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Giorgia Meloni

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Se vuole porsi alla testa di un’alleanza tra conservatori e popolari Giorgia Meloni deve dimostrare la tempra della nuova Thatcher presentandosi in un’Europa dalle leadership politiche dimezzate con la forza di una maggioranza stabile che compie scelte riformiste, incentiva la crescita e mantiene i conti in ordine. Ora o mai più potrà esprimere la forza di un partito conservatore affidabile che non si sottrae alle sfide impopolari. Che ristruttura la spesa pubblica, taglia gli sconti fiscali e le regalie all’edilizia, non gioca sulle pensioni, fa le riforme dei balneari e della concorrenza e non rinuncia alla frusta dei controlli e delle sanzioni contro i furbetti del carrello della spesa e i profitti sussidiati delle imprese. Il bivio è tra essere l’ultima meteora osannata della mai nata Terza Repubblica o avviare davvero una cosa strutturale che crea nuovi equilibri in Italia e in Europa.

Per fare la manovra di autunno servono 23/25 miliardi e il documento di economia e finanza (Def) all’esame del Parlamento in questa settimana ci dice che il governo ne ha a disposizione 4,5. Per il cuneo fiscale parliamo di 3 miliardi su sette mesi che sono 5 su base annua. Ai 3 del 2022 e i 5 sul 2023 si aggiungono altri 3,4 sempre sul 2023 e, quindi, per replicare tutto sul 2024 servono almeno altri 10 miliardi. Poi ci sono 3 miliardi di spese indifferibili e altrettanti per evitare la caduta in valore assoluto dei finanziamenti alla sanità. Almeno un miliardo serve per replicare l’una tantum per gli statali, non per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e altri 4 miliardi sono necessari per la riduzione a tre delle aliquote Irpef promessa esplicitamente.

Restano altri impegni da onorare come l’assegno unico da aumentare a partire dal 2024 e altre misure per combattere la denatalità che comportano prudenzialmente oneri per altri 2 miliardi. Tutto questo lasciando fuori capitoli da monitorare come l’energia e quello previdenziale su cui torneremo meglio dopo. Il punto strategico da acquisire è che non si può fare deficit aggiuntivo in autunno perché si alza il rapporto deficit/Pil e si entra in zona rossa.

Quella da cui il duo Meloni e Giorgetti ha tenuto saggiamente fuori l’Italia fino a oggi. Soprattutto adesso che ci sono il passaggio in Parlamento per esame e voto sul Def e nel fine settimana i primi giudizi delle agenzie di rating internazionali sull’operato esclusivo del governo Meloni.

Occorre, dunque, fare scelte vere di politica economica come questo governo ha già dimostrato di sapere fare sulla indicizzazione delle pensioni e sull’abolizione dello sconto sulle accise prendendo decisioni impopolari che solo un governo politico all’inizio della legislatura può compiere. Sapendo bene che, a differenza di quello che pronosticano l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) e i gufi previsionali di casa nostra, l’economia italiana mostra attrattività dal mondo e vitalità e flessibilità sui mercati extra europei superiori a quelle delle grandi economie europee tedesca e francese e agli stessi numeri indicati prudenzialmente nel Def.

Con la nuova manovra d’autunno il governo Meloni deve cogliere questa occasione obbligata per fare una ristrutturazione della spesa pubblica perché esprime una stabilità politica importante ed è ancora all’inizio della legislatura e perché sta giocando una partita fondamentale in Europa dove la credibilità diventa tutto. Come si è dimostrato di sapere intervenire sulle indicizzazioni delle pensioni risparmiando dieci miliardi in tre anni, ora bisogna compiere scelte ancora più pesanti in tempi ancora più ristretti. Bisogna misurarsi con temi veri anche se impopolari per prendere decisioni serie contando sulla resilienza dell’economia italiana e garantendo ad essa quella fiducia che gufi e opposizioni non all’altezza fanno di tutto per comprimere.

Gli sconti fiscali sono davvero tutti necessari? Si può entrare dentro la giungla dei favori e assumersi la responsabilità politica di eliminare ciò che aiuta chi non deve essere aiutato? Sugli sconti per l’edilizia si può ribadire l’incentivo all’efficientamento energetico, ma eliminare sprechi e regalie che paghiamo tutti e tolgono il futuro ai nostri figli?

Sulle pensioni si può evitare sul nascere ogni nuova telenovela anche solo chiacchierologica su quota 41 o quel che è se la Francia che ha 30 punti di debito pubblico meno di noi e spende per le sue pensioni il 13,6% del Pil non molla ancorché messa a ferro e fuoco, mentre noi spendiamo per le nostre pensioni il 15,6% del Pil e abbiamo il record mondiale della spesa previdenziale? Il punto politico che accompagna tutte queste scelte riguarda un interrogativo di fondo: la destra farà questa manovra sei mesi prima delle elezioni europee che vuole vincere per conquistare la leadership politica in Europa cambiando le sorti del suo equilibrio politico?

Se vuole porsi alla testa di un’alleanza tra conservatori e popolari deve dimostrare in questo passaggio della manovra d’autunno la tempra della nuova Thatcher facendo scelte coraggiose che puntano al dividendo politico dello sviluppo del Paese e a quello elettorale di fine legislatura presentandosi in un’Europa dalle leadership politiche dimezzate con la forza di una maggioranza stabile che compie scelte riformiste strutturali, incentiva la crescita e mantiene i conti in ordine. Questo è il punto. Ora o mai più.

A giorni arriva la lettera dell’Europa che ci dà due mesi di tempo per fare la riforma dei balneari e la legge della concorrenza per il 2022 che è un altro obiettivo del Pnrr ancora mancato, questi sono i mesi se non i giorni in cui la leadership di Giorgia Meloni e il suo governo devono dimostrare di essere quella nuova coalizione di destra centro che esprimeun partito conservatore riconosciuto e affidabile che non si sottrae alle sfide più impopolari. Che non rinuncia alla frusta dei controlli e delle sanzioni per mettere in riga i furbetti del carrello della spesa e porre fine alla vergogna dei costi di inflazione da profitto che le imprese hanno costruito prima con gli aiuti pubblici e poi tenendo alti i prezzi finali nonostante la caduta di quelli energetici.

Se ciò non avverrà saremo davanti alla solita grande occasione perduta della politica italiana e anche questa esperienza di governo sarà la solita meteora che passa per il cielo politico italiano senza lasciare traccia di sé. Il bivio è tra essere l’ultima meteora osannata come tutte quelle che la hanno preceduta nella mai nata Terza Repubblica o avviare davvero una cosa strutturale che crea nuovi equilibri in Italia e in Europa. Questa, non altre, è la sfida. Come italiani dobbiamo augurarci che la vinca con un’opposizione forte finalmente organizzata che prepara l’alternativa in un Paese che non ricomincia più sempre tutto daccapo. Almeno noi così la pensiamo.


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