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Stretta di mano di Berlusconi e Putin quando il Cavaliere era presidente del Consiglio

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C’è qualcosa di particolare che riguarda solo Berlusconi tra capi e ex capi di governo europei. Si ha la percezione di rivivere con lui su un altro piano un parallelo ardito che ha riguardato il lungo discorso di relazione del Pci italiano con l’Unione Sovietica. Il Pci sapeva bene che sistema era quello sovietico, ma sapeva che la sua storia era legata lì e che se avesse negato quella storia sarebbe saltato tutto. Potremmo chiamarla la maledizione dell’origine. Anche questa dello storico rapporto personale tra Putin e Berlusconi comincia ad assumere oggi la dimensione della maledizione dell’origine. C’è un muro nuovo di consapevolezza e di paura dei Paesi europei dell’Est e del Nord contro il quale il putinismo mascherato di Berlusconi rischia di infrangersi. Sarebbe bene che il ravvedimento avvenisse presto con uno dei suoi soliti colpi di teatro in cui tutti avranno voglia di credere

IL “PROPRIETARIO” di un partito (Forza Italia) che parla con una libertà anche espressiva che non è propria di un capo di un partito e all’altezza del suo passato di premier. Questo è oggi Silvio Berlusconi che, forse, per ragioni anche anagrafiche dimostra di avere perso ancora di più ogni genere di freni inibitori. È stato l’uomo che ha avuto più a lungo di tutti la responsabilità di governo in Italia e ha fatto in politica estera cose importanti, ma oggi si prende la libertà di dire quello che vuole anche su cose delicatissime che minano la stabilità del governo Meloni di cui è il terzo azionista e la posizione internazionale dell’Italia dentro uno scenario geopolitico molto delicato.

Sarebbe tutto più semplice se lui di quel partito non fosse il proprietario. Perché se butta lì cose a vanvera sarebbe facile dire “ci dissociamo” oppure “non possiamo andare dietro un matto”. Però questo non avviene anche quando spara cavolate pro Putin nei confronti del protagonismo di Zelensky che lui non avrebbe incontrato giocando all’uscita del seggio su una stanchezza italiana, solo italiana, nei confronti di questo presunto protagonismo. Però questo non avviene perché Berlusconi è Forza Italia e Forza Italia è Berlusconi. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, unico erede politico all’altezza del Cavaliere in quel partito, sta facendo al governo un lavoro egregio mettendo a frutto un patrimonio di credibilità costruito alla guida del Parlamento europeo e con una lunga carriera da commissario europeo in posizioni strategiche.

È stato ovviamente anche in questo caso il primo a riaprire il dialogo con Manfred Weber, capogruppo dei popolari europei, che ha preso le distanze pubbliche dalle esternazioni anti-Zelensky del Cavaliere e ad aprire ed ottenere uno spazio di mediazione. Nella situazione data con un vertice di Napoli annullato per questa ragione e nei termini possibili per l’insurrezione reale che attraversa il partito popolare europeo contro Berlusconi si tratta di un capolavoro assoluto. Queste briglie sciolte del Cavaliere cominciano, tuttavia, ad essere un problema serio a livello internazionale per l’Italia e per il governo Meloni. La “messa al bando condizionata” di Berlusconi dai popolari europei e da Weber suo storico alleato mette a nudo un rapporto inconfessabile con Putin dell’ex premier italiano. Un rapporto che evidentemente supera anche le lacerazioni insanabili determinate in Europa con i Paesi dell’Est e del Nord dai comportamenti putiniani e non tiene neppure conto delle incrinature scivolose nei rapporti con il mondo autocratico cinese e turco che quegli stessi comportamenti hanno causato. Supera questo rapporto perfino il conflitto globale di civiltà tra mondo autocratico e Occidente e il nuovo ordine mondiale che ne discenderà. Supera le delicatezze che riguardano la partita che il governo Meloni sta giocando in Europa e non tengono in alcun conto l’interesse italiano che pure dovrebbe venire prima di ogni altra cosa.

