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Giorgia Meloni

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Il calo di fiducia delle imprese di agosto indica che si è riaccesa la lampadina dell’incertezza populista del governo di Destra che l’azione in Europa di Meloni-Tajani-Fitto-Giorgetti aveva spento. La premier eserciti la prudenza per la finanza pubblica e accentui la capacità di fare strategia nazionale in Europa. Gli uomini di affari sanno che le azioni in una banca contano e si aspettano che alla Bei avanzi il candidato dell’Italia non della Spagna, senza governo e con meno azioni in tasca. Vogliono che si privatizzino i porti perché l’imprenditore che li compra ci può solo portare nuovi traffici non toglierci le banchine. Cipollone candidato unico alla Bce è l’atto dovuto da noi anticipato e la proposta del bond sovrano europeo di Panetta è un obiettivo che consolida peso e fiducia. Servono questi risultati.

Il primo semestre dell’an – no si è chiuso con un fatturato industriale che cresce ancora in modo significativo sia sul mercato interno che su quello estero. Cresciamo ancora dopo il biennio magico della stagione Draghi e dieci mesi di governo Meloni che hanno messo a segno sempre la migliore crescita europea con oltre undici punti di prodotto interno lordo nel pieno della grande crisi pandemica e della guerra mondiale delle materie prime di origine bellica. Un vero e proprio secondo miracolo economico italiano dopo quello del Dopoguerra.

Incredibilmente con tutto quello che succede nel mondo e una apertissima questione salariale a fine agosto la fiducia dei consumatori italiani è praticamente stabile (passa da 106,7 a 106,5) mentre peggiora l’indice composito per l’industria italiana calando da 108,9 a 106,8. Un calo, tutto sommato, ancora modesto che non va, però, sottovalutato. Indica che le imprese italiane sono in attesa perché sanno che il crollo germanico è espressione di una crisi strutturale che ha ricadute pesanti per noi, ma sono anche consapevoli di essere riusciti a compensare questa caduta tedesca rovinosa con la forte crescita delle esportazioni nei Paesi extra-Ue grazie alla competitività dei nostri prodotti e dei nostri costi bassi.

Perché allora la fiducia scende, vi chiederete? Per due motivi. Di certo perché la Germania va male, l’Olanda pure e anche gli altri in Europa non vanno così bene, perché c’è la bolla cinese e il rallentamento globale, ma ancora di più perché i colpi di sole salviniani di mezza estate non solo bancari hanno fatto riaccendere nelle imprese e nella classe dirigente del Paese la temutissima lampadina dell’incertezza populista del primo governo di Destra-Centro che l’azione in Europa di Meloni-Tajani-Fitto-Giorgetti, ognuno nei propri ambiti e con il peso dei rispettivi ruoli, era riuscito a spegnere.

La virtù che la Meloni oggi deve esercitare al massimo livello è la prudenza perché di fronte a questa incertezza di fiducia di ritorno non serve solo il controllo della finanza pubblica, ma anche una nostra capacità di fare strategia nazionale in Europa che il mondo delle imprese osserva con un’attenzione speciale. Quello che constatano è che noi abbiamo un uomo adattissimo e stimato (Piero Cipollone) per sostituire Panetta nel board della Bce che è semplicemente un atto dovuto ed è stato presentato ufficialmente come candidato unico, lo abbiamo detto in assoluta solitudine da tempo, e abbiamo di certo un candidato autorevole, se non il più autorevole, l’ex ministro dell’Economia Daniele Franco, per la presidenza della Bei che è una aspettativa legittima perché siamo tra i tre grandi azionisti della Banca e da mezzo secolo non ne abbiamo la guida e, ciò nonostante, siamo riusciti a ridurre il tutto a un balletto interno mediatico che indebolisce la politica italiana di governo perché incide sulla pubblica opinione pasticciando sui due nomi e dando per persa la Bei.

I fatti invece ci dicono che il lavoro su questa autorevole candidatura italiana – ieri si sono incontrati al Mef Giorgetti e Franco – prosegue e aumentano i consensi europei. Come ripetiamo da settimane qui serve, però, un’azio – ne a falange dell’intero governo con in testa la Meloni per conseguire il risultato legittimo e possibile. Questi risultati servono per sostenere la credibilità internazionale della premier e la fiducia delle imprese italiane. Nel frattempo grazie al teatrino mediatico interno gli uomini di affari e gli imprenditori che sanno bene che le azioni detenute in una banca come in una società contano, si chiedono perché non riusciamo a farle pesare a fronte di una concorrenza spagnola di certo autorevole, ma non più di Franco, che è espressione di un Paese molto più piccolo di noi senza un governo e con molte meno azioni in tasca dell’Italia.

Questo si chiedono le imprese e questo incide sulla fiducia. Per la verità, si interrogano anche sul perché ci siano nuove, tante esitazioni sui grandi investimenti tecnologici in Italia, si fanno domande su Tesla come su Intel e altre imprese ancora. Si chiedono perché non si devono privatizzare i porti, anzi con essi anche gli scali merci collegati di cui cinque importanti sono nel Sud, quando l’imprenditore italiano o straniero che li compra ci può solo portare nuovi traffici e non si può di certo portare via le banchine o i palazzi.

È così difficile fare capire a Salvini che, in questo caso, il concetto di proprietà va reso secondario ed è finalizzato al lavoro che porta con sé un investitore privato, pensate a quello che hanno fatto Aponte e Grimaldi a Gioia Tauro, e che i porti non sono come la fabbrica che la copi e la porti in Cina? A tutti questi interrogativi gli imprenditori italiani non hanno ancora una risposta, sono appunto in attesa, ma guai se la risposta che arriva non è quella giusta. Servono l’esercizio estremo della responsabilità nella manovra dove la strategia e gli obiettivi di politica economica debbono essere coerenti-trasparenti e le coperture reali perché non si improvvisano. Si devono toccare con mano i risultati in Europa del nostro peso specifico politico e lo si misura con le scelte di quel risiko europeo che ha in mano gli investimenti del futuro e si incrocia strategicamente con la partita delle partite proprio sugli investimenti che è quella del nuovo patto di stabilità e crescita europeo.

Ottenendo questi risultati in casa e fuori si preservano la fiducia delle imprese italiane e anche dei consumatori, perché tutti si convinceranno che siamo ancora i migliori e si guadagnerà spazio politico ulteriore per combattere e vincere in Europa la battaglia del mercato integrato dei capitali e del bond sovrano europeo, un titolo privo di rischio emesso su base stabile dalla Ue, e del completamento dell’Unione bancaria che sono due cavalli fissi di Fabio Panetta e sono l’espressione di un elevato pensiero che fa parte di quella nostra capacità di fare strategia nazionale in Europa. Proprio quello che le imprese si attendono da un governo di Destra che attua finalmente un conservatorismo moderno e accompagna la resilienza e la spinta propulsiva della sua economia. E’ vietata la riproduzione. Tutti i diritti sono riservati.


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