Daniele Franco
5 minuti per la letturaNella strategia “europeista e sussidiaria a pacchetto” di Giorgia Meloni non può mancare la consapevolezza che la guida della Bei nelle mani della Vestager, espressione dalla testa ai piedi della visione nordica, è l’esatto opposto di ciò che serve all’interesse italiano e costituisce un rischio capitale da sventare. Per la Meloni sarebbe davvero una bella figura sostenere con forza una scelta politica collettiva su Franco e ottenere la guida della Bei per un uomo del governo Draghi non iscritto al suo partito ma espressione di una storia tecnica che sa difendere le ragioni della grande politica. Che sono quelle dell’interesse italiano che vale se si esprime dentro una nuova Europa. Altrimenti diventa solo velleitarismo.
Consiglio non richiesto a Giorgia Meloni. Sostenere con la forza di tutto il governo la candidatura di Daniele Franco alla guida della Banca europea degli investimenti (Bei) operando a falange esattamente come fanno i francesi ogni volta che è in gioco una postazione di potere europeo strategica per il proprio Paese. Per la prima donna premier italiana, Giorgia Meloni, che ha dato infinite prove ormai di mettere l’interesse nazionale prima di ogni altro dentro un quadro europeo che non prevede mai rotture di equilibri costituenti ma intenso dialogo politico, si tratta di proseguire con intelligenza politica nel solco di scelte di indiscusso valore e standing internazionale come è stata quella di Fabio Panetta per la guida della Banca d’Italia al posto di Ignazio Visco o del generale Figliuolo per gestire la ricostruzione dell’Emilia- Romagna e avviare finalmente il processo di ri-centralizzazione della macchina degli investimenti pubblici.
Un processo che risponde a un’esigenza italiana ineludibile per continuare a fare Pil e, ancora prima, a una precisa richiesta europea su cui l’Italia si gioca molto della sua credibilità. Un processo che prevede peraltro il massimo di responsabilizzazione degli stessi enti locali e di chi li dirige ma prova a dare risposte a quelle fondatissime critiche europee sulla evidentissima “incapacità amministrativa sub-nazionale” messe nere su bianco nelle raccomandazioni all’Italia della Commissione europea. Per realizzare un disegno di riforma di conservatorismo compiuto che può fare della Meloni la nuova Thatcher e consegnare alla storia la sua esperienza di governo, all’Italia farebbe molto bene potere contare su una presidenza della Banca europea degli investimenti molto attenta ai problemi di un Paese come il nostro. Che ha bisogno della leva produttiva in conto capitale per trasformare il boom economico degli ultimi due anni e mezzo-tre in una lunga stagione di crescita sostenuta che duri almeno quanto il quarto di secolo di stagnazione che ha preceduto il boom di oggi e ci ha condannato a essere il fanalino di coda europeo allargando a dismisura diseguaglianze e povertà.
Parliamoci chiaro. Per vincere partite di questa portata bisogna avere candidati forti in grado di coagulare consensi di 28 Paesi e portare a casa il risultato. I nomi più forti messi in campo al momento sono quelli di Daniele Franco, ex ministro dell’Economia del governo Draghi, ex direttore generale della Banca d’Italia, ex Ragioniere generale dello Stato, e quello della commissaria danese alla Concorrenza Margrethe Vestager che ha annunciato ufficialmente martedì della settimana scorsa la propria candidatura.
Oggi saranno tutti presi dal consiglio europeo sui temi caldi strategici che riguardano la Russia e l’Ucraina così come il racconto mediatico italiano sempre fuori misura sarà più o meno impropriamente tutto concentrato su Mes, Bce, Pnrr confondendo inopportunamente problemi reali con bolle destinate a sciogliersi, ma noi ci permettiamo proprio oggi di segnalare al governo Meloni che nella sua strategia “europeista e sussidiaria a pacchetto” un posto di assoluta rilevanza deve averlo la consapevolezza che la guida della Bei nelle mani di una persona che esprime dalla testa ai piedi la visione nordica è l’esatto opposto di ciò che serve alla nuova Europa e all’interesse italiano, al PianoMattei e alla scelta strategica del rapporto alla pari con Nord a Africa e Mediterraneo allargato. Siamo davanti a un rischio capitale da sventare in modo assoluto.
La Bei sta facendo già oggi cose molto importanti per gli investimenti materiali e immateriali nel nostro Paese e, ancora di più, dovrà farne per la transizione energetica – è il cuore della sfida del nuovo Repower Eu e del grande hub del Mediterraneo collocato nel nostro Sud – e la ricostruzione dell’Ucraina. Avere un occhio italiano che si muova e operi dal gradino più alto della Bei potrebbe essere molto utile per evitare discriminazioni anti Italiane che ci sono state in passato in tutti i campi e a tutti i livelli. Se solo pensiamo a quello che ha fatto passare proprio la stessa Vestager alle banche italiane negli anni successivi alla crisi dei debiti sovrani c’è da farsi venire i brividi lungo la schiena. All’epoca ci volle proprio la forza e la determinazione di Panetta per rintuzzare punto su punto in un contesto peraltro viziato da errori strategici di non poco conto che fecero pagare ai Paesi del Sud Europa non solo gli effetti della crisi dei debiti sovrani ma anche quelli di una classe dirigente politica europea che non si rivelò all’altezza della situazione esprimendo un’impostazione nordica riduttivamente definita di austerità ottusa.
Non si lasci questo dossier delicato solo nelle mani del ministro dell’Economia Giorgetti che ha avuto il merito di chiedere e ottenere la disponibilità dell’ex ministro Franco. Il governo Meloni con il peso della sua leadership che in Europa già pesa molto ma ancora di più si sentirà, non lasci nulla di intentato nell’azione di sostegno della candidatura dell’unico italiano che ha chance reali per prevalere sulla candidatura della Vestager e di eventuali altre candidature a partire da quella spagnola. La Bei è fondamentale per l’Italia e l’eventuale nomina di Franco farebbe anche molto bene alla credibilità del governo Meloni. Perché sarebbe un grande successo internazionale per l’Italia che avrebbe in una postazione strategica tra quelle che contano in Europa un proprio rappresentante stimato e rispettato.
Sarebbe un successo addirittura doppio perché porterebbe alla vittoria un’indicazione tecnica. Sarebbe davvero una bella figura fare una propria scelta politica collettiva di governo su Franco e ottenere la guida della Bei per un uomo del governo Draghi non iscritto al loro partito ma espressione di una storia tecnica che sa difendere le ragioni della grande politica. Che sono quelle della nuova Europa e dell’interesse nazionale che vale se si esprime dentro quella nuova Europa. Altrimenti diventa solo velleitarismo.
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