Pedro Sanchez e Giorgia Meloni
5 minuti per la letturaÈ ridicolo che la nomina di Franco metta a rischio l’atto dovuto di un italiano al posto di Panetta nel board della Bce. La Spagna vuole la guida della Bei, ha la presidenza dell’Eba, esprime una candidata più forte di quella tedesca per sostituire Enria alla testa della Vigilanza bancaria della Bce, di cui fa parte del board. La Meloni ribalti tutto con colloqui personali con Scholz e Macron per dare all’Italia il presidio finanziario degli investimenti e contenere gli appetiti spagnoli sul Mediterraneo. Altro che contentino a Franco con la nomina nel board della Bce perdendo la presidenza della Bei. Le due posizioni sono il minimo per l’Italia
Eravamo stati molto chiari alcune settimane fa. Per la presidenza della Banca europea degli investimenti (Bei) l’Italia ha un candidato, l’ex ministro dell’Economia del governo Draghi Daniele Franco, ex Ragioniere generale dello Stato, ex direttore generale della Banca d’Italia, che ha tutte le carte in regola per avere i consensi che contano, ma ha bisogno che alle sue spalle si svolga un’azione a falange del governo Meloni che coinvolga in prima persona la presidente del Consiglio.
Avevamo sostenuto che toccava alla Meloni farsi il giro delle sette chiese e capitalizzare in colloqui diretti con il cancelliere Scholz, il capo di Stato francese Macron e i principali premier europei quel consenso sulla persona che avrebbe consentito al Paese di fare un’operazione di sistema che avrebbe assicurato all’Italia una casella meno visibile ma molto importante nel mosaico del potere europeo soprattutto sul quadrante degli investimenti pubblici che sono per noi decisivi. Era, a nostro avviso, importante prendere atto che in queste partite bisogna mettere in campo chi può aggregare maggiori consensi e fare gioco di squadra non lasciando mai soli il ministro dell’Economia Giorgetti che aveva chiesto a Daniele Franco di dare la propria disponibilità e le diplomazie che sotto la guida di Tajani non hanno mai fatto mancare il loro sostegno.
Avendo a disposizione l’unico candidato italiano che può correre con ampie possibilità di successo perché ha alle spalle una storia che rende sostenibile la sua candidatura, ribadiamo oggi che sarebbe molto importante per Giorgia Meloni conseguire un risultato che rappresenterebbe un successo politico internazionale e garantirebbe all’Italia una casella di assoluto rilievo per il futuro del nostro Paese essendo noi il principale cliente della banca europea. La Bei ha un ruolo enorme in Italia anche se poco noto e lo avrà ancora di più nella transizione ambientale e nelle nuove energie.
Avere sulla tolda di comando della Bei una personalità italiana riconosciuta dagli altri garantirebbe almeno un occhio di riguardo e potrebbe aiutare non poco l’Italia. Quello che è accaduto fino ad oggi fa masticare amaro. Perché ciò che avrebbe dovuto fare il premier italiano lo ha fatto quello spagnolo, Sánchez, dimissionario ma in carica che ha tirato fuori dal cilindro all’ultimo momento la candidatura della ministra del Tesoro e sua vicepresidente, Nadia Maria Calviño, dimissionaria come lui, e ne ha parlato in un colloquio diretto con il cancelliere Scholz.
Indipendentemente dai meriti della Calviño, che è stimata in Europa, ma non di certo in misura superiore a Franco, è anche giusto sottolineare che Sánchez è oggi presidente pro tempore dell’Unione europea. Agisce, dunque, in palese conflitto di interessi e come espressione di un Paese, la Spagna, con una forte proiezione sul Mediterraneo e quindi, come noi, fortemente interessata alla guida della leva finanziaria europea più potente nel campo degli investimenti che proprio in quest’area strategica dovranno essere realizzati in modo massiccio.
Quello che appare, poi, davvero insopportabile è che ci si affretti a dare per persa la partita sostenendo che a metà settembre si procederà alla designazione della ministra spagnola per la presidenza della Bei perché insistere sulla candidatura di Franco avrebbe messo a rischio la sostituzione di Fabio Panetta, designato come nuovo governatore della Banca d’Italia, dentro il board della Bce con un altro italiano sorvolando sul fatto che l’Italia pesa un sesto dell’area euro e che essendo sei i posti del board la nomina è praticamente un atto dovuto. Si tratti di Piero Cipollone vicedirettore generale della Banca d’Italia o dello stesso Franco qualora saltasse la presidenza della Bei. La realtà è viceversa di segno opposto.
La Spagna alla quale si ritiene di avere già attribuito la presidenza della Bei è lo stesso Paese che oggi esprime la presidenza dell’Eba e ha messo in campo la candidatura ritenuta più forte di quella tedesca per sostituire Enria a fine anno alla guida della Vigilanza bancaria della Bce, seconda posizione dopo la Lagarde, oltre ad essere ovviamente già rappresentata nel board della Bce. A conti fatti un Paese a forte vocazione mediterranea come il nostro e con un’economia più piccola, la Spagna, surclasserebbe totalmente un Paese Fondatore come l’Italia che ha espresso la guida dell’unico governo europeo che è quello della moneta con la stima e la riconoscenza di tutti e che oggi si candida alla leadership politica della nuova Europa a vocazione mediterranea.
Riteniamo che la Meloni non possa considerare minimamente persa la partita della presidenza della Bei e debba spendere il peso della sua leadership politica e della nostra economia per ribaltare la situazione agendo direttamente ai massimi livelli con colloqui personali con Scholz, Macron e i principali premier europei. Sono partite queste, tutte insieme, dove si misura la credibilità internazionale e la forza di sistema di un Paese. Giorgia Meloni esca con la testa dal pasticcio della supertassa sulle banche e si metta a ricucire quella tela di politica estera e di peso in Europa dove ha fatto benissimo prima del colpo di sole salviniano di mezza estate. Soprattutto non consideri di serie B la partita della Bei perché potrebbe rivelarsi un errore strategico di non poco conto.
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