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Giorgia Meloni e Volodomyr Zelensky

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Relativizza ogni dibattito di politica interna italiana perché oggi si decide dove staremo noi domani e sbagliare oggi si paga perché tutto il mondo sta decidendo. Ancora una volta Giorgia Meloni sulla questione Ucraina è nel solco della leadership politica europea di Draghi e rivela la caratteristica del vero politico che intuisce il tempo della scelta. Solo chi farà una politica estera all’altezza avrà voce in capitolo. Il Paese trovi una dialettica interna costruttiva tra chi lo governa e una forza di opposizione in grado di rappresentare l’altra faccia dell’interesse generale. La politica estera comanda il banco perché siamo davanti a una svolta. O chiariamo una volta per tutte che nessuno può mettere in gioco gli equilibri nazionali o salta tutto. Anche qui la storia ha molto da insegnarci e noi il dovere di ricordarcelo.

La questione Ucraina è l’evento che cambia la storia del mondo. In questi casi la politica estera rischia di appiattire ogni piccolo dibattito di politica nazionale. Di ciò non si rendono bene conto né tutti i partiti della maggioranza di governo né tutti quelli dell’opposizione. Perfino il superbonus, che incendia il dibattito interno tra mega truffe e posti di lavoro a rischio, vale niente con gli occhi di Kiev capitale del nuovo mondo. Addirittura fuori dalla realtà diventano le discussioni sui diritti che sono in sé fondamentali per la qualità delle democrazie.

La visita storica a sorpresa di Biden a Kiev piena di significati per il mondo intero e il viaggio in due tappe di Giorgia Meloni, ieri a Varsavia “confine morale dell’Occidente” oggi a Kiev perché “siamo stati e saremo a difesa dell’Ucraina”, ci dicono che lì, in quella terra, a un anno dall’invasione dei carri armati russi, c’è il centro del futuro. Conterà chi riesce ad essere presente lì, non chi riesce a fare la regia dei balneari o per i tassisti o per cose più o meno importanti ma tutte scese insieme di colpo di più di uno scalino e tutte essenzialmente di rilievo interno.

La situazione è diventata estremamente tesa al punto che la Cina stessa entra in campo proponendo un piano di pace. Il risultato di questa roba che rappresenta il nuovo crocevia della storia è che la politica estera anche in Italia assume una centralità che non ha mai avuto. A patto ovviamente che non si pensi di fare politica estera per conto proprio. La politica estera italiana va fatta tutta dentro l’Europa e comporta un ridisegno complessivo. Alle elezioni europee del 2024 non ci sarà più la solita conta proporzionalista italiana di chi è il più bello del reame perché in quel momento si giocherà un’altra partita che è quella della politica estera italiana. Non sappiano ancora bene come perché non sappiamo come andrà avanti la guerra, ma sappiamo sin da oggi che quello che conta sarà la qualità di questa politica estera, non quello che dicono i sondaggi del lunedì di LA7 o di questo o quel giornale.

La questione Ucraina cambia la storia del mondo e lo fa oggi perché è qualcosa di diverso da tutto ciò che il semplicismo mediatico annuncia come inizio di un nuovo mondo e è invece l’espressione di una delle tante rivoluzioni lunghe che portano, questo sì, a una evoluzione della storia del mondo. Prendiamo l’ambientalismo che cambierà di certo il nostro modo di lavorare e impone il controllo delle emissioni, ma ha un suo ciclo temporale fatto di tante scadenze di breve, medio e lunghissimo termine. La rivoluzione digitale sta cambiando tutti noi ma non lo fa in questa forma apocalittica, diciamo che lo fa con i suoi tempi.

Anche il cambiamento demografico che segnala territori dove c’è l’esplosione demografica e altri dove c’è l’invecchiamento che cambia la dislocazione delle capacità produttive e l’Italia che rischia nel suo domani di uscire dal novero dei grandi Paesi industrializzati, esprime una indubbia verità che ha, però, i suoi tempi per diventare realtà e permette, anzi impone, di organizzarsi. Tutti questi fenomeni sono le cosiddette rivoluzioni lunghe che come l’invenzione della ruota, della bussola, della vela, della plastica e così via consentono adattamento e ripensamenti continui.

Il problema della questione Ucraina è che cambia la storia del mondo oggi e che non si può più discernere tra ieri e domani. Potrà durare due anni, forse tre, forse molto molto meno, ma quello che è certo è che oggi si decide dove staremo noi domani e sbagliare oggi si paga oggi perché tutto il mondo sta decidendo su questa cosa. Ancora una volta Giorgia Meloni rivela la caratteristica del vero politico che intuisce il tempo. Che oggi si chiama Kairos. Vuol dire: l’opportunità del momento storico. O, se volete, il momento della decisione, della scelta, della rivelazione. Quando si è davanti all’evento che cambia la storia del mondo non si deve avere paura di peccare di retorica. Siamo davanti a un bivio.

Nello scenario più ottimista si riesce a fare una pace espressione di qualche compromesso possibile, si pongono le basi di un nuovo ordine mondiale e si apre il capitolo della ricostruzione dell’Ucraina che vuol dire molte cose per quella comunità e per il prodotto interno lordo europeo e italiano. Nello scenario più catastrofista non si riesce a fare la pace e allora le ricadute diventano ancora più pesanti ed è questo lo scenario rispetto al quale bisogna organizzarsi e operare con l’obiettivo di tenere insieme il Paese. Servono menti giovani non determinate dalle vecchie storie che sono espressione di vecchie prese di posizione e di vecchi schieramenti.

Il punto non è più chi è più o meno leader nel senso vecchio del termine alla Berlusconi che a suo tempo seppe fare politica estera, ma oggi che si ridisegna l’equilibrio mondiale il punto dirimente è quello di chi guida il governo italiano e garantisce al suo Paese una posizione consapevole della delicatezza della situazione e tale da consentire all’Italia di preservare autorevolezza e guadagnare credito per il futuro. Solo chi sarà capace di fare una politica estera all’altezza della delicatezza della situazione internazionale avrà voce in capitolo.

Di fronte a un evento che cambia la storia del mondo un Paese va avanti solo se trova una dialettica interna costruttiva tra chi lo governa e lo gestisce davvero e una forza di opposizione che è in grado di rappresentare l’altra faccia dell’interesse generale non le lobby o gruppetti di interessi vari. Questo significa fare politica estera all’altezza di una grande democrazia europea. Anche perché avendo visto che cosa sono state due guerre mondiali, oggi c’è più consapevolezza e attenzione per evitare la terza. A questo punto, però, deve almeno essere chiarissimo a tutti che la politica estera in Italia comanda il banco perché siamo davanti a una svolta. O chiariamo una volta per tutte che nessuno può mettere in gioco gli equilibri nazionali o salta tutto. Anche qui la storia ha molto da insegnarci e noi il dovere di ricordarcelo.


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