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Le bandiere davanti al Parlamento europeo di Strasburgo

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L’Europa è debole perché non ha una guida e fa i conti con le incognite spagnola, olandese e polacca. L’Italia rivela un suo protagonismo con una politica estera che pone al centro il Mediterraneo e restituisce all’Europa un ruolo specifico, non più accodato al problema americano sull’Ucraina, in chiave di sfida contro il disegno egemonico di cinesi e russi in Africa e in tutti i Mediterranei. L’Italia, però, deve avere piena consapevolezza che non può fare da sola. O sarà il pivot di un sistema allargato ai francesi e a tutta l’Europa o non va da nessuna parte. L’Italia può fare i primi passi da sola e li ha già fatti anche bene, ma da ora in avanti ha assoluto bisogno di stringere alleanze con le cancellerie, non solo con i vertici delle istituzioni europee peraltro in scadenza.

IL DIBATTITO politico del nulla si consuma dentro tutti i contorcimenti del caso Santanché. Riesce a sovrastare perfino lo sbriciolamento di un Paese – tra nubifragi, raffiche di grandine, incendi e ondate di calore da 48 gradi – che paga oggi prima degli effetti del cambiamento climatico la perdita di ogni programmazione di lungo periodo e di strumenti tecnici centralizzati. Sono due facce della stessa medaglia che è quella del raccontare senza fare in casa e della difficoltà a capire che la prima tutela dell’interesse nazionale si fa fuori casa. Si fa in Europa e lo si fa avendo la forza di diventare il pivot di una scelta strategica condivisa europea che riconosce come nuova priorità il Mediterraneo e evita all’Europa stessa di diventare una colonia americana.

Nella partita europea ci sono tre incognite molto grosse. La prima riguarda la Spagna che non si sa bene come va a finire, ma resterà instabile per un po’ di tempo anche se non ne è in discussione l’europeismo. Poi in autunno ci sono il voto in Olanda con il punto interrogativo del partito dei cittadini-agricoltori ultra qualunquista e quello in Polonia dove si vedrà se l’attuale guida di destra sovranista verrà riconfermata con ampio mandato o se i democratici di varia estrazione torneranno a riprendere se non il potere almeno un’influenza sostanziale. Comincia a salire di tono questo dibattito su come evitare che l’Europa diventi una colonia americana. Che vuol dire un’Europa legata mani e piedi alla politica di Washington e al doppio confronto Biden-Trump e Biden-Putin. Su queste due variabili della politica americana scorrono le sequenze del film di questi giorni del vassallaggio dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti. Un’Europa divisa, come ha più volte acutamente sottolineato Romano Prodi, non riesce ad essere un alleato che dà suggerimenti agli americani, ed è invece costretta a eseguire quello che gli viene detto.

La verità è che l’Europa è debole perché manca un regista essendo finita anche la stagione, non immune da errori gravi, della regia franco-tedesca. In questo pericoloso sgretolamento di leadership l’Italia con il governo conservatore a guida Meloni si è guadagnata sul campo un suo protagonismo con una politica estera che pone al centro il Mediterraneo e restituisce, di riflesso, all’Europa un suo ruolo specifico non più accodato al problema americano sull’Ucraina in chiave di sfida contro il disegno egemonico di cinesi e russi in Africa e nel Mediterraneo allargato. Il resto dell’Europa non fa niente, balbetta qualcosa la Gran Bretagna che però non fa più parte dell’Unione europea ma ha un minimo di intelligence, di esercito e di deterrenza nucleare per dire la sua.

Per queste ragioni, a nostro avviso, se l’Europa non coopera e non sposa totalmente la priorità del Mediterraneo vuol dire che non è in grado di capire che è una scelta che può significare il rilancio di una presenza europea. Anzi, di più, che questo è l’unico modo che l’Europa ha per tornare a contare qualcosa nello scacchiere del grande conflitto di cui il Mediterraneo e l’Africa più in generale sono un pezzo rilevante dello scacchiere. Gli Stati Uniti sottovalutano questo quadrante cruciale dello scacchiere perché hanno da fare altro e sono troppo impegnati con il conflitto con la Russia per la guerra in Ucraina. La Francia non riesce a fare una politica strategica sul Mediterraneo, ma non vuole che la faccia neppure l’Italia.

A questo punto l’intelligenza politica deve spingere l’Italia ad avere la piena consapevolezza che non può fare da sola. Può ambire, certo, a essere il pivot di un sistema allargato ai francesi e a tutta l’Europa, ma o fa questo o non va da nessuna parte. L’Italia può fare i primi passi da sola e li ha già fatti anche bene, ma da ora in avanti non deve continuare da sola. Ha assoluto bisogno di stringere alleanze con le cancellerie europee non solo con i vertici delle istituzioni europee peraltro in scadenza.


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