C’è qualcosa di molto particolare tra capi e ex capi di governo europei che riguarda solo Berlusconi. Si ha la percezione di rivivere su un altro piano un parallelo ardito che ha riguardato il lungo discorso di relazione del Pci italiano con l’Unione Sovietica. Un partito comunista italiano che da tempo sapeva bene che sistema era quello sovietico, ma sapeva anche che la sua storia era legata lì e che se avesse negato quella storia sarebbe saltato tutto. Potremmo chiamarla la maledizione dell’origine. Anche questa dello storico rapporto personale tra Putin e Berlusconi comincia ad assumere oggi la dimensione della maledizione dell’origine. Lo sanno tutti qual è la situazione autocratica di Putin oggi aggressore manifesto e criminale di guerra non più nascosto con un’economia rasa al suolo e un isolamento crescente all’interno e nelle relazioni storiche con la Cina che ambisce a subentrare in toto alle sue posizioni in Africa, con la Turchia terremotata e insofferente e perfino con l’India che prende sempre più coraggio e rimarca le distanze da Putin sulla scia della nuova presa di posizione cinese che spinge perché cessi la guerra nel cuore dell’Europa.

Tutto ciò ha determinato posizioni nettissime unanimi di tutti i governi europei, ma lascia aperta questa nostra incomprensibile divisione dichiarativa fuori dalla storia, spesso estemporanea, che persiste esclusivamente dentro il governo italiano e è ormai riferibile quasi più solo a Berlusconi che a Salvini. In Europa è cambiato tutto perché gli altri, ormai davvero tutti, non fanno altro che ripetere: ma perché dobbiamo sopportare uno che si crede il nostro papà e vuole solo essere il nostro tiranno? I polacchi, l’Estonia, la Lituania, la stessa Danimarca, la Svezia, la Finlandia, diciamo che tutto l’Est europeo che ha sempre vissuto sotto il terrore del tallone russo è ormai convinto che sia arrivato il momento di liberarsene. Questo stato d’animo comune ai Paesi dell’Est e del Nord è assolutamente egemone nell’area dei Popolari e dei conservatori che vede in Giorgia Meloni un nuovo punto di riferimento strategico e tutto ciò complica davvero il quadro rispetto alle esternazioni fuori registro, ripetute, e senza mai un vero ravvedimento da parte di Silvio Berlusconi.

Oggi in Europa si sta riproponendo qualcosa che assomiglia a quello che è accaduto con la fine dell’impero asburgico. Erano tutti contenti che cadesse perché si riteneva che avrebbe favorito la nascita nell’Europa centrale di una forza che avrebbe unito la Mitteleuropa. La gente dotata di memoria storica si era convinta che l’impero asburgico non era in grado di garantire un sistema federale che rispettasse le loro comunità, che non avrebbe consentito un costituzionalismo occidentale soprattutto in quella parte che difendeva il principio della fiducia parlamentare che non c’era fino al 1918. Oggi nel nuovo scenario mondiale determinato proprio dalla guerra di invasione di Putin in Ucraina si torna a parlare dei due imperialismi che sono quelli del tiranno russo e quello americano con alcuni connotati storici che vengono dal passato. L’imperialismo americano era una cosa a cui tu aderivi su invito perché non c’era una violenta imposizione almeno sull’Europa – il discorso sull’America Latina era un po’ diverso – per cui non eri costretto ad aderire, ma piuttosto la scelta rifletteva l’adesione a un discorso inclusivo sulla base di una condivisone.

Nell’imperialismo sovietico esisteva la dittatura di Mosca e oggi i Paesi europei che sono stati membri di quel sistema sanno o comunque si sono persuasi che non è cambiato quasi nulla. Che il sistema sovietico di allora e quello di oggi dei suoi eredi non è capace di creare un sistema federale di comunità di popoli liberi. Hanno visto e capito tutto. Hanno visto Putin in azione. Hanno visto che prima ha provato a mettere Kiev sotto Mosca corrompendo le fasce filorusse degli ucraini e poi lo hanno visto togliersi la maschera e provare a conquistare quei territori macchiandosi di un genocidio. Temono che la stessa cosa Putin vorrebbe farla in Moldavia e che in parte lo ha già fatto in Bielorussia. C’è un muro nuovo di consapevolezza e di paura diffusi contro il quale il puntinismo mascherato di Berlusconi rischia di infrangersi. Facendo molto male a sé, al suo partito e alla stessa credibilità dell’Italia e del suo governo. Chi è ancora in grado di avere un ascendente su di lui si adoperi perché lo si faccia ragionare e perché questi ragionamenti chiarificatori diventino pubblici.

L’alternativa a questo percorso di ravvedimento pubblico non esiste. Sarebbe anche bene che il ravvedimento avvenisse presto con uno dei suoi soliti colpi di teatro in cui tutti avranno voglia di credere.


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