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L'incontro tra il Governo e le opposizioni sul salario minimo. Foto: governo.it

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Il dato politico rilevante dell’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra governo e opposizioni è che la partita non si chiude. Che si capisce che non si scherza con bandierine ideologiche su temi così rilevanti perché l’opinione pubblica non accetta simili atteggiamenti. È proprio ciò che questo giornale ha chiesto. Tutte le parti si impegnino a trovare una soluzione che accontenti ciascuno in quanto ognuno ha e rinuncia a qualcosa. È la base di un metodo nuovo che vale per la questione fiscale come per l’esigenza di tutti di chiudere subito la fase di caduta di credibilità dell’Italia legata al pasticcio sulle banche.

Quando si parla di cose serie anche in questo Paese ciò che appare impossibile diventa la base di un confronto che può aiutare tutti a compiere un passo in avanti. A non perdere almeno la speranza di trovare insieme un metodo nuovo per affrontare le grandi emergenze italiane. Il salario minimo come i salari poveri, la contrattazione nazionale come la questione salariale complessiva, il motore della crescita e degli investimenti che è l’unico in grado di ridurre le diseguaglianze e aumentare gli stipendi. Si tratta di tutti temi vitali che proprio per la loro complessità non hanno una sola soluzione.

Il dato politico rilevante dell’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra governo e opposizioni è che la partita non si chiude. Che si capisce che non si può scherzare con bandierine ideologiche su temi così rilevanti perché l’opinione pubblica non accetterebbe simili atteggiamenti. Così come proprio la complessità del problema di chi è addirittura sotto il livello retributivo della dignità della persona e di chi non riesce comunque ad arrivare a fine mese non permette di immaginare una soluzione veloce del tipo “prendere o lasciare”. Avevamo chiesto qualche giorno fa che proprio questo si evitasse.

Dobbiamo positivamente riscontrare che, sia pure con venature differenti, e purtroppo ancora una volta è la segretaria del Pd Elly Schlein a sottolineare che loro avevano una proposta e il governo no mostrando di non cogliere il dato politico di apertura sottolineato invece da Conte come merito, alla fine tutti si rendono conto che hanno aperto una partita più complicata e delicata di quella che immaginassero e che non se ne possono uscire continuando a fare propaganda.

Era proprio ciò che questo giornale aveva chiesto. Tutte le parti dovranno impegnarsi a trovare una soluzione che possa accontentare ciascuno in quanto ognuno avrà e rinuncerà a qualcosa. I percorsi politici delle grandi democrazie si nutrono di confronti di questo tipo e anche la indicazione della sede di un organo costituzionale come il Cnel non deve essere interpretata come il tentativo di mandare la palla fuori campo. Ciò che è davvero importante è andare avanti misurandosi sulle proposte in campo magari intrecciandole tra di loro. Perché il confronto finalizzato a decidere in tempi ragionevoli paga sempre. Paga molto meno pretendere di avere vinto o, peggio ancora, stravinto perché di solito in questi casi il risultato non arriva.

Anche se una cosa deve essere chiara in premessa. Qualsiasi soluzione, questo è necessario che sia l’impegno preliminare di tutti, richiederà però un’attività di controllo che è quella che manca in questo Paese sia rispetto alla posizione del salario minimo sia rispetto al fatto che la contrattazione collettiva se ne faccia carico.

L’incontro di ieri a Palazzo Chigi, lo si è percepito anche nei toni di attenzione della premier Meloni e del suo vice Tajani, può rappresentare la base di un metodo nuovo che può valere anche per altre cose come la questione fiscale, le liberalizzazioni, il posizionamento strategico internazionale che pone al centro l’interesse del Paese e chiude subito le fasi di incertezza e di caduta di credibilità come è avvenuto con la supertassa sulle banche. Perché è interesse di tutti chiudere questioni che producono danni di lunga durata di cui verrà chiesto conto alla maggioranza come alle opposizioni.

Bisogna che tutti insieme si rendano conto che la disponibilità del governo a parlare dei salari poveri non vuol dire che la soluzione si esaurisce con la soluzione del problema di chi guadagna meno di nove euro ma che partendo da qui si deve affrontare la questione dei salari poveri perché il tema interessa tutti i giovani di questo Paese, anche quelli del ceto medio, perché tre quarti delle famiglie italiane hanno figli e nipoti che guadagnano pochissimo perché i salari sono molto bassi in tutti i settori.

Il problema vero è dare una risposta concreta a chi viene retribuito sotto il livello minimo della dignità della persona avendo la consapevolezza che solo dando a tutti gli italiani, a partire dai giovani, stipendi più ricchi si eviterà di spaccare il Paese e si preserva il miracolo economico ricevuto in eredità dalla stagione di governo di unità nazionale. Già cominciare a dirlo significa fare un grande paese in avanti rispondendo ai bisogni primari della povertà e della valorizzazione dei nostri talenti. Questa Italia di domani ha bisogno del concorso di tutti e del tempo giusto per fare le cose possibili e farle bene.


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