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La premier italiana ha il coraggio di non sottrarsi al rischio di questo gioco. Fa lo stesso percorso di Bucha, Irpin, Kiev che fecero Draghi, Scholz e Macron e colloca l’Italia dove deve stare. Con l’Ucraina fino alla fine. A combattere per la sua libertà. Che è quella di tutti. Questo è il posto giusto in un conflitto mondiale di civiltà tra mondo autocratico e Occidente. I putinismi più o meno mascherati italiani si vergognino di esistere e la smettano di ripetere un racconto che è fuori dal mondo reale e produce danni reali. È davvero il leader conservatore europeo che si porta dietro i Paesi dell’Est o questi Paesi sceglieranno gli americani o i soliti tedeschi? Tutte le situazioni sono in divenire e non si può giudicare e prevedere a priori alcunché. Riguardano l’Italia come l’Europa, la Cina come l’America.
Tutti giocano con l’ignoto. Lo fanno gli americani a modo loro che è quello di ignorare l’Europa come hanno sempre fatto. Biden va a Kiev e a Varsavia, ma non va a Bruxelles. Lo fanno gli europei anche loro con il solito copione e, cioè, uniti e disuniti allo stesso tempo. L’esibizionismo di Macron, gli ondeggiamenti di Scholz, orfani entrambi della guida politica europea di Draghi, ma anche tutti i capi di governo schierati con Zelensky più o meno in coda dietro von der Leyen e Michel coperti alla spalle da un muro di cemento armato che è la cortina di ferro “liberata” dei Paesi dell’Est e del Nord Europa.
Lo fa la Cina del nuovo Mao a vita che ha un articolato piano per la pace che nessuno conosce, manda i suoi emissari in esplorazione nelle capitali europee, ma non ha ancora deciso come e fino a quando sostenere con armi e tecnologia l’alleato russo che si propone di annettere. Per tutti questi signori che hanno in mano i destini della terra più o meno titolati, più o meno sodali tra di loro, Vladimir Putin è l’ignoto e fa paura. Per quello di terribile che ha fatto e per quello di ancora più terribile che potrebbe fare.
Per quello che dice da dittatore decaduto in un delirio pericolosissimo contro l’Occidente infarcito di ogni possibile bugia. Per quello di imperdonabile di cui si è macchiato con il genocidio ucraino che determinerà di certo un nuovo ordine mondiale, ma prima dovrà vedere sancito per sempre e per tutti il principio fondante delle democrazie che nessuno può violare gli equilibri nazionali di uno Stato sovrano.
Giorgia Meloni ha il coraggio di non sottrarsi al rischio di questo gioco. Fa lo stesso percorso di Bucha, Irpin, Kiev che fecero Draghi, Scholz e Macron e colloca l’Italia dove deve stare. Con l’Ucraina fino alla fine. A combattere per la sua libertà. Che è quella di tutti. Questo è il posto giusto in un conflitto mondiale di civiltà tra mondo autocratico e Occidente e questo posto occupa nobilmente l’Italia. I putinismi più o meno mascherati italiani si vergognino di esistere e la smettano di ripetere un racconto che è fuori dal mondo reale e produce danni reali. La presidente del Consiglio italiana fa quello che deve fare come hanno fatto, ognuno a modo loro, i capi dei governi dei grandi Paese europei. Ha toccato le corde di una comunità “europea” aggredita come l’Ucraina che va difesa perché a nessuno può essere consentito di ridisegnare con la forza i confini di uno Stato.
Ha fatto un riferimento al miracolo economico italiano del Dopoguerra che è quello che ha trasformato un Paese agricolo di secondo livello come l’Italia prima in un’economia industrializzata poi in una potenza economica mondiale. Ha auspicato per l’Ucraina un destino analogo mettendo il nostro Paese in prima fila in tutti i tipi di sostegni possibili oggi, non domani, che vuol dire sostegni militari e industriali facendo coincidere i giorni della guerra con quelli della ricostruzione.
Ha davvero da giocare carte in più rispetto agli altri Giorgia Meloni? È davvero il leader conservatore europeo che può portarsi dietro i Paesi dell’Est o questi stessi Paesi sceglieranno gli americani o continueranno a scegliere i tedeschi? Saprà fare tutto ciò mantenendo l’Italia dove deve stare nella triade di testa dei Paesi Fondatori con Francia e Germania portando in dote anche il peso politico della alleanza tra conservatori e popolari?Osi ritroverà più debole in mezzo al guado pagando il prezzo di una strutturale debolezza storica della posizione debitoria italiana che tutti vorranno farci pagare ancora di più oggi perché non va giù a nessuno la strabiliante performance della nostra economia? Tutte le situazioni sono in divenire e non si può giudicare e prevedere a priori alcunché. Anche l’Europa è tutta in divenire. Ci sono spinte reali perché diventi più compatta e spinte altrettanto reali perché ognuno giochi per conto suo. Siamo in bilico in mezzo al guado di un’Europa più unità politicamente che ha anche potuto sperimentare con il debito comune del Covid i migliori risultati conseguiti, ma che fa fatica nonostante ciò a proseguire sulla stessa strada perché ognuno dei Grandi e meno Grandi è prigioniero dei suoi dibattiti pubblici interni e non vuole mai davvero rinunciare al primato delle sue supremazie. È così difficile capire che per vincere devi stare insieme e devi concedere qualcosa agli altri? Potremmo dire che l’Europa deve battere un colpo forte e secco, ma è inutile battere colpi perché ora bisogna fare. Gli americani non hanno mai creduto nell’Unione europea e tutti i loro comportamenti purtroppo lo confermano. L’Unione europea deve ancora dimostrare di esistere davvero anche se esprime una linea di onda comune di sostegno all’Ucraina. Qualcosa di serio si è visto quando Draghi è riuscito a mettere Scholz e Macron sul treno per Kiev e l’intelligenza della Meloni è stata quella di seguire lo stesso itinerario politico che ha come tappa finale un’Europa che agisce in modo compatto. Il punto è che gli europei in questa partita contavano quasi nulla con Draghi e quel quasi nulla senza Draghi è ancora meno. Per la semplice ragione che manca ancora il vero coordinamento di un sistema a 27 ed è in questa grande miopia politica europea che si inserisce lo storico lavoro altrettanto miope degli americani che continuano a riconoscere leadership interne e a fare finta di trattare separatamente con ognuna di loro. Siamoancora a Kissinger che se alza il telefono non sa con chi parlare per capire che cosa fa l’Europa. In questo quadro così complicato dove, come sostiene amaramente Alberto Negri, nessuno sembra volere davvero la pace, la partita italiana della Meloni sul piano politico è quella del conservatorismo europeo che cambia registro e scommette su un’Europa a 27 che va dalla Polonia alla Francia e alla Germania perché se il treno si ferma a Varsavia è come se non fosse mai partito. Avendo anche l’onestà di riconoscere che, purtroppo, dall’altra parte non abbiamo più chissà chi. Perché non ci sono più i grandi socialisti francesi e nemmeno le grandi socialdemocrazie tedesche, i popolari contano meno e Obama non c’è più. Possono tramare tutti insieme in casa e in Europa contro la Meloni, ma in questo caso riusciranno perfettamente a tramare anche contro se stessi. Gli americani possono continuare a coltivare il rapporto con la Polonia e dimenticare Bruxelles, ma potrebbero anche svegliarsi una volta per tutte. Non è detto che non cambi qualcosa e che tutti, di qui e di là, si rendano conto che è interesse comune spingere per un’Europa forte. Tutto è in divenire e tutti giocano con l’ignoto.
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