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La stabilità politica è il capitale più importante che Giorgia Meloni può spendere in casa e fuori. È evidente che se sei la destra della destra non vai da nessuna parte perché perdi i compagni di viaggio di cui hai bisogno per superare le prove che il quadro globale impone. Chi sta intorno a lei o occupa posizioni di governo rinunci a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Le opposizioni bandiscano polemiche strumentali. Servono compattezza di principi e solide alleanze perché la stabilità di governo italiana si preservi e produca frutti per l’Italia e per l’Europa. I valori della coesione e dell’ascolto sono oggi cruciali per la destra del centro italiana che è il nuovo soggetto politico del Paese sul quale sono puntati gli occhi del mondo. Deluderli sarebbe un vero peccato. Per noi italiani invece sarebbe un disastro assoluto

C’è una parte silenziosa della Destra al governo che giorno dopo giorno allarga le sue file mossa dalla convinzione che va difeso il patrimonio di credibilità costruito da Giorgia Meloni durante la campagna elettorale. Quando è arrivata a ripetere in ogni sede e con chiunque che si deve promettere ciò che si è in grado di mantenere.

Il profilo internazionale di questa Destra del centro che rivendica l’ambizione di attuare un disegno di conservatorismo moderno vede aumentare il tasso di consenso delle istituzioni europee e dei mercati perché non solo si sono tutti convinti che non farà passi azzardati ma percepiscono un passo coerente con le scelte strategiche cruciali del governo Draghi che preservano l’Italia saldamente al centro della nuova Europa della solidarietà. Se l’ex capo dell’unico vero governo che esiste in Europa, quello della moneta, aveva messo al servizio dell’Italia il prestigio internazionale riconosciuto all’uomo che ha salvato l’euro e si è mosso in un solco che ricalcava quello tracciato dallo statista De Gasperi dell’Italia Paese Fondatore con Francia e Germania addirittura assumendone la leadership, Giorgia Meloni ha sorpreso tutti perché è riuscita con una velocità pari ai dubbi che la accompagnavano a fugare nei grandi azionisti della nuova Europa ogni preoccupazione sulla collocazione strategica dell’Italia nel sistema europeo e del suo posizionamento saldamente ancorato a fianco del mondo occidentale in difesa della Ucraina aggredita dai carri armati di Putin.

Per la verità, la premier Meloni ha fatto anche qualcosa di più. Ha costruito le condizioni politiche in Europa, assistita e coadiuvata in tutto dal ministro Raffaele Fitto premiato per le sue specifiche competenze, perché i tabù della flessibilità nell’utilizzo dei fondi europei già accordati cadessero e perché la scelta strategica di perseguire la riunificazione energetica, manifatturiera e di capitale umano delle due sponde del Mediterraneo diventasse patrimonio comune del disegno di sviluppo della nuova Europa. Avere in squadra con gli ovvii distinguo la Germania che ha sempre puntato su un’Europa intrecciata mani e piedi con la Russia in un disegno egemonico industriale e energetico guidato dalla direttrice Est Ovest, non era affatto scontato.

È avvenuto, così come le frizioni iniziali sul tema dei migranti con i francesi sono in fase di avanzata ricomposizione. I fantasmi della paura europea sulla Destra italiana al governo si sono oggettivamente diradati. Questo vale tantissimo in un periodo di alta inflazione e con tassi che non riflettono un caso Italia, ma scontano comunque gli effetti della conseguente politica monetaria della BCE che dopo alcuni sbandamenti comunicativi dovrà rimanere su un binario equilibrato.

Come ha opportunamente ricordato proprio ieri all’Assiom-Forex il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, «L’azione dovrà proseguire continuando a ricercare il giusto equilibrio tra il rischio di fare troppo poco, lasciando l’inflazione elevata per un periodo di tempo eccessivo, tale da incidere sulle aspettative e sulla stabilità monetaria, e quello di fare troppo, portando a una caduta del reddito e dell’occupazione e compromettendo la stabilità finanziaria, con ricadute non meno gravi sull’andamento dei prezzi». Allora, parliamoci chiaro. Se nessuno nemmeno più ipotizza che ci saranno difficoltà a ratificare l’accordo sul meccanismo europeo di stabilità (Mes) e che dai migranti al nuovo patto di stabilità non ci saranno rotture, permane la preoccupazione interna su un partito percorso da tribù e sotto tribù che non rinunciano ad alzare i toni con comportamenti più consoni a chi fa opposizione che non a chi governa mettendo a rischio il capitale più importante che la Meloni può spendere in casa e fuori. Che è proprio quello della stabilità politica frutto di un mandato sovrano degli elettori.

Per non parlare del fuoco amico degli alleati della coalizione, Lega e Forza Italia, che sparisce e ricompare a intermittenza, ma che appare comunque gestibile. Quello che è ora chiaro a tutti è che Giorgia Meloni deve preliminarmente fare i conti con un partito mobbizzato che viene da una storia che lo ha preceduto di quarant’anni di esclusione dal potere tranne rari intervalli. Un partito nuovo voluto da lei che viene da quella storia e dove c’è sempre qualcuno che ha paura di essere fregato e ha la tendenza a rivivere la tentazione di volersi dividere in tribù e sotto tribù. Questo è il pericolo vero di politica interna che la premier deve sventare con assoluta determinazione, come è successo con la vicenda Cospito, scegliendo una linea di fermezza e di dialogo a tutela dell’interesse generale del Paese che porti tutta la coalizione anche nei normali distinguo a seguirla sulla rotta di una forza conservatrice non di destra pura ma di destra del centro e che spinga le opposizioni a non sentirsi escluse da tale percorso generale. Perché se sei la destra della destra non vai da nessuna parte in quanto non avrai mai né in casa né fuori i compagni di viaggio di cui hai bisogno per superare le prove che la delicatezza dello scenario globale ti impongono.

Se chi sta intorno a lei o occupa posizioni di governo non intende rinunciare a togliersi qualche sassolino dalla scarpa è certo che non la aiuta. Se Giorgia Meloni vuole fare il nuovo conservatorismo europeo che passa alla storia deve fare in modo che il suo partito esca in fretta dal lobbismo straccione e dal club di chi protesta a prescindere convinti come sono tutti che si riesce sempre a lucrare qualcosa sulla protesta. Non è più così, è vero piuttosto l’esatto contrario. Servono compattezza di principi e solide alleanze perché la stabilità di governo italiana sia preservata e produca i frutti che può generare per l’Italia e per l’Europa. Sprecare un’occasione della storia così irripetibile sarebbe imperdonabile. I valori della coesione sociale e dell’ascolto sono oggi cruciali per tutti.

A maggiore ragione per la destra del centro italiana che è il nuovo soggetto politico del Paese sul quale sono puntati oggi gli occhi del mondo intero. Deluderli sarebbe un vero peccato. Per noi italiani invece sarebbe un disastro assoluto.


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