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Tutti si posizionano per quando sarà vinta davvero la guerra elettorale divorati dal terrore che qualcuno ne esca come il vero vincitore. Questo vale per la destra su temi strategici ineludibili come la ratifica del Mes e altri solo apparentemente minori, ma anche per la sinistra dove non si capisce chi sta con chi su Ucraina, Putin prima furioso poi indebolito, e giustizia. Non si pensa alla soluzione dei problemi, ma a tenere insieme o tessere alleanze mettendo in gioco la crescita che è il collante di tutto. Giorgia Meloni continui a fare ciò che ha fatto fino a oggi. Scegliere con il buon senso, a partire dal Mes, e tirarsi dietro gli alleati riluttanti. All’Italia serve una leadership politica forte e all’Europa la stabilità politica italiana espressione di quella leadership
Siamo un Paese che decide come nulla fosse che i ragazzi delle zone alluvionate non devono fare gli esami scritti anche se si sono preparati tutto l’anno e li vogliono fare. Siamo un Paese dove può succedere che i ragazzi di mezzo Comune fanno l’esame scritto e quelli dell’altro mezzo Comune no perché nelle loro strade l’acqua si era alzata di più. Siamo il Paese dove la politica continua a correre dietro alle sensazioni più epidermiche della opinione pubblica. Una norma buonista, da una parte, e una norma draconiana dall’altra. Con annessi grandi dibattiti. Due ragazzi che sparano alla professoressa con una pistola a aria compressa prendono nove in condotta e i docenti dicono: se mettevamo sette, abbassavamo loro la media e non è giusto perché hanno studiato. Chi ha accoltellato la sua professoressa a Abbiategrasso, cosa di una gravità inaudita che attiene a un tema evidente di problematica psichiatrica, viene espulso e bocciato, ma parte il ricorso della famiglia e il ministro annuncia un’ispezione. Perché bisogna capire bene. Si ha la netta sensazione che sia tutto un rincorrere l’opinione pubblica buonista o stupidamente rigorista su una generazione già sbalestrata dall’esperienza del Covid accentuandone lo sbalestramento che andrebbe invece affrontato con molta serietà. Perché è in gioco la generazione del futuro. Salendo di livello siamo davanti all’incapacità della politica di decidere perché resta eccessivamente feudalizzata. È una lotta di tutti contro tutti perché esistono solo le alleanze di guerra elettorale, ma appena si pensa di non dovere fare quella guerra lì torna la lotta tra gli alleati. Perché tutti pensano a posizionarsi per quando sarà vinta una volta per tutte la stessa guerra e nel frattempo sono divorati dal terrore che qualcuno ne esca alla fine come il vero vincitore. Questo vale per la destra su temi strategici come la ratifica del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), rilevanti come la nomina del commissario per la ricostruzione in Emilia- Romagna o anche solo apparentemente minori ma di grande rumore mediatico come il caso Santanché che mette a nudo le manovre leghiste sottobanco. Questo vale anche per la sinistra dove su Ucraina, Putin prima furioso e poi indebolito e giustizia, solo per fare qualche esempio, non si capisce bene chi sta con chi. Soprattutto non si capisce che cosa pensino davvero nel merito di qualcosa che attiene al conflitto tra autocrazie e mondo occidentale che sta riscrivendo la storia del mondo e le regole globali dell’economia. Soprattutto si ha la evidente sensazione che non si pensa alla soluzione dei problemi, ma a tenere insieme le alleanze facendo finta che esistano o facendo finta di tesserne di nuove.
Questo quadro di fondo impedisce a entrambi gli schieramenti di esser equanimi con amici e nemici. Per cui nessuno ha la forza di toccare un amico e di chiamarlo a rendere conto delle sue responsabilità. Ci si accanisce solo contro coloro sui quali si ha la possibilità di sparare addosso perché non rientrano fra quelli che vengono identificati con le truppe e i gangli di comando di uno dei due schieramenti. Questo processo impallina spesso i migliori e obbliga tutti a stare con qualcuno e a impegnare le proprie energie nella difesa delle trincee del nulla. Tutto ciò in un momento molto delicato in cui bisogna avere visione di lungo periodo e non si può perdere il Pnrr rafforzando la scelta di competenza politica europea operata dalla Meloni e il lavoro prezioso di individuazione delle priorità e di dialogo costante con l’Europa del ministro Fitto. In un momento in cui non si può perdere la fiducia dei mercati e non si possono indebolire le nostre storiche alleanze in Europa. In un momento in cui si deve continuare a proteggere la crescita economica italiana che è un unicum assoluto in Europa e studiata nel mondo. Soprattutto è quella stessa crescita che sta tenendo insieme tutto in uno dei passaggi cruciali della storia. Soprattutto è qualcosa che coincide con l’interesse di tutti e tutti dovrebbero avere a cuore di proteggerla. Competere per governare un Paese sfasciato non è nell’interesse di nessuno. Il fatto che non ci sia in campo un Pd realmente competitivo all’altezza della sua storia e della delicatezza della situazione rende più difficile la capacità di governo del centro destra e, alla lunga, indebolisce la leadership stessa della maggioranza di governo. Giorgia Meloni deve continuare a fare quello che ha fatto fino a oggi. Scegliere con il buon senso, a cominciare dal Mes, e costringere gli alleati riluttanti a venire dietro. All’Italia serve una leadership politica forte e all’Europa la stabilità politica italiana espressione di quella leadership.
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