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Un dibattito a Feuromed 2023

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Alla prima edizione del Festival Euromediterraneo dell’economia (Feuromed), organizzato dal nostro giornale in collaborazione con la Rappresentanza italiana della Commissione e del Parlamento europei, è stata documentata in modo comune una nuova narrazione del Sud per quello che è realmente oggi e per quello che diventerà domani come non più periferia ma centro effettivo del mondo capovolto. Che lo obbliga a essere il nuovo grande hub energetico e manifatturiero del Mediterraneo

ABBIAMO chiamato a raccolta a marzo a Napoli, nella Sala dei Baroni al Maschio Angioino, le grandi voci della economia pubblica e privata e della finanza, quelle del governo come dell’Europa e del Mediterraneo allargato. Alla prima edizione del Festival Euromediterraneo dell’economia (Feuromed), organizzato dal nostro giornale in collaborazione con la Rappresentanza italiana della Commissione e del Parlamento europei, è stata documentata in modo comune una nuova narrazione del Sud per quello che è realmente oggi e per quello che diventerà domani come non più periferia ma centro effettivo del mondo capovolto. Che lo obbliga a essere il nuovo grande hub energetico e manifatturiero del Mediterraneo. Perché i carri armati russi in Ucraina hanno rotto per sempre i fili dell’asse Est-Ovest e rilanciano come strategico quello Sud-Nord.

Abbiamo fatto questa ennesima operazione verità nell’unico modo possibile per uscire dagli schemi stereotipati del nostro Mezzogiorno che è quello di affidarci al linguaggio dei numeri. Che certificano che le piccole e medie imprese manifatturiere del Mezzogiorno di qualità eguagliano per ebitda e valore aggiunto le performance delle migliori imprese di pari dimensione del Nord del Paese. Abbiamo dimostrato che il proliferare di nuove piccole e medie imprese e la nascita di start up nel Sud sono fenomeni reali in atto che avvengono a un tasso di crescita comparabile con quello omologo delle aree territoriali più avanzate. Abbiamo illustrato la cartina di una grande manifattura europea che è già oggi il Mezzogiorno italiano caratterizzato certo da uno sviluppo ancora fortemente sbilanciato, ma dove l’aerospazio, l’elettronica da difesa, l’agroindustria e il packaging della Campania sommati alla grande tradizione ingegneristica e ai primati della intelligenza artificiale della Calabria, della cyber sicurezza a Bari e della gigafactory Enel a Catania e molto altro ancora, raccontano un Sud industriale di successo che nessuno vuole vedere. Esattamente come pochi sanno che i treni più moderni della metropolitana di Milano sono fabbricati a Reggio Calabria con lo stesso personale che operava in una fabbrica data da tutti per spacciata.

Nella nuova narrazione del nostro Sud ci sono poi la pandemia e la crisi cinese che hanno accorciato le catene della logistica globale rilanciando il valore attrattivo di capitali internazionali dei nostri territori. C’è, allo stesso tempo, la guerra di Putin in Ucraina che obbliga il mondo a riscoprire l’Africa, il Medio Oriente e i Balcani con il suo carico prezioso di materie prime energetiche e di terre rare della nuova economia. Rilanciando il ruolo degli stessi territori sulla base di evidenti ragioni geografiche. Per capirci, senza il cavo della nuova energia solare, eolica, da maree, con le pale o sott’acqua, che parte dal Mezzogiorno italiano o da Tunisi, e in futuro magari da Algeri, passando sempre per il nostro Mezzogiorno, la media e grande impresa esportatrici del Nord e quella dei colossi della manifattura tedesca si devono giocoforza fermare.

