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La premier Giorgia Meloni incontra il presidente del Consiglio della Polonia Mateusz Morawiecki

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Non c’è un leader che prevale e da parte di tutti non si capisce che Europa vogliono e nemmeno sanno che Europa avremo. Sulle elezioni europee ci sono solo azzardi. Spira il vento di destra, si dice, ma quale? Vince una destra alla greca e alla Meloni o una destra alla Le Pen e alla Salvini? Su tutti incombe il problema dell’Ucraina che spinge per entrare al più presto, un bel segnale per il nuovo mondo del dopo Putin, ma se si dice subito sì all’Ucraina cambia tutta la politica agricola europea e, poi, come si fa a tenere fuori gli altri? L’Europa può compiere un gigantesco passo in avanti se prima non ha una politica estera, di difesa e di bilancio comuni? Anche perché bisogna almeno chiedersi che cosa farebbero Russia e Cina davanti a un’Europa così allargata e come si fa a difendere l’interesse italiano alleandosi con gli interessi nazionali che non sostengono quello italiano.

GIORGIA Meloni corre a Varsavia perché sa di dovere camminare abilmente sulla corda di presidente dei conservatori europei. Questa corda non può essere neppure allentata e, quindi, per tenerla ben stretta occorre maneggiare con assoluta cura l’alleanza con i polacchi. È troppo importante per lei avere questo doppio ruolo di Presidente dei conservatori europei e di Presidente del Consiglio di uno dei tre Paesi Fondatori dell’Europa. È decisivo questo doppio ruolo in un momento in cui nessuno sa davvero quale sarà la dimensione dei voti che raccoglieranno le forze politiche in campo, ma dove tutti giocano cento parti in commedia e la Presidente della Commissione, von der Leyen, non fa più niente perché per avere il secondo mandato non vuole scontentare nessuno.

Di fatto questo è un momento davvero delicato visto che non si sa bene quale sia la partita che si sta giocando perché i veri progetti per il futuro dell’Europa non sono in campo. Le due cose che sono in campo riguardano la prima il discorso sacrosanto sull’Ucraina dove l’Europa c’è, schierata con chiarezza a sua difesa dall’ invasore russo, ma sempre come vassalla degli Stati Uniti perché di più non riesce a fare. L’altra cosa riguarda l’allargamento della Unione Europea che vuol dire otto nuovi Stati che chiedono di entrare a partire dall’Ucraina stessa, ma ci sono anche Moldova, Georgia, i Paesi balcanici e così via. Solo la prima di tutte queste partite, ovviamente avranno tempi non brevi, che riguarda l’Ucraina, significa, ad esempio, cambiare completamente la politica agricola europea. Perché è il granaio del mondo e, allo stesso tempo, un Paese semidistrutto per cui rappresenta una calamita formidabile per succhiare tutti i soldi della comunità europea e, ancorché la solidarietà nei suoi confronti sia reale oltre che giusta, è evidente che quando entrano in gioco gli interessi economici nazionali tutto si complica.

L’allargamento delinea un disegno futuro dell’Europa molto complicato che è sul tavolo, ma di cui non si discute seriamente nelle sedi che contano, lo si fa solo negli ambienti europeisti più consapevoli. Perché per il resto, ci si lasci passare l’espressione, si ha la sensazione che tutto finisca sempre a tarallucci e vino. Siamo, dunque, alle prese con la grande incognita della nuova Europa di cui nessuno parla per tante ragioni. Macron che potrebbe essere un elemento decisivo, tra l’altro, perché la Francia è tra le forze europee l’unica che ha l’atomica, ma ha i suoi problemi interni che ormai si ripetono con una frequenza preoccupante. Gli altri sarebbero gli inglesi, ma ormai sono fuori. La Germania ha un’economia sotto shock e vive nell’incertezza più assoluta per i problemi interni e per la debolezza politica della leadership di Scholz che ha raccolto l’eredità della Merkel ma non ne è all’altezza. Non c’è un grande leader che oggi prevale su tutto e, in generale, da parte di tutti non si capisce che Europa vogliono e nemmeno sanno che Europa avremo. Nessuno ovviamente neppure sa come andranno davvero queste elezioni europee. Spira il vento di destra, si dice, ma c’è destra e destra. Vince una destra alla greca e alla Meloni o una destra alla Le Pen e alla Salvini?

Su tutti incombe il problema dell’Ucraina che spinge per entrare al più presto, e sarebbe anche un bel segnale per il nuovo mondo del dopo Putin, ma se si dice subito sì all’Ucraina come si fa a tenere fuori gli altri? Come si fa ad allargare ancora così massicciamente l’Europa compiendo un ulteriore gigantesco passo in avanti, se prima non ci si dota almeno di una politica estera, di difesa e bilancio comuni? Anche perché bisogna almeno chiedersi che cosa farebbero Russia e Cina davanti a un’Europa così allargata e come si fa a difendere l’interesse italiano alleandosi con gli interessi nazionali che non sostengono quello italiano. Servono politiche solide che non si possono tradurre in slogan del tipo “siamo tutti d’accordo a fermare la grandine”.

Perché la grandine cade uguale e non si può svuotare il mare con un cucchiaino. Per fare politiche di sviluppo sacrosante dall’altra parte del Mediterraneo servono periodi lunghi e nel frattempo bisogna fare scelte comuni per gestire la lunga transizione. Ci vuole un’idea condivisa di Europa e bisogna avere le capacità di attuarla. Bisogna almeno cominciarne a parlare.


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