Sostenitori di Forza Italia
4 minuti per la letturaIl problema non è il futuro del partito ma del suo elettorato. Che non ha il problema che i suoi leader si spezzettano perché esprimeva un voto collettivo coagulato intorno a un grande maestro di opinione pubblica come Berlusconi. È difficile tenere insieme quell’elettorato se un numero crescente di elettori si rifugia nell’astensione che non è più vissuta come un peccato dopo che chi voleva traslocare alla Lega e sotto Fratelli d’Italia lo ha già fatto. Per cui bisogna ripartire dal territorio sotto la guida di chi ha il gradimento della famiglia e un rapporto con la Meloni che si nutra di fiducia reciproca. Appunto come fu tra Pompidou e De Gaulle.
Il dibattito sulla riforma della giustizia è passato sotto silenzio perché tutto è rimasto concentrato sulla figura di Berlusconi, su ciò che ha rappresentato in vita, su ciò che accadrà dopo. Quello della giustizia è invece un tema fondamentale sul quale questa maggioranza di governo si gioca tantissimo. Perché se fanno una buona riforma hanno un successo travolgente per la semplice ragione che fuori dal circo mediatico famiglie e imprese avvertono il problema della giustizia come primario nella lesione della dignità delle persone e nella capacità delle imprese di creare reddito e occupazione e dell’Italia intera di attrarre capitali dal mondo.
Se, però, dentro la maggioranza prevalgono pulsioni punitive finiscono essi stessi travolti perché ogni riforma seria toglie poteri a qualcuno che si ribella ma se si forniscono alibi a chi si ribella allora le cose si complicano e si arriva al solito rumorosissimo non risultato. C’è, poi, un altro tema del dibattito politico che viene sottovalutato e riguarda non il futuro di Forza Italia, ma del suo elettorato. Che nonostante il forte dimagrimento resta apprezzabile, ma ha bisogno di rimanere insieme. Non ha il problema che i suoi leader si spezzettano perché la loro scelta esprime un voto collettivo di opinione pubblica coagulato intorno a un grande maestro di opinione pubblica come Berlusconi.
È difficile tenere insieme quell’elettorato soprattutto nel momento in cui un numero crescente di elettori si rifugia tranquillamente nell’astensione che non è più vissuta come un peccato. In più bisogna tenere conto che se un partito del 20% si riduce al 7/8% il problema fondamentale non è chiedersi chi andrà con Fratelli d’Italia e chi con la Lega perché chi voleva fare questa scelta nell’urna è già stato conseguente. Dubito che tra i sopravvissuti elettori di Forza Italia ci siano altri che possano ancora compiere questa scelta. Una prima parte rimarrà dove è, una seconda parte si rifugerà nell’astensione e, infine, una terza parte si chiederà se sbarcare o meno nel terzo polo che, però, neppure esiste. Anzi si è addirittura triplicato perché ora, oltre a Calenda e Renzi, c’è anche la Moratti.
Per questo ci siamo permessi di consigliare di unire subito le forze moderate del centro destra sotto la guida di Tajani come figura di eccellenza politica e di forte ancoraggio europeo. Perché come Conte non ha potuto sostituire Grillo, non esiste in vita un altro Silvio. Per la stessa ragione ci permettiamo altresì di segnalare l’urgenza di dotarsi di una struttura molto forte sul territorio che deve avere il suo Pompidou che è una persona che è contemporaneamente un grande manager, un uomo che capisce di finanza e un grande organizzatore.
Proprio come Pompidou fu per De Gaulle e, cioè, una figura che non svolgeva funzioni di leccapiedi ma di servitore fedele e che, soprattutto, prima di tutto ciò aveva la qualità di sapere come fare a organizzare il partito come contenitore di forze del territorio. Chi dovrà guidare questo processo ha bisogno del gradimento della famiglia e di un rapporto con la Meloni che si nutra di fiducia reciproca come è quello di oggi tra Tajani e la premier. Appunto come fu tra Pompidou e De Gaulle. Altrimenti tutta la nuova costruzione italiana di oggi viene giù.
Parliamoci chiaro. Forza Italia sopravviverà se troverà il suo Pompidou italiano che faccia dentro il suo partito e per conto della Meloni quello che lui fece all’epoca per De Gaulle con le stesse caratteristiche. Non è detto che l’insieme dei requisiti tra capacità manageriali-finanziarie e politiche debba essere uguale. L’importante è avere questa figura che guidi la struttura territoriale e, dove manca, la crei con lo stesso risultato finale. Dentro il partito ai nostri occhi non c’è nessuno che possa fare ombra a Tajani e sarebbe bene sostenere questa scelta e il consolidamento collettivo di tutti i requisiti necessari per conseguire il risultato prezioso che all’epoca Pompidou garantì. Non c’è altro modo per pensare agli elettori che sono l’unico patrimonio di un partito. Le scorciatoie dei capi di qui o di là possono anche valere per qualcuno di loro ma non spostano voti.
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