sono mai spariti, ma sospesi e rischiano di tornare in misura ancora più puntuale.
Siccome accade tutto questo, il coraggio di individuare le spese improduttive e di tagliarle per finanziare lavoro e famiglia è obbligato. Perché i disastri populisti e gli effetti da essi generati non ci permettono di sopravvivere. Giorgetti dimostra di avere in testa una chiarezza di ragionamento che evoca una ampia azione che deve andare molto oltre quella messa in campo in materia di reddito di cittadinanza. Non sono oggi più possibili rinvii, scorciatoie, ammiccamenti. Siamo di fronte a scelte obbligate dell’azione di governo e all’ultima possibilità di Giorgetti. Avendo molto chiaro il quadro non gli resta che essere conseguente. Perché anche in questo caso il coraggio che serve è quello di andare contro le lobby che sono poi proprio quelle a cui in Italia non si riesce mai a dire di no.
Giorgia Meloni, al contrario di molti che la hanno preceduta, non è ricattabile e ora può dimostrarlo con i balneari come con i tassisti, disboscando la giungla di mezzo secolo di incentivi fiscali e di privilegi stratificati e accresciuti da mancanza di concorrenza, entrando dentro la spesa dei ministeri e soprattutto delle Regioni e di una parte dei Comuni, come non si è mai avuto la volontà e/o la forza di fare prima. Il Pd che ha consentito a Conte di fare tutte queste fesserie che ipotecano il futuro dei nostri figli, dovrebbe fare almeno un po’ di mea culpa perché non può fare finta di essere in vacanza.
Al posto di criticare sempre quello che ha fatto Renzi che di disastri non ne ha fatti, recitino invece il mea culpa per i disastri veri che hanno fatto loro quando sono andati al governo insieme con i Cinque stelle. Anche perché se pure Fitto farà il miracolo di regalare un tesoretto di 14 miliardi di bonus per imprese e famiglie, che corre in parallelo con la manovra, e riuscirà a mettere in sicurezza tutti i progetti cambiando la cassa da Pnrr a coesione e sviluppo, tutto questo non basterà a rimettere in carreggiata la nostra economia e a preservare il secondo grande miracolo economico del biennio abbondante che ci ha portato fin qui.
Tutti questi interventi sono in conto capitale e, dunque, preziosi vista la caduta improvvisa degli investimenti fissi lordi, ma nemmeno il superamento di questo scoglio certamente cruciale è sufficiente a invertire la rotta se chi ha il timone della politica economica di questo governo non la chiude una volta per tutte con la lunga stagione di sussidi dello Stato Re Sole. Per la Meloni, a ben pensarci, è la vera grande chance di diventare la nuova Thatcher. Può riuscirci o non riuscirci, ma è bene che le sia chiaro che l’alternativa a misurarsi con questo bivio della storia è di andare a casa senza avere nemmeno combattuto. Questa volta per lei e Giorgetti serve il coraggio della azione, non basta quello delle parole.
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