Palmiro Togliatti
6 minuti per la letturaÈ quello del Pci degli anni ’50/’60 che davanti al boom del Paese dice che non si tratta di miracolo economico, ma di una bolla speculativa neocapitalistica che avrebbe lasciato la gente più povera di prima. Oggi Landini e Schlein se ignorano la realtà e non negoziano, fanno esplodere la rabbia sociale e sbattono loro e gli altri contro il muro. Così come Giorgia Meloni non si dimentichi che un tot di euro in più in busta paga dà qualche voto, ma la sua sfida è costruire un partito conservatore e ricordarsi che la storia della Tatcher insegna che questo succede quando il conservatorismo diventa popolare perché sconfigge i privilegi. A partire dall’inflazione da profitti sussidiati. I nuvoloni globali di tassi, crisi cinese e debito pubblico americano non permettono giochetti
La cosa fondamentale nel breve termine rimane il problema di come tradurre in pratica il decreto lavoro. Bisogna capire se e in che termini sono disposti a un minimo di negoziato su cuneo fiscale e reddito di cittadinanza il governo, da una parte, e la Cgil di Landini e il Pd di Elly Schlein, dall’altra. Bisogna capire se dominano le ragioni elettorali per le europee della Lega o della stessa Meloni che si traducono nella corsa a mettere qualcosa in più nelle tasche degli italiani o, nel caso dell’anima padana ritrovata degli eredi di Bossi, andare oltre il giusto nel taglio del reddito di inclusione.
Forse, però, tutto o quasi dipenderà dal tasso di consapevolezza che il primo dei sindacati italiani e la nuova guida del partito democratico dimostreranno nella gestione di un passaggio cruciale per non disperdere il patrimonio della più sostenuta crescita europea che è quella italiana da tre anni in qua. Strada obbligata, questa, per ridurre le diseguaglianze territoriali, generazionali e di genere, e rispondere quindi ai bisogni delle persone e, specificamente, delle fasce più deboli della popolazione che dovrebbero essere il loro naturale campo elettorale di riferimento. Non è neutro capire se a sostegno di chi non ha nulla vanno solo 500 euro o se in altri modi si riesce ad arrivare a 1200 euro. Non è neutro capire a quanto ammonta davvero il sostegno agli affitti per chi non ha redditi.
Non è neutro, proseguiamo, rendersi conto che il discorso della formazione varia a seconda dei mestieri per cui in tre mesi puoi preparare un addetto alla ristorazione, ma ben altro tempo serve per costruire fresatori e esperti informatici. Non è neutro capire se il ritorno alla flessibilità nei contratti risponde ad esigenze reali, assumo tizia o caio, per un congresso di tre giorni, o se viene invece consentito di applicarlo a lavoratori stagionali di sei sette mesi l’anno per l’agricoltura a partire dalla raccolta dei pomodori. Non è neutro, in questo caso, capire che tipi di controllo si mettono in campo.
Non ha senso, per capirci, criminalizzare il voucher anche perché quasi sempre l’alternativa è lo sfruttamento brutale, in alcuni casi addirittura criminale, ma collocare ogni tipo di intervento dentro un quadro complessivo il più condiviso possibile è il solo modo serio che si ha per permettere all’economia italiana di sviluppare al meglio e con equità il suo potenziale di resilienza e di capacità competitiva dentro un sistema Paese finalmente maturo e responsabile. Fuori dalle logiche lobbistiche e dai piccoli e grandi interessi di bottega.
Il punto strategico è proprio questo. C’è o meno consapevolezza reale nel Paese che da tre anni siamo passati da fanalino di coda a locomotiva d’Europa? No, assolutamente no. A giudicare dal masochismo assoluto dei nostri centri studi che continuano a fare i profeti di sventura e da un comportamento poco virtuoso, soprattuto nel mondo commerciale, che continua a alimentare inflazione, che è la più iniqua delle tasse, grazie ai profitti sussidiati dagli aiuti pubblici e accresciuti dalla confusione che permette a troppe mani morte di approfittarne.
Qualche primo segnale di serietà comincia a trapelare dall’industria che inizia finalmente a ridurre i prezzi alla produzione dopo la caduta della bolla energetica in un contesto inflattivo che permane però alto, anzi addirittura in rialzo anche se di pochissimo. Questo spirito di consapevolezza del momento importante della nostra economia è indispensabile che lo abbiano governo, opposizioni e parti sociali sia sulla questione inflativa che su quella salariale. Questo è il punto decisivo del futuro del Paese oggi.
Sull’inflazione da profitti senza questa consapevolezza si a va a sbattere velocemente perché i tassi inevitabilmente aumenteranno e si mangeranno resilienza e vitalità dell’economia italiana. Sulla questione del lavoro il modo migliore per dimostrare di non avere capito niente è, da un lato, perseguire solo il consenso elettorale per le europeo tipo 80 euro di Renzi, questo potrebbe essere l’errore capitale di Meloni e Salvini, e dall’altro prendere la strada che stanno imboccando speditamente Landini e Schlein cominciando a dire che sono quattro soldi, che fa tutto schifo, perché così aumenta ingiustificatamente la rabbia sociale e l’intero Paese con loro va a sbattere proprio mentre è un modello di economia per l’intera Europa.
Anche sul piano elettorale per il Pd questa scelta è di corto respiro perché consente, forse, di rosicchiare qualcosa ai grillini, ma nell’urna sarà la destra a lucrare esattamente come fu allora per Renzi. Bisogna che Landini e la Schlein, se hanno almeno un poco a cuore il futuro del Paese, non ripetano l’errore del Pci di Togliatti degli anni Cinquanta e Sessanta quando davanti al boom di un Paese che era ripartito alla grande continuò a ripetere che non si trattava di miracolo economico, come era, ma di una bolla speculativa neocapitalistica che avrebbe poi lasciato la gente più povera di prima.
Al famoso convegno dell’Istituto Gramsci non mancarono voci autorevoli di dissenso come quella di Bruno Trentin che citò i nuovi grandi economisti, ma vinse l’ortodossia ufficiale comunista che sosteneva che il capitalismo non può che essere capitalismo di rapina e, quindi, il miracolo economico non poteva che essere finto. Oggi Landini e Schlein, ignorando la realtà, potrebbero commettere lo stesso identico errore. Così come Giorgia Meloni non si deve mai dimenticare che 50/100 euro in più in busta paga danno di certo qualche voto in più, ma poi non si regge, di strada se ne fa poca.
La sfida di oggi della Meloni è costruire davvero il grande partito conservatore e ricordarsi che la storia insegna che vince solo quando è popolare. Come fu per la stessa Thatcher all’inizio ci sono gli scontri, ma poi il conservatorismo diventa popolare perché sconfigge i privilegi. Fa, cioè, l’esatto contrario di quello che ha fatto la sinistra che una volta arrivata al governo, con le eccezioni delle stagioni di Ciampi e Prodi, quei privilegi li ha sempre difesi. Spesso, anche rafforzati. Sprecare oggi il miracolo economico italiano, già minacciato dai nuvoloni globali dei tassi, della persistente crisi cinese e del debito pubblico americano, è un gioco troppo pericoloso. Qualsivoglia sia la parte ideologica che si intende privilegiare.
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