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Giorgia Meloni

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La Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni a Roma voluta da Giorgia Meloni con i vertici delle istituzioni europee e finanziarie internazionali, i leader di quasi tutti gli Stati della sponda sud del Mediterraneo allargato, del Medio Oriente e del Golfo, nonché gli Stati dell’Unione europea di primo approdo e alcuni partner del Sahel e del Corno d’Africa, esprime la forza delle intuizioni politiche che appartengono alla storia perché hanno lo spessore di chi coglie il nodo strutturale da sciogliere del mondo capovolto dal nuovo quadro geopolitico.

Significa perseguire l’idea guida dello sviluppo alla pari con i Paesi del Nord Africa e del Mediterraneo allargato che è fonte ispiratrice del Piano Mattei e parte integrante dei principi fondanti della Carta di Napoli elaborata da questo giornale chiamando a raccolta le grandi voci dell’economia, della politica, delle istituzioni europee e multilaterali nel primo Festival euromediterraneo dell’economia (Feuromed) realizzato a Napoli in collaborazione con la Commissione e il Parlamento europei.

Questo giornale è totalmente schierato con l’idea guida del governo Meloni di favorire gli investimenti, a partire dal Nord Africa, proprio dove sono invece già arrivati le armi dei russi e i soldi dei cinesi. Si è giocata con intelligenza la carta cooperativa, dichiaratamente non predatoria, che fa la differenza con un lavoro che ha riguardato la premier in prima persona segnandone la crescita della statura internazionale, il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, che ha patrimonializzato il suo capitale europeo di credibilità costruito negli anni, e l’azione incessante di una diplomazia italiana che è un’area protetta della nostra pubblica amministrazione per il suo tasso di efficienza e di credito internazionale.

Si è messa così l’Italia al centro dell’Europa nella sfida del grande hub energetico e manifatturiero del Mediterraneo e si è rilanciata la centralità europea nel gioco geopolitico del futuro che deve coinvolgere in prima linea gli Stati Fondatori, ma deve anche riconoscere ai Paesi del Sud Europa un ruolo di protagonisti con la Nato su tutto il fronte europeo meridionale allargandosi fino ai Balcani per mettere i territori in sicurezza da migrazioni che portano con sé morte e disperazione.

La sfida capitale è quella di costruire un’economia della pace e dello sviluppo con l’altra sponda del Mediterraneo che offre al Mediterraneo allargato un percorso credibile di rinascita, restituisce all’Europa una prospettiva seria di crescita solidale e consegna all’Italia, con il suo Mezzogiorno, il rango che le compete di capitale del nuovo mondo all’interno di un player globale di cui si avverte bisogno assoluto.

Non vi fate ingannare dai racconti italiani che propenderanno per una lettura legata prevalentemente al fenomeno migratorio. A noi ciò che è apparso cruciale è l’approccio contenutistico del punto quattro “il più importante”, parole di Giorgia Meloni, dove si è espressamente indicata la strada del partenariato a vantaggio reciproco con progetti di sviluppo che riguardano il Mediterraneo allargato e l’Africa subsahariana. Dove si sono indicati i settori principali di intervento (sei) che sono agricoltura, energia, infrastrutture, educazione-formazione, sanità, acqua e igiene. Dove si è fatto esplicito riferimento ai fondi internazionali e alla loro valorizzazione attraverso uno strumento che consente di utilizzarli al meglio come è un fondo per lo sviluppo.

Per quanto ci riguarda questo approccio innovativo del linguaggio e dei contenuti della politica italiana esprime lo spirito auspicato da Feuromed che si è tradotto in un lavoro di principi costituenti e di indicazioni tecniche che è la Carta di Napoli. Che parte dalla sfida europea di costruire il capitale umano che dovrà gestire la rivoluzione economica, culturale e civile dei Mediterranei e si sviluppa in quattro allegati tecnici che riguardano l’energia, la portualità, le infrastrutture e l’economia del mare con molti focus specifici su industria, agricoltura, acqua e assetto idrogeologico, energie del futuro, diplomazie scientifiche, economiche e culturali che sono tutte declinazioni concrete della educazione e della formazione del futuro.

La Carta di Napoli è il frutto del lavoro certosino di un advisor board presieduto da Patrizio Bianchi che riunisce le migliori competenze specifiche e ha voluto mettere per iscritto i contenuti programmatici e operativi di un disegno di sviluppo che fa del Sud italiano il Nord europeo e assicura all’Europa intera l’unica prospettiva reale di crescita aggiuntiva e un ruolo finalmente effettivo di player globale di peso nel nuovo grande gioco del potere. Quello che sta ridisegnando l’ordine mondiale accorciando le catene della logistica e cambiando le direttrici di sviluppo sostituendo l’asse Est-Ovest con quello Nord-Sud. Riproduciamo, in occasione della Conferenza di Roma, l’edizione speciale del nostro giornale sulla Carta di Napoli e su tutto quello che ci ruota intorno perché la riteniamo fonte di contributi rilevanti che meritano di essere valutati con tempestività.

