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Invece delle convergenze parallele di una volta abbiamo ora i Paesi paralleli. Un Paese pubblico sbagliato e un Paese privato che va bene. In mezzo ci sono i balneari e chi gestisce il trasporto locale che sono privati che succhiano dalla rendita politica che il pubblico loro concede. Senza gara e a vita. Siamo alla terra di mezzo del finto privato. Che è la stessa dei ministeri che spacciano studi di fattibilità per progetti esecutivi e che il ministro Fitto ha giustamente commissariato di fatto con regia unica e pieni poteri a Palazzo Chigi che sono la nuova governance del Pnrr. La stessa terra dei Sangalli e dei centri studi delle imprese che nascondono il boom italiano dei consumi e dell’economia

Siamo di fronte a un Paese double face. Un Paese pubblico sbagliato e un Paese privato che va bene. È lo stesso Paese, ma è come se dietro ci fossero due Paesi diversi. Quelli che vanno a lavorare nel settore pubblico non vanno avanti. Perché c’è un sistema di normative e di interessi politico-clientelari che li bloccano. Quelli che vanno a lavorare nel settore privato vanno avanti, fanno carriera, guadagnano. Le imprese fanno investimenti, i cittadini consumano. Addirittura anche nell’unico trimestre, il quarto dell’anno scorso rispetto al terzo, in cui il Pil è sceso dello 0,1% c’è un aumento congiunturale delle vendite finali dell’1% e addirittura del 3,6% anno su anno.

Come l’impiego pubblico si deve guardare dal nucleo normativo e lottizzatorio politico che lo butta giù bloccando lo sviluppo, quello privato si deve guardare dal gufismo dei suoi presidenti di associazione di categoria alla Sangalli (commercio) o dai centri studi gufisti delle stesse associazioni delle imprese che vedono sempre nero perché devono piatire qualcosa e intanto fanno molto male alle loro imprese e all’economia del loro Paese. Così come bisogna stare molto attenti quando il privato tende a sostituirsi totalmente al pubblico in settori delicati come la sanità.

Potremmo dire, tuttavia, che invece delle convergenze parallele di una volta abbiamo ora i Paesi paralleli. In mezzo ci sono i balneari e chi gestisce il trasporto locale che non sono nient’altro che privati che succhiano denaro dal pubblico grazie alla rendita politica che il pubblico loro concede. Senza gara con trattative private a vita. Siamo alla terra di mezzo del finto privato.

Che è la stessa dei ministeri che spacciano gli studi di fattibilità per progetti esecutivi e che ha fatto benissimo il ministro Fitto di fatto a commissariarli con la nuova governance del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) con una regia unica e pieni poteri a Palazzo Chigi. L’Italia deve uscire in fretta dalla morsa dei due Stati paralleli perché ne paralizzano la funzionalità. Si sbaglierebbe di molto a considerare il problema dei balneari come una questione tecnica dato che non incide direttamente sull’erogazione della rata del Pnrr.

Perché la figura che l’Italia fa a livello internazionale di essere schiava della più microscopica delle corporazioni, perché i balneari non sono i produttori di energia o dell’auto, è tale da farci ridere dietro da tutta l’Europa. Se i partiti per raccogliere quattro voti prendono ordini da qualsivoglia corporazione non solo fanno il loro male perché le sentenze della Corte di giustizia europea e del Consiglio di Stato tolgono quella giusta flessibilità che il governo Draghi aveva già accordato, ma rendono evidente a tutti che mentre in Francia si va cautamente a trattare con mezzo Paese contro qui bastano dieci gatti per bloccare tutto.

Avrebbero fatto bene a seguire i consigli di Fitto prima di finire nel cortocircuito delle sentenze e delle eventuali sanzioni. Se questi pezzi di partiti della maggioranza, a partire dai leghisti, proprio non ce la fanno, invece di raccontare favole, prendessero almeno esempio da Togliatti. Da quante volte ha detto che bisognava fare la rivoluzione, ma non la ha mai fatta perché non c’erano mai le condizioni, perché era stato detto in astratto, e così via.

Quando una cosa detta non si poteva mantenere, Togliatti ha sempre lasciato perdere. Il centrodestra impari velocemente a fare altrettanto. D’altro canto la stessa Lega aveva promesso mille volte la secessione, ma ora nemmeno ne parla più e va avanti lo stesso. Se si vuole governare e cambiare il Paese, il realismo non può essere il pranzo di un giorno.


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