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L’attivismo della Meloni sul Mediterraneo con la doppia missione in Tunisia, prima da sola e oggi con Von der Leyen e il premier olandese, si muove sull’asse strategico Sud-Nord che ha bisogno di quote crescenti di democrazia come lei stessa rivendica per Ungheria e Polonia nell’Est. Sarebbe interesse della Meloni dare atto oggi pubblicamente che fu Prodi il primo a lanciare la sfida del capitale umano nel Mediterraneo e che quando tutti gli dicevano di non allargare a Est l’Europa sempre lui ebbe da Presidente della Commissione l’intelligenza di sostenere che era una frontiera dalla quale non potevamo sfuggire. La qualità del dibattito democratico di questo Paese ne guadagnerebbe molto.

Consigli non richiesti a Giorgia Meloni che ha tutti i numeri per dimostrare sul campo che, se uno vuole, il premierato in Italia esiste già e costringere così molti a rinunciare all’idea di buttarla giù e molti altri ancora a quella di condizionarla. Consigli non richiesti per fare in modo che la democrazia europea della Destra italiana con il premierato della Meloni segni l’inizio di un nuovo conservatorismo.

Certo, non si potrà impedire che gli oppositori legittimi e i guastatori di festa della sua maggioranza ci provino, anzi lo faranno di sicuro anche perché per nostra fortuna questo è il sale della democrazia, ma le loro armi diventerebbero spuntate e ciò che desiderano non accadrà. Si restituirebbe peraltro all’Italia, per questa via, un valore effettivo di lungo termine di stabilità che già i mercati dimostrano di apprezzare e che in futuro può valere ancora di più.

Anche perché l’attivismo responsabile in politica estera della Meloni sul Mediterraneo e nei rapporti con i Paesi autocratici, la doppia missione in Tunisia in pochi giorni prima da sola e oggi con la presidente della Commissione europea e del premier olandese, stanno segnando un suo lavoro rilevante nella prospettiva dell’evoluzione dell’Europa sul nuovo asse strategico Sud- Nord che ha bisogno di quote crescenti di democrazia. Un percorso complicato che, in questo caso, si attua legando gli aiuti al Capo di stato della Tunisia, Kais Saied, al blocco del processo di deriva dittatoriale con la sua sottoscrizione di impegni riformistici e facendolo con le istituzioni europee e il Fondo monetario internazionale di modo che il processo sia effettivo, non velleitario.

Si ricordino tutti la sostanza del ragionamento geopolitico di Draghi che ha detto dal Mit di Boston che bisogna fare assolutamente crescere i valori di libertà e di indipendenza, di cui l’Occidente custodisce la bandiera, nell’Est europeo e fino all’Ucraina. Perché la rivincita della storia si è consumata e nel silenzio generale la geopolitica globale si è trasformata da competizione in conflitto. Vuol dire che la pandemia globale di origine cinese e i carri armati russi di Putin in Ucraina, che hanno spezzato per sempre i fili dell’asse Est-Ovest, sono la conseguenza non la causa di questo mutato scenario di geopolitica globale. Bisogna tenere conto di tutto ciò in modo unitario rinunciando a prendersi del ragionamento solo quello che ci fa comodo.

Proprio perché la Meloni dimostra di perseguire con convinzione questo itinerario corretto di politica estera sul Mediterraneo, in Ucraina e nei Paesi di confine dell’Est europeo, avrebbe a nostro avviso tutto l’interesse di dare pubblicamente atto a Prodi che fu colui che si batté inascoltato perché l’Europa investisse sul Mediterraneo a partire dal capitale umano sulle due sponde del Mare nostrum e che, quando tutti gli dicevano di non allargare a Est l’Europa, sempre lui ebbe da Presidente della Commissione europea l’intelligenza di sostenere che quella era una frontiera dalla quale non potevamo sfuggire.

In questo senso la forza delle parole di Giorgia Meloni, al forum in Masseria a Manduria intervistata da Bruno Vespa, con cui ha detto chiaro e tondo che Polonia e Ungheria vanno aiutate in un processo di crescita della democrazia rappresentano uno spartiacque di assoluto valore per la sua storia politica personale, per l’evoluzione dell’Europa, e il futuro del suo premierato. Sarebbe a nostro avviso importante per la qualità del dibattito pubblico italiano, ridotto a un bla bla inconsistente su questa o quella parola della Schlein, che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, riconoscesse a Prodi la forza della sua azione di governo dell’Europa e le conseguenti decisioni legate a quelle riflessioni anticipatrici rivelatesi negli anni sempre più giuste.

D’altro canto quello che sarebbe giusto e necessario per creare le condizioni in Italia di un dibattito costruttivo è proprio che la nuova Destra riconosca oggi a Prodi che in una fase difficile ha inventato un bipolarismo ragionevole non fondato solo sul Berlusconi brutto e cattivo, ma su una competizione a risolvere i nodi dell’Italia e su posizioni europee e italiane che potevano essere criticate ma erano sempre politiche. Si trattasse di sistemare le partecipazioni statali e un po’ la Rai in casa, tentativo peraltro questo non riuscito, o a livello europeo come Presidente della Commissione di tenere testa a uomini del calibro di Chirac per difendere l’interesse di un Paese, l’Italia, che non aveva il mito di essere quello che faceva e disfaceva il mondo, ma sapeva quanto valeva e dove stare nelle sue alleanze e nei progetti a medio termine.

Guardando Prodi a quella sfida del capitale umano nel Mediterraneo prima degli altri, che è peraltro oggi la base culturale dell’impegno di questo giornale con la Carta di Napoli e il Festival Euromediterraneo dell’economia. Guardando sempre prima degli altri alla crucialità strategica della frontiera dell’Est. Se Giorgia Meloni così bene impegnata in tale fase su questi terreni decisivi glielo riconoscesse pubblicamente, la qualità della democrazia di questo Paese ne guadagnerebbe molto. Perché aiuterebbe a liberare destra e sinistra dal peso delle ideologie che poi diventano slogan e nascondono i problemi veri. Questo, ormai lo sapete, è il maleficio italiano da rompere. Prima lo si fa, meglio è per tutti.


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