A livello di intuizioni la scelta di Giorgia Meloni si può paragonare per valore politico a quella dei Fondatori dell’Europa del Dopoguerra che furono Adenauer, Schuman, De Gasperi. Anche se onestamente nel merito questa scelta anticipatrice fu più nelle corde di La Pira e Fanfani assieme a Mattei e, poi, a seguire di Moro che capì che si sarebbe finiti lì ma non sviluppò mai la visione fino in fondo. La Pira era un visionario, non perseguiva un progetto politico, ma l’intuizione che il futuro fosse lì era tutta sua. Fanfani era più concreto, ma fu fatto fuori anche per questo.

Arrivò ad essere presidente di una sessione dell’Onu come riconoscimento personale della sua capacità di visione geopolitica. La Pira, ad esempio, voleva rimuovere la questione vietnamita, ma ebbe una grande opposizione interna e decise comunque di andare a negoziare direttamente con Ho Chi Minh. Le ostilità dei falchi americani, le fazioni interne che le cavalcavano e i giornali quasi tutti lo massacrarono arrivando a dire che il “santo matto” metteva a rischio l’Italia.

Oggi solo chi è prevenuto può non vedere il peso politico della Conferenza di Roma e la forza strategica della scelta euromediterranea che vuole risolvere in radice il problema con le sue tante facce che riguardano le fughe dei popoli dalla povertà e dalla paura e lo sviluppo possibile in un mondo che ha accorciato le sue catene della logistica e fa i conti con uno scenario globale capovolto. Ovviamente non basta l’intuizione e bisogna avere grande capacità politica per declinare questa intuizione strategica giorno dopo giorno coinvolgendo prima di tutto Macron e strutturando una classe interna all’altezza della sfida.

Si è compiuto con realismo un primo passo che denota intelligenza politica, ma questo primo passo si dovrà misurare con lo scoglio non indifferente di coinvolgere i Paesi forti dell’Europa in questa operazione. Non si può certo negare su questo aspetto che Giorgia Meloni non abbia aumentato la pressione per fare in modo che l’Europa si renda conto di qual è il nuovo asse strategico per le materie prime energetiche come per le terre rare della nuova economia. O per rendersi conto che il mondo si è capovolto e che il punto di svolta è rappresentato da chi vincerà la partita euromediterranea perché solo questo risultato può consacrare la nascita di un player globale europeo che può dire la sua. Il primo a intuirlo oltre venti anni fa fu Romano Prodi ed è bene dargliene atto.

Ora la verità è che i grandi Paesi europei hanno capito bene la delicatezza della partita in gioco e la titubanza a fare il necessario gioco di squadra nasce dal fatto che sono invidiosi l’uno dell’altro. Macron ha capito bene che il gioco è fondamentale, ma ha anche capito che chi parte prima è avvantaggiato. Macron non è geloso perché la Meloni è di destra, ma perché rappresenta il concorrente italiano che rischia di mettere in ombra il ruolo fin qui determinante della Francia perché è partito prima di tutti.

Gli altri Paesi hanno meno interessi diretti e la Spagna pure, che è molto coinvolta, ha tali problemi interni da rimanere ai margini. Nessuno, però, si può comunque sottrarre alla sfida perché mettere sviluppo e migrazioni al centro dell’agenda europea partendo dal Mediterraneo è il solo atto possibile per attuare il contenimento reale del peso specifico internazionale di Russia e Cina e del loro disegno egemonico geopolitico che con le armi di Putin e i soldi di Xi Jinping vogliono ipotecare il destino del Nord Africa e del Mediterraneo allargato spostando a favore delle autocrazie il controllo dell’equilibrio mondiale. Qualcosa che fa venire i brividi lungo la schiena di ogni democratico.

Il lavoro diplomatico internazionale e con i vertici europei svolto dal governo italiano è fondamentale. Noi ambiremmo che dal Piano Mattei e dalla Carta di Napoli si facessero propri alcuni principi guida e contenuti specifici all’interno della nota di aggiornamento di economia e finanza (Nadef) di autunno e, in seguito, dei documenti di economia e finanza e di quella che sempre più dovrà essere la programmazione ventennale di un grande Paese che ha ritrovato la strada della crescita e non intende più mollarla.

Serve per fare scelte così coraggiose la grande politica che deve difendere il ruolo per noi strategico dell’Eni, ma anche tenere ben strette le corde del comando perché non tutti gli interessi dell’Eni coincidono con gli interessi del Paese e il gioco di squadra dei grandi soggetti energetici è fondamentale. Serve la grande politica perché un ministro come Pichetto Fratin non si può neppure permettere di ipotizzare un elenco di hub energetici strategici senza i nomi di Gioia Tauro, Porto Empedocle, Porto Torres. Altrimenti la grande visione resta e ci fa guadagnare credibilità fuori dell’Italia, ma la sua declinazione interna sconfina nel ridicolo e genera indignazione. Questi sono errori o pressapochismi che proprio non ci possiamo permettere.


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