Giorgia Meloni e Mario Draghi
6 minuti per la letturaLa caduta di un momento non è crollo, ma uno di quei momenti in cui i governi dimostrano di esistere. La premier torni quella dei primi sei mesi in continuità con il governo Draghi in economia prendendo decisioni coraggiose per il ceto medio che non consuma e sugli incentivi 4.0 senza i quali si ferma il ciclo degli investimenti privati. Il problema è trasferire fiducia e sostenere le potenzialità inespresse della domanda interna. Deve essere chiaro che la macchina degli investimenti pubblici e privati è ripartita, non che sta ripartendo, soprattutto al Sud, e che la gente che può spende, diradando la sfiducia da populismi di ritorno. Tutto è recuperabile. Anzi ancora va meglio degli altri specie nell’export extra-Ue, ma non capire che si rischia grosso è peggio di un errore strategico. A casa nostra si chiama masochismo
Questo per l’Italia è esattamente uno di quei momenti in cui i governi dimostrano di esistere. Proprio come fece Draghi ribaltando prima di tutti il quadro nell’uscita dalla crisi pandemica o nella diversificazione energetica dopo i carri armati russi in Ucraina. La sequenza del calo di fiducia delle imprese di agosto, la fermata della crescita galoppante dell’occupazione a luglio e oggi il peggioramento della stima della caduta congiunturale del Pil del secondo trimestre da -0,3 a – 0,4% e della crescita tendenziale da +0,6 a +0,4% non fanno altro che rafforzare un segnale di allarme di improvvisa debolezza dell’azione di politica economica del governo e di improvvisa contrazione della credibilità internazionale.
Un doppio segnale che questo giornale ha subito colto e si colloca con la fase finale del secondo trimestre e, soprattutto, con una serie di pericolosissimi colpi di sole di mezza estate, che hanno riportato al centro della scena troppi populismi di ritorno incidendo sulla fiducia che è il motore di tutto in casa e fuori. Vedere sprecato in così poco tempo e in modo così leggero un lavoro così prezioso fatto da Meloni-Tajani- Giorgetti-Fitto per preservare il grande capitale di credibilità internazionale, di rispetto e di ruolo in prima fila in Europa, costruito nel biennio magico di Draghi assume i caratteri del masochismo.
Non c’è spazio, però, per lasciarsi prendere dallo sconforto e bisogna reagire all’istante con fermezza e unità di azione. Anche perché nonostante i dati negativi congiunturali l’economia continua a dimostrare di avere degli elementi di resistenza di fondo molto forti. Anche se il secondo trimestre è andato un po’ meglio per gli altri grandi Paesi europei è un dato di fatto che erano stati così bassi loro nella lunga sequela dei trimestri precedenti che ancora oggi siamo nettamente davanti a tutti gli altri rispetto al quarto trimestre del 2019. L’Italia è ancora davanti a Francia Spagna, Germania e Regno Unito. Tra i grandi Paesi europei siamo quelli che siamo cresciuti di più. Il mondo lo sa, e la caduta di un momento non significa crollo. Significa una cosa molto più seria. Significa che il governo Meloni deve fare qualcosa di serio e non può più nemmeno immaginare che l’abbrivio di Draghi duri fino al 2030. Fino ad ora si è mantenuto l’equilibrio di finanza pubblica, cosa assolutamente meritoria, e si è preservata la giusta direzione di dare aiuti ai ceti meno abbienti. Si è lavorato bene in Europa per evitare contraccolpi legati al primo governo di Destra in Italia e alle accuse di populismo-sovranismo che lo accompagnavano.
Ora anche qui si sono dati segnali di sbandamento disinvoltamente sottovalutati in casa e in modo miope difesi pubblicamente invece di aggiustare subito tutto. Emblematico il caso della supertassa sugli extraprofitti delle banche. Oggi serve la fine immediata della festa delle chiacchiere e avere almeno un po’ di rispetto per il fatto che non solo rimaniamo l’economia che è cresciuta di più, ma siamo tornati ad avere un surplus commerciale extra Ue che supererà i 100 miliardi tolta energia. Sono dati da record assoluto perché ci raccontano un Paese che negli ultimi quattro anni ha avuto la più grande crescita tra i grandi Paesi e la più forte crescita delle esportazioni.
Non ci dimentichiamo mai che continuiamo ad avere performance di export differenziato di prodotto che la Germania se le sogna e che ci garantiscono la leadership globale riconosciuta da tutti. Il problema è in casa e riguarda la caduta improvvisa di fiducia che incide sulle potenzialità inespresse di domanda interna, di investimenti e di consumi. Questo è il problema al quale il governo Meloni deve dare ad horas una risposta forte che assomigli ai colpi di reni, alla coerenza strategica e al gioco di squadra che il governo Draghi seppe fare in situazioni estremamente più complicate di quella attuale pure difficilissima. Il problema vero è quello di come trasferire fiducia e di dare sostegno alla domanda interna e a tutti i fattori che la determinano.
È paradossale che continuiamo a fare meglio di tutti con il rallentamento globale da guerra russa in Ucraina, bolla cinese, locomotiva tedesca in panne, ma stiamo mettendo in crisi la fiducia delle imprese perché si interrogano sulla perdita di peso dell’Italia in Europa, perché perdiamo tempo in casa dietro dibattiti puramente ideologici e tante, troppe, misure di bandiera di maggioranza e di opposizione tutte ideologiche. La premier Giorgia Meloni torni ad essere quella dei primi sei mesi mantenendo una linea ideale di continuità con il metodo e il merito del governo Draghi in economia prendendo decisioni immediate e coraggiose che ripensino il rapporto con il ceto medio che non consuma più e ripristinando ad horas rafforzandoli quegli incentivi 4.0 senza i quali si è determinato un rallentamento del ciclo degli investimenti. Per cui si sono detti: fermiamoci un attimo. Si sono domandati: che cosa facciamo?
Diciamocela tutta, senza infingimenti. Prima erano tutti convinti che avevamo il condottiero migliore possibile e, in un clima simile, anche se sei ferito, combatti, metti il cuore contro l’ostacolo. Bisogna che Giorgia Meloni recuperi questo spazio vitale di fiducia interna cominciando a dare segnali forti di netta separazione dagli sbandamenti estivi e cambiando il mood sugli investimenti da fare in casa. Perché deve essere chiaro a tutti che si fanno tutti, non sempre e solo che ci sono problemi giganteschi per farli. Perché in questo modo anche quando li fai si è sprecato il capitale di fiducia che genera nel frattempo la crescita dell’economia. Gli investimenti, soprattutto al Sud, si fanno tutti. I guasti prodotti alla nostra economia dai giochetti miopi di Pichetto Fratin sono incalcolabili. Il tesoro dei giacimenti del Sud di energia – rinnovabili, gas, petrolio – si sfrutta tutto e non si deve neppure dare la sensazione che la politica industriale dell’energia rifletta più gli interessi legittimi di massimizzazione dei propri profitti da parte dell’Eni rispetto a quelli vitali dell’interesse comune nazionale a partire dall’industria.
Di questo, però, parleremo meglio a parte, quello che deve essere ora chiaro a tutti è che la macchina degli investimenti pubblici e privati è ripartita, non che sta ripartendo, che la gente che può farlo vuole di nuovo spendere e sta spendendo, non che è frenata da una cappa di sfiducia costruita con i nostri sbandamenti. Tutto è ampiamente recuperabile. Anzi tutto ancora sta
andando addirittura meglio degli altri, ma non capire che se ci si gira dall’altra parte si pregiudica tutto è peggio di un errore strategico. A casa nostra si chiama masochismo.
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