Questo è il segno più concreto dei cambiamenti generati dal mondo capovolto per ragioni geopolitiche che hanno nascosto il passaggio della globalizzazione da una fase competitiva a una fase conflittuale in uno scontro salito di tono tra mondo autocratico e mondo democratico. La crisi strutturale tedesca che ha portato la ex locomotiva europea a entrare in recessione è la controprova tangibile del ribaltamento della situazione di cui tutti devono velocemente acquisire piena consapevolezza. Prendemmo a marzo in una sede istituzionale, qual è la Sala dei Baroni del Maschio Angioino, l’impegno di scrivere la Carta di Napoli come inizio costituente di un cammino nuovo e, grazie al lavoro intenso di analisi e di elaborazione dell’advisory board presieduto da Patrizio Bianchi, abbiamo onorato ieri l’impegno a Roma nella sala Spadolini alla presenza del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e del sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. Che voglio entrambi qui ringraziare pubblicamente per l’attenzione mostrata nei confronti del nostro lavoro e, ancora di più, per quello che fanno ogni giorno nei loro rispettivi ruoli per restituire al Mediterraneo la sua capitale e all’Italia il secondo motore della sua crescita che resta da due anni e mezzo consecutivi a livelli da record in un quadro globale complicato.

Voglio rivendicare con orgoglio di esserci tirati dietro un gruppo di lavoro che ha agito sempre in termini positivi, mai reattivi. Con un punto di forza chiarissimo nella testa di ognuno di noi: basta dire siamo marginali, dovete proteggerci. No, il senso della Carta di Napoli è l’esatto opposto: noi siamo attivi e ci collochiamo al centro della grande trasformazione del Mediterraneo. Siamo partiti dalla fotografia di una realtà che non si vuole vedere con lo scopo dichiarato di lavorare per migliorarla ancora alimentando la nuova narrazione del Sud non con idee o dibattiti, ma con proposte chiare e misurabili inserite finalmente dentro una programmazione di medio-lungo periodo e capaci di fornirne contributi puntuali per la redazione della nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) e, a seguire, di volta in volta, anticipando il Def.

L’idea guida dello sviluppo alla pari del Piano Mattei del governo Meloni nei rapporti con il Nord Africa è un riferimento strategico della nostra Carta come lo è l’investimento nel capitale umano per costruire la classe dirigente del nuovo Mediterraneo che Prodi predica inascoltato da oltre venti anni. Abbiamo cercato di fare un lavoro a suo modo doppio. Abbiamo individuato quattro aree tematiche: 1) programmare e pianificare nel medio e lungo periodo; 2) Una piattaforma energetica e logistica; 3) Il capitale umano leva strategica dello sviluppo; 4) Ridimensionare le differenze tra le diverse aree della Unione Europea. Abbiamo redatto quattro schede tecniche su energia, portualità, infrastrutture, economia del mare dense di proposte operative assumendoci in alcuni casi la responsabilità di segnalarne peso e priorità.

Rivendichiamo tutto questo lavoro come il segno concreto dello sforzo di sintesi di un Progetto Paese coerente. Che sa quanto vale la nostra manifattura come il desiderio di Italia e di Napoli che ha oggi il mondo. Noi abbiamo fatto il nostro e riteniamo che ci siano in questo Paese le competenze tecniche e la volontà politica per vincere la grande sfida strategica dello sviluppo nel nuovo mondo capovolto. Lo spirito, nel nostro piccolo, è quello di fornire attraverso la Carta di Napoli elementi propositivi per dare all’Italia il ruolo di costruttore dell’economia di pace che coinvolge l’Europa e i Paesi del Mediterraneo allargato. Fu l’Italia a metà degli anni Ottanta con un documento prodotto dalla segreteria tecnica del Piano generale dei trasporti ad alimentare il Master plan della Unione Europea che fu la base della Carta di Atene che consentì l’identificazione e l’avvio dei primi Corridoi comunitari. Sarebbe bello che alcune direttrici della Carta di Napoli diventassero oggi il lievito di quel Progetto Paese che sta ispirando e segnando il lavoro del ministro Fitto che ha proprio in una visione di medio-lungo termine e nel Piano Mattei per le nuove fonti energetiche due dei suoi principali tratti strategici.

Un lavoro che questo giornale sostiene in assoluta trasparenza perché segna il punto più alto di rottura con la stasi più che ventennale di investimenti di questo Paese e la miopia di avere aggravato le distanze di contesto tra un territorio e l’altro. Siamo sulla buona strada e la conferma più evidente è nel nervosismo crescente di chi contesta l’operazione di verità condotta e le scelte conseguenti in termini di visione e di governance.


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